ARTICOLICONTRIBUTIdelitti contro la pubblica amministrazioneDIRITTO PENALEParte speciale

Sullo spacchettamento della concussione: qualche spunto di riflessione

Cassazione Penale, Sez. IV., 21 febbraio 2013 (ud. 4 dicembre 2012), n. 8695
Presidente Cortese, Relatore Carcano, P.G. Gaeta, Ricorrente Nardi

La differenza tra la concussione (art. 317 c.p., come modificato dalla l. 6 novembre 2012 n. 190) e l’induzione indebita (art. 319 quater c.p., introdotto dalla citata l. n. 190 del 2012) risiede nel mezzo usato per la realizzazione dell’evento: la dazione o la promessa dell’indebito è, nella concussione, effetto del timore realizzato mediante l’esercizio della minaccia, anche implicita, che si risolva in una significativa e seria intimidazione tale da incidere e in misura notevole sulla volontà del soggetto passivo; nell’induzione, invece, la dazione o la promessa è effetto delle forme più varie di attività persuasiva, di suggestione tacita o di atti ingannevoli. In altri termini, a caratterizzare la concussione è dunque il timore di un danno minacciato dal pubblico ufficiale, mentre nell’induzione il pubblico ufficiale, abusando della propria qualità o funzione, fa leva piuttosto sulla sua posizione di preminenza, per suggestionare, persuadere o convincere a dare o promettere qualcosa allo scopo di evitare un male peggiore.

Il commento

1. Con la pronuncia in commento, la Suprema Corte si è espressa in ordine ad uno dei più importanti interventi legislativi degli ultimi anni, la  L. 6 novembre 2012 n. 190, il quale ha riformato i reati contro la Pubblica Amministrazione.
La sentenza n. 8695 si pronuncia, in particolare, sui delitti di cui agli artt. 317 e 319 quater Codice Penale, riguardanti i reati di “concussione” e la novella fattispecie di “induzione indebita a dare o promettere utilità”.
Il caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte riguardava il caso di un soggetto che, approfittando della sua qualità e dei suoi poteri di Comandante della stazione dei Carabinieri di un piccolo paese del nord Italia, avrebbe ingenerato nei confronti del responsabile di una assicurazione del medesimo paese la convinzione di dover aderire alle proprie illegittime pretese, al fine di evitare il pericolo di subire un pregiudizio patrimoniale per prospettati interventi in danno dei clienti dell’agenzia di assicurazione, qualora non avesse aderito alle sue sollecitazioni. Nello specifico, il pubblico ufficiale induceva l’assicuratore a consegnarli 300.000 lire con il pretesto che la somma, già liquidatagli dalla società assicurativa in ossequio ad un atto di transazione per danni subiti da apparecchi autovelox, non fosse stata sufficiente per la loro totale riparazione.
In primo grado il Comandante era condannato per peculato ex art. 314 c.p. e concussione ex art 317 c.p. I giudici d’appello, poi, dichiaravano estinto il reato di peculato per prescrizione ma al contempo confermavano, previa concessione dell’attenuante della particolare tenuità, la  decisione del giudice di primo grado condannando il soggetto agente  per il delitto di concussione.
La Suprema Corte, interpellata della questione, si è trova dinnanzi al c.d. “spacchettamento” del reato di concussione, visto che la L. 190/12 ha suddiviso le originarie condotte di “costrizione” e “induzione” in due autonome fattispecie criminose. La legge di riforma ha eliminato dall’art 317 c.p. la condotta di “induzione”, lasciando come unica condotta incriminatrice la “costrizione”. Inoltre, ha ristretto il novero dei soggetti agenti al solo pubblico ufficiale ed ha innalzato il minimo edittale di pena da 4 a 6 anni di reclusione ed il massimo a 12 anni.
L’induzione, invece, costituisce oggi la condotta tipica del reato di “Induzione indebita a dare o promettere utilità” di cui all’art. 319 quater c.p., che è realizzabile questa volta sia dal pubblico ufficiale che dall’incaricato di pubblico servizio e per il quale si prevede la pena da 3 ad 8 anni di reclusione.
Nel secondo comma dell’art 319 quater c.p. si concentrano le maggiori novità della riforma, in quanto viene ivi precisato che ad essere punito è anche il privato, soggetto passivo dell’induzione, con una pena fino a 3 anni di reclusione.
La Corte di Cassazione, tenuto conto della riforma, ha quindi inquadrato la condotta del Comandante dei Carabinieri, non più nel reato di Concussione, non rilevando nel caso di specie la costrizione, ma nel reato di nuovo conio di cui all’art 319 quater c.p.
In conclusione la Suprema Corte ha qualificato il fatto come delitto di cui all’art. 319 quater c.p. ed ha annullato la sentenza senza rinvio poichè il reato era estinto per prescrizione.

2. Alla luce della scomposizione del reato di concussione in due autonome fattispecie, appare decisivo comprendere quale sia la differenza fattuale tra la condotta di “costrizione”, rimasta come unica condotta integratrice dell’art. 317 c.p., e quella di “induzione” che, oggi, integra l’ipotesi corruttiva descritta nell’art. 319 quater c.p.[1]
Tale distinzione è tutt’altro che agevole, dal momento che, prima della novella, sia l’induzione che la costrizione, portavano all’incriminazione del medesimo delitto.
Accadeva, pertanto, di frequente che la condotta di induzione fungesse da “paracadute” dell’accusa, nel caso in cui quest’ultima non fosse riuscita a dimostrare in giudizio la più grave costrizione. Di converso la difesa, con un’attenta linea difensiva, avrebbe potuto cercare di dimostrare la condotta meno grave, al fine di far commisurare la pena individuabile con il minimo edittale.
Nonostante sia la giurisprudenza che la dottrina si siano interrogate più volte per cercare di definire in maniera netta le due condotte concussive, gli ingenti sforzi intellettivo – giuridici non hanno mai portato ad una chiarezza assoluta.
All’indomani della L. 190/12 appare pertanto rilevante cercare di distinguere le due condotte, al fine di inquadrare nella corretta cornice giuridica il fatto concreto.
Il  primo orientamento[2] emerso, è quello che cerca di individuare la condotta costrittiva in quella posta in essere con l’uso della minaccia o dell’intimidazione, mentre quella induttiva nel comportamento frutto di attività persuasive o di suggestione anche tacita o, ancora, frutto di atti ingannatori.
Riguardo un secondo orientamento[3], la distinzione dipenderebbe invece dalla natura “giusta” o “ingiusta” del pregiudizio prospettato al soggetto privato dal pubblico agente per motivarlo alla indebita promessa o dazione.
Secondo tale tesi la condotta integrante la concussione può essere individuata in qualsiasi violenza morale, attuata con l’abuso di qualità o di poteri, che si risolva nella prospettazione di un male ingiusto, tale da arrecare un danno patrimoniale o non patrimoniale[4].
Rientrerebbe, invece, nell’art 319 quater c.p. la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio che, prospettando conseguenze sfavorevoli, originate però dall’applicazione della legge, miri a ricevere il pagamento o la promessa indebita di denaro o altra utilità. In questo caso l’evento- conseguenza è sempre un male, in quanto evento pregiudizievole per il privato, ma non è ingiusto perché previsto dalla legge[5].
In definitiva, la distinzione più agevole, a parere di chi scrive, pare essere quella che individua la condotta di induzione (condotta tipica dell’art 319 quater c.p.) integrata quando il pubblico agente pone in essere attività di suggestione di persuasione o di pressione morale, che non condizionano gravemente la libertà di determinazione dell’indotto; la costrizione (condotta tipica dell’art 317 c.p.) si realizzerebbe, al contrario, quando il soggetto attivo con modalità più marcatamente minacciose, provoca uno stato di timore, per il quale la libertà di determinazione del privato finisce per essere quasi del tutto compressa[6].
Per mezzo di tale definizione si renderebbe, inoltre, più chiara anche la parte della norma che individua il soggetto indotto non più come vittima ma come coautore del reato, in quanto, acconsentendo alla indebita richiesta del Pubblico Ufficiale o dell’incaricato di Pubblico Servizio, palesa di voler ottenere un risultato illegittimo a lui favorevole.

3. Il nuovo reato di induzione indebita a dare o promettere utilità, introdotto con la l. 190/12, punisce anche il privato cittadino che prima della novella legislativa era il soggetto “concusso”. L’articolo 319 quater c.p. può essere definito delitto a concorso necessario, dal momento che la partecipazione del privato è essenziale ai fini della commissione dell’illecito.
Come sopra accennato, tra le più importanti innovazioni della L. 190/12 vi è sicuramente l’incriminazione del privato prevista dal secondo comma dell’art. 319 quater c.p.
La ratio della punibilità del privato, il quale prima dell’entrata in vigore della riforma era individuato come soggetto passivo del reato di concussione, sta nel fatto che il legislatore ha inteso punire la condotta di chi, anche se sottoposto ad una non ben specificata forma di pressione psicologica posta in essere dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di pubblico servizio, abbia comunque, con la dazione o anche con la semplice promessa, perseguito un vantaggio illecito[7].
Sul piano internazionale, una riscrittura dell’impianto di disciplina in materia era il “portato di precisi obblighi derivanti da strumenti normativi sovranazionali da tempo ratificati dall’Italia o di recente approvazione”[8]: ci si riferisce in particolar modo alla Convenzione Onu di Merida del 2003 e alla Convenzione penale sulla corruzione di Strasburgo del 1999[9].
Nel caso di specie si è cercato di limitare gli spazi di esonero da responsabilità penale[10] per l’effettivo corruttore introducendo il secondo comma dell’art. 319 quater c.p.
Anche in questo caso si denota l’incertezza della norma presa in esame, dal momento che, a seconda della qualificazione giuridica della condotta dell’agente pubblico, il privato passa dall’ essere un soggetto passivo, esente dunque da qualsiasi pena, ad un concorrente necessario, sanzionato con una condanna che può essere fino a 3 anni di reclusione.
Non venendo individuate con debita chiarezza le condotte costrittive ex art. 317 c.p. e induttive ex art. 319 quater c.p., si può quindi denunciare un deficit di determinatezza della norma, cui consegue una corrispondente incertezza applicativa, la quale stride pesantemente con uno dei più importanti principi del nostro diritto penale, qual è quello di tassatività.

4. La nuova veste giuridico-penale del soggetto che, nella precedente formulazione della fattispecie, figurava quale soggetto passivo della concussione, fa aumentare sempre di più le somiglianze con le condotte corruttive. Il privato, ancorché sottoposto in qualche modo a soggezione del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, collabora, contratta e riscuote un beneficio a lui non spettante dall’applicazione della legge. Si determina così l’assimilazione tra l’ex-concusso e la figura del corruttore, dal momento che i due soggetti agenti, in una sostanziale condizione di parità, cooperano per la riuscita dell’azione criminosa.
Stante la somiglianza delle due condotte, induttive da una parte -ex art 319 quater c.p.- e corruttive dall’altra -ex art. 318, 319, 319 bis e ter  c.p.-, vi è di converso un notevole discrimen quantitativo di pena, dal momento che l’art. 321 c.p.  punisce il corruttore nel caso più lieve con la pena da 1 a 5 anni di reclusione, condanna ben più gravosa di quella prevista dal  comma 2 dell’art 319 quater c.p.(reclusione fino a 3 anni).
Gli elementi distintivi possono essere ricercati attraverso un’attenta attività ermeneutica.
In primo luogo, a parere di chi scrive, non può, tout court e senza ulteriore ragionamento, essere attuata la vecchia teoria basata sul differente approccio psicologico che caratterizzava i due reati. Tale teoria soleva distinguere la concussione dalla corruzione per il fatto che nella prima, a differenza della seconda fattispecie, vi era l’abuso di potere dell’agente pubblico sul privato, mentre nella seconda le parti si trovavano in sostanziale parità[11]. Detta impostazione solo in parte è utile ad evidenziare elementi distintivi tra la corruzione e l’induzione indebita a dare o promettere utilità, visto che, come già sopra ricordato, il privato nella condotta descritta nell’art 319 quater c.p. coopera alla realizzazione dell’illecito e per questo viene punito dal 2 comma dello stesso articolo.- In definitiva, il “timore” del privato nella nuova fattispecie di cui all’art. 319 quater c.p. è meno rilevante rispetto a quanto previsto 317 c.p., ma è comunque elemento di notevole importanza.
Sulla base di tale assunto il legislatore ha previsto una pena minore per “l’indotto”(art. 319 quater 2 comma c.p.) rispetto al corruttore (art. 321 c.p.) in considerazione del fatto che la sua libertà non è stata pienamente frutto di autodeterminazione ma in qualche modo è stata viziata dalla “induzione” proveniente dal  pubblico agente.
Lo stesso legislatore della riforma, con soluzione di continuità, ha valutato anche la predisposizione del privato alla commissione dell’illecito, sanzionando con una pena inferiore il pubblico ufficiale che abbia posto in essere l’indebita induzione a dare o promettere utilità, rispetto al pubblico agente che abbia posto in essere azioni concessive.
In conclusione si deve ammettere che non vi è molta chiarezza circa la reale distinzione dell’elemento oggettivo dell’una e dell’altra fattispecie, ma sicuramente non mancheranno orientamenti giurisprudenziali che tenteranno di chiarire e contribuire all’individuazione concreta delle condotte di cui all’art. 319 quater c.p., col fine di fugare quanto più possibile le incertezze applicative tra tale nuova fattispecie e quelle di cui agli artt. 318, 319, 319 bis e ter.

5. In estrema sintesi si è cercato di mettere in evidenza alcune problematiche relative all’introduzione dell’art 319 quater c.p., cercando di dare una connotazione giuridico fattuale alle due condotte individuate dagli art. 317 e 319 quater c.p., ma anche cercando di evidenziare elementi distintivi tra la nuova fattispecie di cui all’art. 319 quater c.p. rispetto alle condotte corruttive previste dal nostro codice agli artt. 318, 319, 319 bis e ter.
Per quanto riguarda la difficoltosa distinzione tra le condotte di corruzione e quelle di “concussione per induzione”, previste dall’art. 319 quater c.p., spetterà al diritto vivente l’enucleazione dei criteri distintivi.
Per quel che concerne, invece, la distinzione sotto il profilo oggettivo tra le condotte di “costrizione” e “induzione”, si auspica un intervento chiarificatore del legislatore in quanto, essendo le due condotte fino a poco tempo fa circoscritte in un’unica fattispecie criminosa, manca anche un’ elaborazione giurisprudenziale che permetta di percepire la portata di tale distinzione.
Nel frattempo la Sesta Sezione della Cassazione ha investito le Sezioni Unite delle questione relativa a tale criterio distintivo.
“La palla passa, dunque, alle Sezioni Unite, che dovranno altresì determinare, alla luce del criterio discretivo prescelto, se tra le nuove norme di cui agli artt. 317 e 319 quater c.p. sussista perfetta continuità normativa ai sensi dell’art. 2 co. 4 c.p. (come sinora uniformemente ritenuto dalla Cassazione), ovvero se il novum normativo abbia determinato almeno una parziale abolitio criminis rispetto a talune condotte in precedenza riconducibili all’alveo applicativo dell’art. 317 c.p[12].”
Si attende l’udienza del 24 ottobre 2013, sperando in un opera di chiarificazione del supremo collegio di legittimità.
Nel caso in cui non ci dovesse essere un intervento del legislatore e non si dovesse formare una giurisprudenza costante che contribuisca a distinguere le due condotte si rischierebbe, stante il più difficoltoso accertamento dell’azione costrittiva, un’abrogazione tacita dell’art 317 c.p. e l’abituale contestazione del più tenue e più facilmente accertabile reato di cui all’art. 319 quater c.p.


[1] SEVERINO, La nuova legge anticorruzione, in Diritto penale e processo, Ipsoa, 2013. Il testo è stato inviato al Congresso “La nuova legge anticorruzione”, tenutosi a Salerno dal 30 novembre al 1 dicembre 2012. Il Ministro della Giustizia traccia le linee guida della riforma.
[2] GAROFOLI,  Concussione e indebita induzione: Il criterio discettivo e i profili successori,in Dir.Pen.Cont.- Riv.trim., 3 maggio 2013. ‹‹Tale distinzione emergerebbe dai criteri elaborati dalla dottrina e dalla giurisprudenza ante riforma per distinguere le due tipologie di condotte, prima circoscritte entrambe nella vecchia formulazione dell’art 317 c.p.››.
[3] In senso difforme, Cass. pen., Sez. VI 3 dicembre 2012 sent. n. 3251, Cass.pen.
[4] In senso conforme, Cass. pen., Sez. VI , 22 gennaio 2013 sent. n. 3251, Cass. pen. 2012.
[5] Sempre in senso conforme, Cass. pen., Sez. VI 15 febbraio 2013 sent. n. 7495, ibid.
[6] Cass. pen., Sez. VI 9 maggio 2013 (dep. 13 maggio 2013), n. 20430, Pres. De Roberto, Rel. Aprile, Guida dir. 2013. ‹‹La corte precisa che la differenza tra la costrizione e l’induzione, non risiede nell’intensità psicologica della pressione esercitata dal soggetto agente, ma nella qualità della stessa, ovvero se integri una  minaccia o meno sotto il profilo giuridico››.
[7] SPENA,  Per una critica dell’art 319 quater c.p., in in Dir.pen.cont- Riv.trim.28 marzo 2013.
[8] SEVERINO, La nuova legge anticorruzione, in Diritto penale e processo, Ipsoa, 2013. Il testo è stato inviato al Congresso “La nuova legge anticorruzione”, tenutosi a Salerno dal 30 novembre al 1 dicembre 2012. Il Ministro della Giustizia traccia le linee guida della riforma.
[9] Tali strumenti normativi sovranazionali richiedevano l’introduzione nel nostro ordinamento di fattispecie quali quelle del “Traffico di influenze illegittime” o di quelle riguardanti “la corruzione tra privati” solo in parte coperte da figure di reato già presenti nel nostro ordinamento. Con la riforma 190/12  sono state introdotte queste due nuove fattispecie, rispettivamente agli art 346 bis c.p, il traffico di influenze illegittime  ed all’art. 2635 c.c la corruzione tra privati.
[10] M. MONTANARI, La normativa Italiana in materia di corruzione al vaglio delle istituzioni internazionali,in in Dir.pen.cont- Riv.trim.1 luglio 2012. ‹‹Tale interpretazione è stata orientata dal rapporto (GRECO) nel quale era stata segnata la necessità di evitare che la previsione di cui al precedente art.317 c.p., fattispecie non conosciuta nella altre codificazioni Europee, finisse per consentire al “vero” corruttore di sfuggire alla sanzioni presentandosi come vittima di concussione››.
[11] GAROFOLI,  Concussione e indebita induzione: Il criterio discettivo e i profili successori,in Dir.pen.cont- Riv.trim.3 maggio 2013. ‹‹A differenza che nella corruzione, dunque, nella concussione, reato monosoggettivo (o solo naturalisticamente plurisoggettivo), dominus dell’illecito era il pubblico ufficiale il quale, abusando della sua autorità o del suo potere, costringeva o induceva il privato a sottostare all’indebita richiesta, ponendolo in una situazione di pressione psicologica ››.
[12] VIGANO’, L’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite sulla distinzione tra concussione e induzione indebita  in Dir.pen.cont- Riv.trim.20 maggio 2013.

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