La recidiva dei minorenni messi alla prova (Tesi di laurea)
Prof. Relatore: Marilena Colamussi
Ateneo: Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”
Anno accademico: 2012/2013
Il lavoro è incentrato sul ruolo e sulle finalità rieducative dell’istituto della sospensione del processo con messa alla prova, analizzati attraverso un indagine empirica svolta nel territorio barese, per verificare la recidiva a breve e lungo termine dei minorenni sottoposti a tale misura. Nell’ultimo ventennio, in gran parte dei Paesi occidentali, le strategie di giustizia riparativa sono state oggetto di un interesse senza precedenti, soprattutto perché era stato osservato che gli approcci tradizionali si erano rivelati fallimentari nel prevenire e combattere la recidiva dei minorenni autori di reato.
Introdotto con la riforma generale del processo penale del 1988 e inserito nell’art. 28 d.P.R. 22 settembre 1988 n. 488, l’istituto della sospensione del processo e messa alla prova è l’unico istituto presente nell’ordinamento italiano che consente l’applicazione della mediazione penale e delle altre strategie di giustizia riparativa che contraddistinguono invece la maggior parte dei Paesi dell’Unione europea.
Il nuovo processo penale minorile infatti traduce in modo esaustivo la nuova filosofia dell’intervento penale, agevolando la possibilità di rapida fuoriuscita dal circuito penale per coloro che non presentano gravi deviazioni nel processo di risocializzazione e riducendo drasticamente le ipotesi di trattamento carcerario che non consentono un reale recupero, sancendo definitivamente l’idea del carcere come extrema ratio.
Nel primo e nel secondo capitolo viene trattato l’istituto della sospensione del processo con messa alla prova, così come disciplinato nel D.p.r. 448/88, con particolare riguardo agli aspetti sostanziali e procedurali che lo contraddistinguono. Nel terzo e ultimo capitolo sono analizzati gli effetti della misura; le indagini e le ricerche empiriche hanno evidenziato il successo e l’efficacia neutralizzante sulla recidiva dell’istituto della messa alla prova, al contrario di quanto emerge per gli altri provvedimenti di natura indulgenziale, come ad esempio l’istituto del perdono giudiziale, che mal si conciliano con la ratio dell’impronta educativa della natura del processo penale minorile. Pertanto, sulla base della prima e probabilmente anche ultima ricerca che si è svolta nel territorio barese, è stato possibile esaminare l’incidenza della recidiva a lungo termine (a distanza di sette anni). I dati, raccolti nell’anno 2000 presso la Procura per i Minorenni di Bari e nell’anno 2007, presso il Tribunale ordinario, hanno evidenziato che l’85% dei minorenni messa alla prova, in età adulta non sono ricaduti nel circuito penale. Tali risultati sembrano confermare in primo luogo che i ragazzi già recidivi da minorenni tendono ad avviarsi verso una carriera adulta criminale a prescindere dalle misure giudiziarie adottate nei loro confronti perché i comportamenti devianti sono ormai strutturati; in seconda istanza che i ragazzi primari autori di un solo reato e quelli che hanno usufruito di un progetto di messa alla prova è meno probabile che si trasformino in criminali perché il reato è spesso considerato un episodio occasionale piuttosto che l’inizio di una carriera deviante; infine che i ragazzi messi alla prova usufruiscono di un trattamento privilegiato che contribuisce ad attenuare i comportamenti devianti, prevenendo quindi la recidiva.