Responsabilità medica e “linee guida”: una nuova pronuncia della Cassazione – Cass. pen. 35922/2012
Cass. Pen., Sez. IV, n . 35922, 19 settembre 2012 (ud. 11 luglio 2012)
Presidente Brusco, Relatore Piccialli
La sentenza in commento offre lo spunto per ragionare sul valore delle c.d. linee guida in ambito sanitario e sulla loro rilevanza in seno al giudizio penale di colpa.
In particolare, la Suprema Corte è tornata a pronunciarsi sul tema della correlazione tra inosservanza e/o applicazione delle prescrizioni contenute nelle linee guida e sui profili di responsabilità penale del medico; si tratta di un tema quanto mai attuale – più volte affrontato da dottrina e giurisprudenza – che non sembra aver ancora trovato un punto d’approdo definitivo.
Secondo quest’ultima pronuncia, il medico è titolare di una posizione di garanzia nei confronti del paziente e deve dunque perseguire con scienza e coscienza un unico fine: la cura del malato. L’attività del medico si caratterizza infatti per la libertà di cura e l’attenzione al caso clinico concreto.
La pronuncia in annotazione s’inserisce in quel filone giurisprudenziale tendente a riconoscere che il giudizio sulla correttezza delle scelte diagnostico-terapeutiche non possa basarsi esclusivamente sulla aderenza o meno da parte del medico alle linee guida, dovendosi piuttosto fondare sulla valutazione oggettiva del caso concreto, con riferimento alla specifica situazione nella quale il medico si è trovato a dover prendere la decisione della cui correttezza si discute.
Uno dei principi sanciti dalla pronuncia che si commenta è quello per cui «anche per il giudice le linee guida rappresentano uno strumento utile ma non eliminano la discrezionalità insita nel giudizio di colpa»; orbene, il termine “anche” sembrerebbe da leggersi proprio nel senso che le linee guida, così come non possono essere considerate vincolanti per il medico, così (anche) per il giudice non ne faranno mai venir meno la discrezionalità.
Sia per il medico sia per il giudice, pertanto, le linee guida mai potrebbero essere vincolanti.
Dovrà essere il medico a valutare caso per caso se principi di valenza generale ma astratta ritenuti utili in molti casi, possano esserlo anche per quello specifico, che egli in concreto deve trattare; allo stesso modo il giudice resterà libero di valutare se le circostanze concrete fossero tali da richiedere al medico una condotta diversa da quella raccomandata dalle linee guida.
Nell’ampia motivazione la Corte tratteggia con estrema precisione l’attuale stato delle linee guida nell’accertamento della responsabilità medica richiamando numerosi precedenti giurisprudenziali.
Alla luce di tali pronunce – ed in conformità ad esse – i giudici di legittimità riconoscono un’innegabile rilevanza processuale alle linee guida («parametro rilevante per riconoscere o escludere profili di colpa nella condotta del sanitario») ammettendo, tuttavia, come la diligenza del medico non possa essere valutata esclusivamente sulla pedissequa osservanza delle stesse («le linee guida non possono fornire indicazioni di valore assoluto ai fini dell’apprezzamento di un’eventuale responsabilità del sanitario»).
Le linee guida assolvono solo allo scopo di orientare l’attività del medico, il quale però deve considerare sempre le esigenze del paziente, anche considerato che talvolta le linee guida hanno matrice economico-gestionale e si pongono in contrasto con le necessità del malato. L’osservanza o inosservanza delle linee guida non determina (nè esclude) automaticamente la colpa nel sanitario.
Le linee guida rappresentano, in sostanza, sì un valido ausilio scientifico per il medico che con queste si deve confrontare, ma non fanno venir meno l’autonomia del professionista nelle scelte terapeutiche perchè l’arte medica, non basandosi su protocolli a base matematica, è suscettibile di accogliere diverse pratiche o soluzioni efficaci, nel cui alveo scegliere in relazione alle varianti del caso specifico che solo il medico può apprezzare in concreto.