Riciclaggio di carte di credito: l’indebita utilizzazione delle carte stesse non costituisce reato presupposto
Cassazione Penale, Sez. II, 27 novembre 2013 (ud. 24 ottobre 2013), n. 47147
Presidente Petti, Relatore Fiandanese
Depositata il 4 dicembre scorso la pronuncia numero 47147 della seconda sezione penale in tema di riciclaggio di carte di credito provenienti da delitto.
Questi i fatti: l’imputato, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, trasferiva il denaro proveniente da illecita clonazione/furto di carte di credito estere avvenuto ad opera di ignoti compiendo operazioni in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa; per questo il G.I.P. aveva ritenuto sussistente a suo carico il fumus del delitto di utilizzazione indebita di carte di credito estero (D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 55, comma 9, e art. 81 cpv.c.p.) nonchè del delitto di riciclaggio (artt. 648 bis e 81 cpv. c.p.).
Il Tribunale del riesame annullava però il decreto di sequestro preventivo osservando che le operazioni poste in essere dall’imputato, dopo l’indebita utilizzazione delle carte di credito, sono tipiche della fattispecie di riciclaggio, tuttavia tali operazioni erano orientate ad ostacolare l’identificazione della provenienza delle somme innanzitutto dal delitto di indebita utilizzazione di carte di credito, ascrivibile allo stesso, prima che dai delitti di clonazione o furto delle stesse carte, sicchè il delitto presupposto di riciclaggio è costituito in via immediata e diretta proprio da quell’indebito utilizzo con cui è stato monetizzato l’importo successivamente riciclato, con la conseguenza che le condotte di riciclaggio devono qualificarsi come operazioni di auto riciclaggio. L’imputato, secondo il tribunale, non sarebbe punibile per il reato di riciclaggio ascrittogli per avere concorso nel reato presupposto, venendo meno anche la possibilità di procedere al sequestro per equivalente.
Proponeva ricorso per Cassazione il Procuratore della Repubblica contestando che il delitto c.d. presupposto del riciclaggio sia l’indebito utilizzo di carte di credito e non già la clonazione/furto delle stesse carte, delitti questi non contestati all’indagato. Ad avviso del P.M., l’indagato non ha semplicemente utilizzato più carte di credito conseguendone il profitto, ma ha ricevuto beni di provenienza illecita e li ha sostituiti con denaro, simulatamente proveniente da operazioni commerciali evidentemente false. Per sostituire i beni di provenienza delittuosa con utilità apparentemente di provenienza lecita, l’imputato ha commesso l’ulteriore delitto dell’indebito utilizzo di carte di credito, reato quest’ultimo che assume di per sè rilievo penale autonomo, pur costituendo di fatto un segmento della condotta criminosa attraverso il quale l’indagato ha riciclato le carte donate e/o rubate.
La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato.
L’imputato – si legge nelle motivazioni – ha ricevuto beni di provenienza illecita – cioè carte di credito donate o rubate all’estero – e li ha sostituiti con denaro simulatamente proveniente da operazioni commerciali fittizie. Il reato di utilizzazione indebita di carte di credito (D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 55, comma 9) assume una valenza strumentale rispetto al risultato finale che il soggetto agente intende conseguire, pur acquistando una sua autonoma rilevanza quale fattispecie penale. Il valore strumentale di quest’ultima fattispecie è evidenziato dalla ratio del citato D.Lgs., che è quella, evidenziata nello stesso titolo, di prevenire e reprimere l’ “utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose”.
Deve, pertanto, affermarsi il seguente principio di diritto: “nel caso di riciclaggio di carte di credito provenienti da delitto, perchè rubate o donate, l’indebita utilizzazione delle carte di credito medesime non costituisce reato presupposto del riciclaggio, ma reato strumentale alla commissione del riciclaggio medesimo”.
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