ARTICOLICONTRIBUTITesi di laurea

Il ne bis in idem nello spazio giudiziario europeo (Tesi di laurea)

Prof. relatore: Gabriella Di Paolo

Ateneo: Università degli Studi di Trento

Anno accademico: 2015/2016

Il ne bis in idem, nel sancire il divieto di doppio giudizio, garantisce un diritto fondamentale dell’uomo. Il divieto in discorso assicura un bilanciamento tra il potere punitivo dello Stato e l’interesse individuale a non subire un secondo processo. Solitamente operante all’interno dell’ordinamento, esso si fonda sul principio della res iudicata, ovvero la decisione giudiziaria non più soggetta a modificazioni secondo il diritto nazionale. L’effetto negativo del giudicato impedisce che la materia del primo giudizio venga sottoposta ad una successiva valutazione, concludendo definitivamente l’iter giudiziario nello Stato: si tratta pertanto di un ne bis in idem ‘interno’ (cap. I). La preclusione ad un secondo giudizio ha la funzione di garantire la stabilità delle decisioni giudiziarie, combattere la dissipazione delle risorse processuali ed evitare il logoramento dei soggetti dovuto ad una duplicazione delle procedure. La pretesa punitiva dello Stato non può quindi essere reiterata, e cede di fronte agli interessi del singolo.

Il principio del ne bis in idem ‘interno’ viene peraltro sancito anche da vari accordi internazionali, tra cui la CEDU: la convenzione garantisce al soggetto il diritto a non subire un secondo processo per lo stesso fatto, oggetto di un precedente giudizio nello Stato. Il riconoscimento di tale divieto da parte della comunità internazionale lo rende un principio generalmente tutelato dagli ordinamenti, tanto da essere considerato, in Italia, di natura costituzionale (cap. II).

Altro e diverso profilo è quello del ne bis in idem a dimensione internazionale. Si tratta dell’ipotesi in cui l’individuo viene sottoposto ad un secondo processo in un ordinamento diverso da quello dove si è svolto il primo giudizio. Ad oggi, generalmente, un giudicato straniero non impedisce allo Stato di perseguire il soggetto per lo stesso fatto: il ne bis in idem internazionale non viene riconosciuto come regola generalmente operante nei rapporti tra Stati. Su questo fronte, tuttavia, l’Unione Europea costituisce un’eccezione. Il cittadino, definitivamente giudicato da uno Stato Membro, non può essere sottoposto ad un secondo giudizio per lo stesso fatto, in tutto il territorio europeo. Gli strumenti che garantiscono tale divieto sono la Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen, e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. La preclusione viene giustificata dalla comune tradizione giuridica degli ordinamenti europei, e dalla reciproca fiducia che nutrono nei confronti dei rispettivi sistemi di giustizia penale (cap. III).

In tale ambito, si è affrontata la delicata questione della litispendenza, ovvero dei procedimenti penali paralleli, con medesimo oggetto. Il ne bis in idem (sia interno che internazionale) opera solo quando la prima sentenza diventa res iudicata, ma non impedisce lo svolgersi di procedimenti multipli in idem (peraltro altrettanto lesivi dei diritti individuali). Anche i conflitti di giurisdizione sembrano quindi potenzialmente idonei ad incidere negativamente sulle garanzie dell’indagato/imputato. Nonostante ciò, in Italia non sussiste una disciplina che regoli i casi di procedimenti paralleli avviati nella stessa sede giudiziaria. Anche in ambito europeo, malgrado le numerose iniziative adottate, gli Stati non sono ancora tenuti a rinunciare alla propria pretesa punitiva nel caso un altro Stato Membro abbia già instaurato un procedimento sul fatto (cap. III).

L’approccio, tuttavia, sta mutando. Orientamenti dottrinali e giurisprudenziali tendono ad estendere l’ambito applicativo del ne bis in idem, al fine di impedire che un soggetto sia sottoposto ad un secondo giudizio (a seguito di un giudicato sullo stesso fatto), ma anche a procedimenti paralleli, nel territorio nazionale o all’estero (cap. III). Il divieto di duplicazioni, quindi, sembra affermarsi con maggiore spessore: all’interno dello Stato, in quanto principio che permea l’intero ordinamento giuridico; e nei rapporti tra gli Stati Membri, sulla base di una reciproca fiducia nei confronti dei rispettivi sistemi di giustizia penale. Rimane, però, necessaria l’adozione di una disciplina sistematica ed obbligatoria che, soprattutto a livello europeo, regoli i conflitti di giurisdizione, ed impedisca lo sdoppiamento dei processi, con il relativo pregiudizio nei confronti dell’individuo (cap. IV).