ARTICOLIDelitti contro la personaDIRITTO PENALEParte speciale

Riduzione in schiavitù: è necessaria una significativa compromissione della capacità di autodeterminazione

Cassazione Penale, Sez. V, 31 ottobre 2013 (ud. 24 settembre 2013), n. 44385
Presidente Dubolino, Relatore Bruno

Depositata il 31 ottobre scorso la pronuncia numero 44385 della quinta sezione penale in tema di riduzione in schiavitù ex art. 600 c.p.

In particolare, con riferimento alla accusa di riduzione in schiavitù mossa ad un gestore di circo, i giudici hanno osservato che circostanze fattuali quali: le precarie condizioni igienico-sanitarie in cui il nucleo familiare bulgaro era costretto a vivere al seguito della carovana del circo; il carattere asseritamente raccapricciante di alcuni numeri circensi ai quali due ragazze sarebbero state obbligate; la costrizione a lavori defatiganti senza il rispetto degli ordinari tempi lavorativi, se sono elementi fattuali che possono essere sintomatici della condizione di continuativa soggezione richiesta dalla norma, tuttavia non sono sufficienti, in mancanza di più adeguata giustificazione idonea, a dimostrare che agli stessi abbia fatto riscontro una significativa compromissione della capacità di autodeterminazione della persona, necessaria per la configurazione di quello stato di soggezione rilevante ai fini della sussistenza del reato in questione.

Il reato in questione – puntualizza la Corte – integra, infatti, una tipica fattispecie delittuosa multipla ed a forma libera, per la cui configurazione occorre o l’esercizio su una persona di poteri di signoria corrispondenti a quelli del diritto di proprietà – sicchè la persona sia ridotta a mera res, oggetto di scambio commerciale – ovvero la riduzione od il mantenimento di una persona in stato di soggezione continuativa, costringendola a prestazioni lavorative o sessuali ovvero all’accattonaggio o, comunque, a prestazioni che ne comportino lo sfruttamento. Specifica poi il comma secondo che la riduzione od il mantenimento nello stato di soggezione ha luogo quando la condotta è attuata mediante violenze, minacce, inganno, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità, o mediante la promessa o la dazione di somme di denaro o di altri vantaggi a chi ha autorità sulla persona.

Ineludibili condizioni della seconda ipotesi – ritenuta nella fattispecie in esame – sono, pertanto: la riduzione od il mantenimento di uno stato di soggezione continuativa, con costrizione allo svolgimento di determinate prestazioni fisiche; ed il consequenziale sfruttamento.

In conclusione, per potersi dire integrato il reato di cui all’art. 600 c.p. – che punisce chiunque riduce o mantiene una persona in uno stato di soggezione continuativa – è necessario che la vittima sia sottoposta ad una  significativa compromissione della sua capacità di autodeterminazione.

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Redazione Giurisprudenza Penale

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