Ancora sulla legge 190 del 2012: sugli effetti sul diritto alla restituzione e al risarcimento
Cass. Pen., Sez. VI, 23 luglio 2013 (ud. 25 gennaio 2013), n. 31957
Presidente Agrò, Relatore Fidelbo, P.M. Volpe
Depositata il 23 luglio 2013 la pronuncia numero 31967 della sesta sezione penale relativa alle modifiche apportate dalla legge 190 del 2012 ai reati contro la pubblica amministrazione e, in particolare, sugli effetti che la riqualificazione del delitto di concussione in quello di indebita induzione provoca sul diritto alla restituzione e al risarcimento del danno.
La sesta sezione affronta, nello specifico, una questione di diritto intertemporale: si tratta di stabilire se, a seguito della riqualificazione del delitto di concussione nel nuovo reato di induzione indebita, previsto dall’art. 319 quater c.p., la società regolarmente costituitasi come parte civile nel processo per l’originario reato, conservi il suo “status” e mantenga il diritto alle restituzioni e al risarcimento del danno.
Una delle maggiori novità del reato previsto dall’art. 319 quater c.p. – osservano i giudici – è costituita dal fatto che ad essere punito non è solo il pubblico agente autore dell’induzione, ma anche il privato che subisce l’attività induttiva, seppure con una sanzione più mite (scelta che è stata giustificata con la necessità di recepire una serie di inviti e di raccomandazioni rivolti al nostro Paese da organismi internazionali, per i quali l’originaria fattispecie di concussione costituiva una “via di fuga” per il privato che si rendeva responsabile di fatti corruttivi)
In ogni caso, quale che sia la ratio della nuova norma, bisogna stabilire se la previsione della “punibilità bilaterale” possa avere conseguenze in ordine alla condanna al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile pronunciata dalla sentenza di merito con riferimento all’originaria ipotesi di concussione per induzione, in cui il soggetto “concusso” non era punibile.
In altri termini, occorre verificare se la qualificazione del fatto contestato all’imputato nella nuova ipotesi di cui all’art. 319 quater c.p., produce ripercussioni anche sul fronte del risarcimento dei danni civili a favore del soggetto indotto, che nella nuova fattispecie “concorre” nel reato, dal momento che l’affermazione della responsabilità risarcitoria dell’imputato risulta pronunciata nei confronti del privato con riferimento ad un illecito che questi avrebbe contribuito a realizzare.
Una serie di ragioni – osserva la Corte – conducono a ritenere che la parte civile conservi il diritto al risarcimento dei danni subiti e che, quindi, possa essere mantenuta la statuizione sugli interessi civili in suo favore, anche solo considerando che la condotta del soggetto attivo dell’induzione, da cui può derivare un danno al soggetto indotto, era penalmente rilevante prima della riforma del 2012 e continua ad essere punita anche oggi, seppure con una pena meno severa.
In altre parole, quando un fatto costituisce illecito civile nel momento in cui è stato commesso, su di esso non influiscono le successive vicende riguardanti la punibilità del reato ovvero la rilevanza penale di quel fatto.
Anche vedendo la questione sotto un altro profilo sarebbe comunque ingiustificato operare una valutazione complessiva dell’art. 319 quater c.p., come legge più favorevole per l’imputato, in ragione del fatto che in essa il concusso non riveste più il ruolo di persona offesa e, per l’effetto, escludere il diritto al risarcimento del danno provocato all’epoca dal reato.
Infatti, il richiamo alle norme più favorevoli – rispetto all’imputato -, contenuto nell’art. 2 c.p., comma 4, si intende riferito alle disposizioni penali, con esclusione dei possibili effetti civili da queste indirettamente derivanti. Come è noto la giurisprudenza nell’individuare la legge più favorevole ritiene che si debba procedere ad una valutazione in concreto, anche con riferimento alle conseguenze giuridiche meno gravose, ma in ogni caso tale valutazione ha ad oggetto gli elementi costitutivi del reato, le circostanze, il tipo e la durata della pena, l’applicabilità delle pene accessorie o delle misure di sicurezza, le cause di non punibilità ovvero di estinzione e, anche se all’espressione “legge penale”, contenuta nell’art. 2 c.p., comma 4, si associa una nozione allargata – che cioè ricomprenda non solo le leggi extrapenali espressamente richiamate dalla norma penale e integranti il precetto, ma anche quelle leggi che ne costituiscono l’indispensabile presupposto o che concorrono a determinarne, anche parzialmente e implicitamente, il sostanziale contenuto – non si è mai sostenuto che vi possano rientrare anche le conseguenza civili derivanti dal reato.
In altri termini, nella nozione di legge più favorevole si è sempre fatto riferimento esclusivamente agli elementi ed effetti penali, seppure valutati non in astratto ma in concreto.
In conclusione, la Suprema Corte ha sancito il principio secondo cui la riqualificazione operata dalla Corte di Cassazione, a seguito dell’entrata in vigore della l. n. 190 del 2012, del delitto di concussione in quello di indebita induzione non fa venir meno il diritto alla restituzione e al risarcimento del danno a favore di colui che, al momento della commissione del fatto, era da considerarsi persona offesa dal reato.
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