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Sulla procedura di estradizione in caso di madre con prole di età superiore ai tre anni – Cass. Pen. 41642/2013

Cassazione Penale, Sez. VI, 8 ottobre 2013 (ud. 3 ottobre 2013), n. 41642
Presidente De Roberto, Relatore Conti

Depositata l’8 ottobre scorso la pronuncia numero 41642 della sesta sezione penale con cui la Corte di Cassazione ha precisato la procedura necessaria per procedere alla consegna, ai fini di estradizione, di una madre con prole di età superiore ai tre anni (si tenga presente che la condizione di madre di prole convivente di età inferiore a tre anni è stato considerata causa di rifiuto della consegna dalla riferita disposizione della L. n. 69 del 2005).
Questi i fatti: la Corte di Appello aveva ritenuto che, nei confronti dell’imputata (madre di un figlio di cinque anni), sussistessero tutti i presupposti per la estradizione, avendo il figlio un’età superiore ai tre anni. L’imputata, cittadina polacca, ricorreva allora per Cassazione lamentando vizio di motivazione in punto di mancato accertamento circa l’esistenza nell’ordinamento polacco di norme a tutela delle detenute madri di bambini in tenera età (a prescindere, cioè, dal fatto che l’età della prole fosse inferiore o superiore ai tre anni).

La Corte ha ritenuto il motivo fondato.
In particolare, è stato affermato il principio secondo cui la consegna a fini di estradizione della madre di prole di età superiore ai tre anni – tuttavia bisognosa di continua assistenza materiale ed affettiva – presuppone l’accertamento dell’esistenza nel Paese richiedente di garanzie idonee ad assicurare i contatti tra l’estradanda ed i figli con modalità adeguate a salvaguardare l’integrità psicofisica del minore, del genitore e del nucleo familiare.
Tali modalità – si puntualizza – non necessariamente devono essere corrispondenti a quelle previste dall’ordinamento penitenziario italiano, purchè venga salvaguardata l’integrità psicofisica non solo del minore – che altrimenti resterebbe privato del rapporto affettivo con la madre in una fase delicata della sua esistenza – ma dello stesso genitore e della stessa famiglia (v., per tale puntualizzazione, Sez. 6^, n. 40289 del 05/10/2012, Say, Rv. 253775; Sez. 6^, n. 46444 del 26/12/2009, Benevides, Rv. 245487; Sez. 6, n. 25845 del 11/06/2007, Voina, Rv. 236864; Sez. 6^, n. 24762 del 08/05/2007, Sava, Rv. 237183; Sez. 6^, n. 40612 del 31/10/2006, Sochiu, Rv. 235444).
In sostanza, è compito del giudice italiano farsi carico di procedere agli accertamenti in ordine alla disciplina penitenziaria riservata da quel Paese alle madri detenute con prole infantile (anche di età superiore ai tre anni, purchè, naturalmente, bisognosa di continua assistenza materiale ed affettiva).
Nel caso in cui il guidice non vi proceda (come accaduto nel caso di specie), si è di fronte ad una omissione – rilevante ai fini della decisione sulla domanda di estradizione avanzata nei confronti della ricorrente – che impone l’annullamento della sentenza, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello, che dovrà provvedere a richiedere le necessarie informazioni integrative allo Stato richiedente.

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Redazione Giurisprudenza Penale

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