Il Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale: la Relazione al Parlamento.
in Giurisprudenza Penale Web, 2017, 9 – ISSN 2499-846X
Il 21 marzo 2017 è stata presentata al Parlamento la Relazione sul primo anno di attività del Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale.
Tale figura, introdotta con il D.L. 23 dicembre 2013, n. 146, convertito con Legge 21 febbraio 2014, n. 10, si è posta quale obiettivo principale quello di dare una risposta chiara e decisa alla censura della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo: la sentenza Torreggiani (sentenza 8 gennaio 2013), infatti, ha condannato l’Italia per violazione dell’art. 3 della CEDU (divieto di trattamenti inumani e degradanti), definendo il sovraffollamento carcerario come un problema strutturale dell’ordinamento italiano.
Il Garante dei detenuti, tuttavia, non è nato come organismo con finalità di repressione di situazioni già compromesse, bensì di prevenzione, al fine di evitare il sorgere di determinate condizioni; la prevenzione, infatti, è considerata, sia in ambito europeo che globale, un elemento essenziale della tutela dei diritti fondamentali delle persone private della libertà personale; a tal fine, fondamentale è stata l’istituzione del Comitato per la Prevenzione della Tortura (CTP), la cui fisionomia è stata largamente ripresa dal legislatore nazionale per la definizione dei caratteri generali e dei compiti del Garante Nazionale dei detenuti, nonché la ratifica, avvenuta alla fine del 2012, del Protocollo opzionale alla Convenzione ONU contro la tortura.
Obiettivo della relazione presentata alla Camera dei Deputati è quello di evidenziare i risultati dell’attività del Garante Nazionale, attività che si compone di visite, accessi a documenti e colloqui con le persone private della libertà nonché con gli operatori responsabili del corretto andamento di tale privazione.
Il controllo operato dal Garante riguarda le diverse aree di privazione della libertà: il concetto di “privazione della libertà” è molto esteso e non deve essere limitato all’ambito penale, in quanto comprende tutte quelle situazioni che limitano le possibilità di movimento del singolo e che possono per ciò essere definite come effettivamente privative e non semplicemente restrittive della libertà.
Vengono così individuate 4 aree principali di privazione della libertà: i) area penale; ii) area del controllo delle migrazioni; iii) area della sicurezza; iv) area sanitaria.
Come citare il contributo in una bibliografia:
G. Tamburini, Il Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale: la Relazione al Parlamento, in Giurisprudenza Penale Web, 2017, 9