ARTICOLIDiritto Penitenziario

Diritto ad una “alimentazione sana” del detenuto e autorizzazione all’acquisto di lievito e farina

Cassazione Penale, Sez. I, 13 giugno 2024, n. 23731
Presidente Rocchi, Relatore Russo

In tema di diritto penitenziario, segnaliamo la sentenza con cui la Corte di cassazione ha affermato che “il diritto all’alimentazione sana del detenuto rientra in quella posizione giuridica attiva, non riducibile per effetto della carcerazione e direttamente meritevole di protezione, che è azionabile attraverso lo strumento dell’art. 35-bis ord. pen., ma esso è garantito dalla varietà dei prodotti alimentari acquistabili e dalla loro idoneità a corrispondere ai bisogni nutritivi di un individuo sano“.

Nella vicenda, il D.A.P. aveva giustificato il divieto di acquisto di lievito e farina, esteso a tutti i detenuti, “con la potenziale pericolosità della farina che, dispersa nell’aria, a seguito di innesco, può dare vita ad una nube incendiaria o esplosiva, ma il magistrato di sorveglianza aveva ritenuto tale affermazione non provata né giustificata in concreto, stante l’assenza di tale divieto in altri istituti penitenziari, ed essendo consentito l’acquisto di alimenti con maggiore potere incendiario“.

I giudici di legittimità hanno preso le mosse ribadendo come “dalla condizione detentiva possano derivare limitazioni, anche significative, alla ordinaria sfera dei diritti soggettivi della persona, anche quale diretta conseguenza dell’adozione di misure e provvedimenti organizzativi dell’Amministrazione stessa volti a disciplinare la vita degli istituti, a garantire l’ordine e la sicurezza interna e l’irrinunciabile principio del trattamento rieducativo; misure e provvedimenti che, ove adottati nel rispetto dei canoni di ragionevolezza e proporzionalità, incidono legittimamente sulla posizione soggettiva del ristretto, andando ad integrarne l’ambito di autorizzata e lecita compressione“.

Ciò premesso, l’individuazione dei singoli alimenti attraverso cui deve essere perseguito il diritto all’alimentazione sana – si legge nella sentenza – “costituisce mera modalità dell’esercizio di tale diritto, atteso che né la farina né il lievito sono assolutamente indispensabili per un’alimentazione sana, che può essere coltivata anche attraverso altri prodotti facenti parte del catalogo approvato dall’istituto penitenziario“.

Le questioni che attengono alla individuazione dei generi alimentari acquistabili, pertanto, “attengono alle modalità di esercizio del diritto alla salute non giustiziabile in sede giurisdizionale, e non a quel nucleo intangibile del diritto in sé che permette l’utilizzazione dello strumento dell’art. 35-bis ord. pen.“.

Redazione Giurisprudenza Penale

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