ARTICOLIDelitti contro la moralità pubblica e il buon costumeDIRITTO PENALEParte speciale

Sulla distinzione tra atti osceni e atti contrari alla pubblica decenza – Cass. Pen. 37823/2013

Cassazione Penale, Sez. III, 16 settembre 2013 (ud. 12 giugno 2013), n. 37823
Presidente Mannino, Relatore Amoresano, P. G. Izzo

Depositata il 16 settembre scorso la pronuncia numero 37823 della III sezione della Suprema Corte relativa alla distinzione tra la fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 726 c. p. (“atti contrari alla pubblica decenza”) e il reato di cui all’art. 527 c. p. (“atti osceni”).

Questi, in breve, i fatti che hanno portato alla decisione in esame: in seguito alla segnalazione da parte di un testimone della presenza di un cittadino di colore intento ad urinare davanti ad un palazzo, gli agenti di polizia – intervenuti sul posto – provvedevano ad identificare nell’imputato come l’autore del fatto; il teste – sentito in dibattimento – riferiva, tuttavia, di non aver visto né le parti intime, né l’espletamento di funzioni corporali.
Il giudice di pace condannava perciò l’imputato ex art. 726 c. p. (“atti contrari alla pubblica decenza”) e non ex art. 527 c. p. (“atti osceni”) non essendo a tal fine necessaria la percezione dell’atto o la visibilità dei genitali.

Venendo alla decisione in esame, la III Sezione della Suprema Corte si è pronunciata, in particolare, in ordine alla nozione di “pubblica decenza” osservando come “siano atti contrari alla pubblica decenza tutti quelli che in spregio ai criteri di convivenza e di decoro che debbono essere osservati nei rapporti tra i consociati, provocano in questi ultimi disgusto o disapprovazione”.
Quanto alla distinzione tra la fattispecie di reato di cui all’art. 726 c. p. (“atti contrari alla pubblica decenza”) e quella di cui all’art. 527 c. p. (“atti osceni”) – prosegue la Corte – essa consiste nel fatto che, mentre gli atti osceni offendono, in modo intenso e grave il pudore sessuale, suscitando nell’osservatore sensazioni di disgusto oppure rappresentazioni o desideri erotici, gli atti contrari alla pubblica decenza ledono il normale sentimento di costumatezza, generando fastidio e riprovazione (si veda, tra i precedenti, Cass. pen. sez. III n. 2447 del 14.3.1985).

Riferimenti normativi:

  • Art. 527 c. p. – Atti osceni.
    Chiunque, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti osceni è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni.
    La pena è aumentata da un terzo alla metà se il fatto è commesso all’interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori e se da ciò deriva il pericolo che essi vi assistano.
    Se il fatto avviene per colpa si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 51 a euro 309.
  • Art. 726 c. p. – Atti contrari alla pubblica decenza. Turpiloquio.
    Chiunque, in un luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti contrari alla pubblica decenza è punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda da euro 10 a euro 206.

 

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Redazione Giurisprudenza Penale

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