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Alla Corte Penale Internazionale il processo a carico di Laurent Gbagbo, storico leader della Costa d’Avorio

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Il 28 gennaio scorso la Trial Chamber 1 della Corte Penale Internazionale dell’Aia (Paesi Bassi) ha dichiarato l’apertura del dibattimento del procedimento penale che vede imputati Laurent Gbagbo, ex premier ivoriano, e Charles Blé Goude, suo fido militante.

I due sono accusati di aver commesso gravi crimini contro l’umanità nel corso della vicenda nota come Crisi ivoriana degli anni 2010-2011, un periodo di grave dissesto politico alimentato dalle elezioni del novembre 2010.

Nei loro confronti la Corte emetteva due mandati d’arresto verso la fine del 2011, a seguito dei quali, con l’ausilio delle autorità ivoriane, Gbagbo (nel 2011) e Ble Goude (nel 2014) venivano effettivamente fermati e posti in custodia cautelare presso il “ICC Detention Centre”, il carcere della Corte.

Inizialmente condotte separatamente, le indagini culminavano con due “Decisions on the Confirmation of Charges” emesse tra il giugno ed il dicembre 2014, con cui le Camere Preliminari integralmente confermavano le imputazioni così come formulate dal Pubblico Ministero.

Infine, nel marzo 2015 la Corte, osservando che le imputazioni a carico dei due si basano sui medesimi fatti, ha riunito i due procedimenti al fine di garantire un giudizio celere ed efficace.

     1. La vicenda

Come anticipato, i fatti oggetto del processo traggono origine a partire dal novembre 2010, quando si svolsero le elezioni presidenziali ivoriane, alle quali erano candidati l’allora primo ministro Laurent Gbagbo ed il neo candidato – ed attuale premier – Alassane Ouattara. Il primo poteva contare sull’appoggio delle istituzioni nazionali, in particolare il Consiglio Costituzionale, mentre il secondo era sostenuto dalla comunità internazionale.

La votazione ebbe luogo in due turni tra il 31 ottobre ed il 28 novembre. L’esito del primo diede la vittoria a Gbagbo, mentre al ballottaggio risultò vincitore lo sfidante Ouattara, che avrebbe pertanto dovuto essere ufficialmente nominato primo ministro. Tuttavia, il Consiglio Costituzionale annullò una porzione di voti sufficiente per rovesciare l’esito delle elezioni e dichiarò Laurent Gbagbo vincitore, il quale rimase dunque al potere.

Questa sequenza di accadimenti aprì una grave crisi politica che coinvolse da un lato le autorità locali, a favore di Gbagbo, e dall’altro lato la comunità internazionale -in particolare UE e ONU-, che riconoscevano la bontà delle votazioni e spingevano dunque per un governo Ouattara.

A seguito di questa crisi, nei primi mesi del 2011 Abidjan fu teatro di violenti scontri armati tra le milizie pro-Gbagbo e le Forces Républicaines de Côte d’Ivoire (FRCI) sostenitrici di Ouattara. Durante il conflitto le prime occuparono vari punti della città, costringendo Ouattara a rifugiarsi in un hotel della città.

L’esito degli scontri fu drammatico: si contarono centinaia di persone tra morti e feriti, e migliaia di rifugiati.

Infine, nell’aprile 2011 Laurent Gbagbo fu arrestato con la moglie su mandato dell’ONU, mentre Alassane Ouattara fu nominato premier dal Consiglio Costituzionale.

A seguito dell’emissione del mandato d’arresto da parte della Corte Penale Internazionale, nel novembre 2011 Laurent Gbagbo fu consegnato alla stessa, presso cui è tuttora detenuto.

Tra il 2011 ed il 2014 il Procuratore presso la Corte istruiva il procedimento a carico del leader ivoriano, e procedeva ad iscrivere ed arrestare anche Charles Ble Goude, nell’ipotesi che fosse stato suo complice.

     2. La Corte Penale Internazionale e lo Statuto di Roma

Pare utile in questa sede tracciare un breve profilo della Corte Penale Internazionale (“CPI”), della sua origine e delle sue competenze.

Si tratta del primo tribunale permanente dotato di giurisdizione penale internazionale, competente a conoscere di crimini contro l’umanità ed a giudicarne gli individui responsabili. Esso è stato istituito dallo Statuto di Roma, un trattato internazionale siglato nel luglio 1998, a cui finora aderiscono 123 Stati.

La Corte è un’istituzione indipendente dalle Organizzazioni Governative, dunque non riferisce all’ONU né al Consiglio d’Europa o all’Unione Europea. Essa risponde solamente all’Assemblea degli Stati Parte, alla quale sono attribuiti poteri politico-amministrativi, quali lo stanziamento del budget della Corte e l’elezione dei giudici del Procuratore, di impulso processuale, potendo riferire notizie di reato al Procuratore, e legislativi, in particolare per ciò che riguarda gli emendamenti dello Statuto di Roma e degli altri testi normativi.

Le basi giuridiche su cui La Corte si fonda e svolge la propria attività sono molteplici. Per semplicità, in questa sede si riferisce soltanto del suddetto Statuto di Roma.

Vediamo brevemente i principi sostanziali e procedurali su cui opera la CPI.

In primo luogo, lo Statuto stesso, oltre ad istituire formalmente la Corte, opera alla stregua di un vero e proprio codice penale, costituendone la fonte di diritto sostanziale. In esso sono infatti sancite le regole di competenza ratione materiae (art. 5), laddove si specifica quali sono i crimini sui quali la Corte può giudicare. In particolare si tratta di:

  • Genocidio (art. 6)
  • Crimini contro l’umanità (art. 7)
  • Crimini di guerra (art. 8)
  • Crimini di aggressione (art. 8-bis). Quest’ultimo è stato inserito con successiva Risoluzione l’11 giugno 2010, ma l’esercizio della giurisdizione su di esso da parte della Corte è tuttora subordinato all’adozione di una decisione da parte degli Stati membri. Allo stato pertanto, tale crimine non è in vigore.

Questi crimini non sono soggetti ad alcun termine di prescrizione (art. 29).

Inoltre, la responsabilità penale per queste condotte da un lato richiede gli elementi soggettivi di coscienza e volontà (art. 30), e dall’altro lato segue il principio di personalità (art. 25), nella misura in cui il soggetto ne risponde solo ove li commetta personalmente, oppure ne ordini, solleciti o incoraggi la commissione. Medesime responsabilità si profilano infine nei casi di tentativo o concorso nelle suddette condotte.

Con riferimento al generale funzionamento della Corte, lo Statuto stabilisce ulteriori principi, tra i quali rileva in primo luogo quello di “giurisdizione complementare”, secondo cui la Corte in tanto è competente, in quanto l’azione penale non può o non vuole essere esercitata dalle autorità nazionali dello Stato in cui il fatto è commesso (artt. 1, 17 e 18).

Inoltre, l’azione penale non ha il carattere dell’obbligatorietà, il suo esercizio essendo nettamente subordinato ad una valutazione del Procuratore, secondo il canoni della serietà delle informazioni ricevute e della gravità del fatto (artt. 15, 17 e 53).

Di indubbia importanza sono infine le norme sulla competenza ratione loci, secondo cui la Corte è competente solo per fatti commessi nel territorio di uno Stato membro (o anche di uno Stato non membro, che abbia ufficialmente accettato la giurisdizione della Corte) o per fatti commessi da soggetti di nazionalità di uno Stato membro (art. 12).

Da ultimo, si nota che la Corte Penale Internazionale non è dotata di proprie forze di polizia, dovendo necessariamente operare con l’ausilio delle forze dell’ordine nazionali. Quest’aspetto è all’origine di aspre critiche sul funzionamento della Corte, perché richiede la collaborazione investigativa proprio di quegli Stati, nei quali non è esercitata l’azione penale presso i tribunali locali.

Per ciò che riguarda gli aspetti rituali, il procedimento innanzi alla CPI è diviso in tre parti.

Indagini (artt. 53-61). La fase investigativa può iniziare su richiesta di uno Stato membro, su indicazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, o anche d’ufficio ad opera del Procuratore della Corte. Le indagini sono condotte da quest’ultimo, il quale deve riferire ad un organo collegiale con veci di giudice di garanzia, la PreTrial Chamber. Questa fase culmina con una decisione della PreTrial Chamber, tecnicamente definita “Decision on the Confirmation of Charges”, tesa valutare la sussistenza di prove sufficienti che forniscono motivi validi per ritenere che la persona abbia commesso ciascuno dei reati di cui é accusata (art. 61). Evidentemente la stessa può essere di convalida dell’imputazione (e dunque di rinvio a giudizio), oppure di proscioglimento.

Dibattimento (artt. 62-80). Ove la PreTrial Chamber decida per il rinvio a giudizio, il caso è affidato ad una delle Trial Chambers per lo svolgimento del dibattimento. Tale fase è improntata ai principi di immediatezza ed oralità, ed ha lo scopo precipuo di formare la prova. Inoltre ad essa possono prendere parte le vittime, rappresentante e difese dal Legal Representative of Victims, le quali possono ottenere restituzioni, indennizzi o riabilitazioni (art. 75). L’esito del dibattimento può chiaramente recare sentenza di condanna o di assoluzione, e quest’ultima può essere appellata (art. 76).

Appello (artt. 81-85). L’imputato ed il Procuratore della Corte possono appellare la sentenza di primo grado, dando in questo modo impulso alla celebrazione del secondo ed ultimo grado di giudizio innanzi la Appeals Chamber. Quanto ai motivi, entrambe le parti possono proporre l’errore di diritto e l’errore di fatto, così come la violazione delle norme processuali; il solo imputato può infine proporre qualunque altro motivo che pregiudichi l’equità o la regolarità della procedura o della decisione (art. 81). La sentenza, salvo il caso in cui sia innescato il procedimento di revisione a seguito dell’emersione di nuove prove, forma il giudicato.

     3. L’imputazione a carico di Gbagbo e Ble Goude

Chiariti i principi generali che governano la Corte Penale Internazionale, possiamo ora concentrarci sugli aspetti tecnici che riguardano l’imputazione a carico di Gbagbo e Ble Goude.

Come anticipato, le PreTrial Chambers nelle due Decisions on the Confirmation of Charges  del 2011 e 2014 (che trovi in allegato più sotto) hanno integralmente confermato i capi d’imputazione proposti dal Procuratore.

E dunque, i due sono imputati dei seguenti crimini contro l’umanità (art. 7).

Omicidio (art. 7.1a), violenza sessuale (art. 7.1g), altri atti inumani (art. 7.1k) o in alternativa tentato omicidio (art. 7.1a), persecuzione contro un gruppo o una collettività dotati di propria identità (art. 7.1h).

Ad avviso delle PreTrial Chambers, inoltre, sussistono tutti gli elementi che rendono le descritte condotte – che di per sé stesse costituirebbero normali reati – effettivamente crimini contro l’umanità. Tali atti sarebbero infatti stati commessi nell’ambito di un attacco di natura estesa e sistematica contro popolazioni civili, portato in attuazione o in esecuzione di un disegno politico di uno Stato o di una organizzazione (art. 7.2a).

Quanto infine alle responsabilità individuali, le PreTrial Chambers hanno fornito un’interpretazione alternativa, su cui dovrà in seguito giudicare la Trial Chamber in primo grado.

Ebbene, Laurent Gbagbo sarebbe penalmente responsabile, per aver alternativamente commesso i fatti tramite altre persone (art. 25.3a), per averli ordinati, sollecitati o incoraggiati (art. 25.3b) o infine per aver contribuito in ogni altra maniera alla perpetrazione o al tentativo di perpetrazione (25.3d). Quanto invece a Charles Ble Goude, sono individuate le medesime forme di responsabilità personale, con l’aggiunta della fattispecie prevista dall’art. 25.3c, ovvero il caso in cui, in vista di agevolare la perpetrazione di tale reato, il soggetto fornisce il suo aiuto, la sua partecipazione o ogni altra forma di assistenza alla commissione del fatto, ivi compresi i mezzi per farlo.

Su queste conclusioni è chiamata a pronunciarsi la Trial Chamber.

     4. Le fasi iniziali del dibattimento

Come accennato, il dibattimento è stato dichiarato aperto dalla Trial Chamber 1 della Corte lo scorso 28 gennaio.

Ad oggi, si sono svolte le dichiarazioni preliminari delle parti (imputati, Procuratore e Rappresentante delle vittime), le raccomandazioni delle Camera, ed è iniziata l’istruttoria dibattimentale con l’esame dei primi testimoni.

Considerata la mole di prove al vaglio della Corte, la durata del processo è stimata in alcuni anni.

Le udienze del processo possono infine essere seguite in streaming sul sito della Corte:
www.icc-cpi.int

o in differita, sul canale ufficiale YouTube:
https://www.youtube.com/user/IntlCriminalCourt

Scarica le Decisioni delle PreTrial Chambers: