ARTICOLIDelitti contro la personaDIRITTO PENALEParte speciale

Sulla posizione di garanzia del proprietario di un immobile all’interno del quale era ospitata una persona poi deceduta

Cass. Pen., Sez. IV, 22 luglio 2013 (ud. 4 luglio 2013), n. 31356
Presidente Romis, Relatore Dell’Utri

Depositata il 22 luglio 2013 la pronuncia numero 31356 della quarta sezione penale in tema di omicidio colposo.
La sentenza trae origine dal crollo del tetto di un immobile all’interno del quale il proprietario – trascurando di ottemperare all’obbligo di sgombro dello stesso sul presupposto delle condizioni di precarietà e di parziale inagibilità – aveva ospitato una persona poi deceduta nel crollo; in particolare, il crollo di detto immobile era stato originato dall’esplosione causata da una fuga di gas verificatasi all’interno dell’edificio e dovuta, secondo il capo d’imputazione, allo stato di fatiscenza dell’impianto di riscaldamento alimentato da un serbatoio di GPL fuori terra posto all’esterno dell’immobile, e collegato all’impianto interno mediante una tubazione di adduzione sostituita pochi mesi prima dell’evento in esame.
Per questi fatti, il proprietario dell’immobile – dopo essere stato assolto in primo grado per insussistenza della la prova del nesso di causalità tra le omissioni contestate all’imputato e il decesso del suo ospite, non essendo possibile escludere che l’esplosione si sarebbe comunque verificata una volta ipotizzate come compiute  tutte le azioni individuate come dovute dall’imputato – in secondo grado è stato invece condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di sei mesi di reclusione: nella specie, la corte d’appello ha rilevato come il rapporto causale tra la condotta dell’imputato e il decesso dell’ospite fosse agevolmente ricostruibile attraverso la considerazione della consentita utilizzazione di un fabbricato in cui era installato un impianto non conforme alle norme cautelari, omettendo al contempo di intervenire al fine di sanare le carenze di detto impianto.
La Suprema Corte di Cassazione, nel dichiarare non fondati i motivi di ricorso dell’imputato, ha innanzitutto ricordato come il consolidato orientamento giurisprudenziale ai sensi del quale deve ritenersi responsabile a titolo di omicidio colposo il proprietario che abbia ceduto a terzi il godimento di un appartamento dotato di un impianto per il riscaldamento in pessimo stato di manutenzione, qualora l’evento lesivo sia riconducibile al cattivo funzionamento di tale impianto, atteso che il proprietario di un immobile è titolare di una specifica posizione di garanzia nei confronti del cessionario delle facoltà di godimento del bene.
In virtù di questa posizione di garanzia, il proprietario è tenuto a consegnare al secondo un impianto di riscaldamento revisionato, in piena efficienza e privo di carenze funzionali e strutturali (tra i precedenti giurisprudenziali vedi Cass., Sez. 4, n. 34843/2010, Rv. 248351; Cass., Sez. 4, n. 32298/2006, Rv. 235369;Cass., Sez. 4, n. 38818/2005, Rv. 232426).
Appare, pertanto, del tutto privo di rilievo l’assunto sostenuto dal ricorrente – secondo cui lo stesso avrebbe trasferito al proprio ospite il compito di assumere in piena autonomia la gestione dei processi di ristrutturazione della propria azienda (comprensivi della ristrutturazione dello stesso immobile abitato) -, stante il carattere meramente assertivo della circostanza, in ogni caso di per sè inidonea a sollevare il proprietario dalla posizione di garanzia allo stesso rigorosamente ascritta dal sistema, in ragione del particolare legame esistente tra la persona del proprietario e il bene su cui incide il relativo potere dominicale (cui risulta indissolubilmente connessa la correlativa responsabilità in ordine ai danni dallo stesso bene provocati a terzi), in assenza (come nella specie) di un formale, chiaro ed inequivoco trasferimento di detta responsabilità in capo ad altro soggetto.
Nè – si sottolinea – la responsabilità dell’imputato poteva essere esclusa in ragione della complessità tecnica degli adempimenti necessari a rendere l’impianto adeguato alle prescrizioni di settore, atteso che l’imputato non poteva non essere consapevole della vetustà dell’impianto e della conseguente esistenza di situazioni di rischio che ne potevano conseguire per i soggetti ai quali era stata consentita l’utilizzazione del fabbricato.

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Redazione Giurisprudenza Penale

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