Alle Sezioni Unite il concorso tra riciclaggio e associazioni di tipo mafioso
Come si apprende dal servizio novità della Corte di Cassazione, con l’ordinanza numero 47221 del 28 novembre 2013 è stata rimessa alle Sezioni Unite la seguente questione di diritto:
«Se sia configurabile il concorso fra i delitti di cui agli artt. 648 bis o 648 ter cod. pen. e quello di cui all’art. 416 bis cod. pen., quando la contestazione di riciclaggio o reimpiego riguardi beni o utilità provenienti proprio dal delitto di associazione mafiosa».
- 648-bis – Riciclaggio
Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 1.032 a euro 15.493.
La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale.
La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni. Si applica l’ultimo comma dell’articolo 648.
- 648-ter – Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita
Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648 e 648-bis, impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 1.032 a euro 15.493.
La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale.
La pena è diminuita nell’ipotesi di cui al secondo comma dell’articolo 648.
Si applica l’ultimo comma dell’articolo 648.
Nella giurisprudenza prevalente della Cassazione – hanno osservato i giudici – si è affermato che il concorrente nel delitto associativo di stampo mafioso può essere chiamato a rispondere in quello di riciclaggio dei beni provenienti dall’attività associativa, sia quando il delitto presupposto sia da individuarsi nei delitti-fine, attuati in esecuzione del programma criminoso, sia quando esso sia costituito dallo stesso reato associativo, di per sè idoneo a produrre proventi illeciti. Alla luce di questa tesi, pertanto, il concorrente nel delitto associativo di tipo mafioso, non essendovi tra il delitto di riciclaggio e quello di associazione per delinquere alcun rapporto di “presupposizione” e non operando, pertanto, la clausola di riserva – “fuori dei casi di concorso nel reato” – che qualifica la disposizione incriminatrice del delitto di riciclaggio, può essere chiamato a rispondere del delitto di riciclaggio dei beni provenienti dall’attività associativa, sia quando il delitto presupposto sia da individuarsi nei delitti fine attuati in esecuzione del programma criminoso dell’associazione, sia quando il delitto presupposto sia costituito dallo stesso reato associativo di per sè idoneo a produrre proventi illeciti, rientrando tra gli scopi dell’associazione anche quello di trarre vantaggi o profitti da attività economiche lecite per mezzo del metodo mafioso.
Tuttavia, un recente arresto giurisprudenziale ha contrastato il primo indirizzo sostenendo che una volta che il delitto associativo di tipo mafioso è da considerare per sè potenzialmente idoneo a costituire il reato presupposto dei delitti di riciclaggio e di illecito reimpiego, non sono ravvisabili ragioni ermeneutiche che consentano, già in linea di principio, di escludere l’operatività della clausola di riserva – “fuori dei casi di concorso nel reato” – anche per esso.
Accogliendo l’esplicita richiesta avanzata dalla difesa dell’imputato con il primo motivo d’impugnazione, la Corte ha ritenuto, ai sensi dell’art. 618 c.p.p., di dover rimettere la decisione del ricorso alle Sezioni Unite. L’udienza è prevista per il 27 febbraio 2014.
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