ARTICOLIDIRITTO PROCESSUALE PENALEIndagini e processo

Intercettazioni: sulla nozione di procedimento diverso ai sensi dell’art. 270 c.p.p. – Cass. Pen. 3253/2014

Cassazione Penale, Sez. II, 23 gennaio 2014 (ud. 10 ottobre 2013), n. 3253
Presidente Carmenini, Relatore Diotallevi

E’ stata depositata il 23 gennaio 2014 la pronuncia numero 3253 della seconda sezione penale in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni riguardante, in particolare, la nozione di “procedimento diverso” rilevante ai sensi dell’art. 270 c. 1 c.p.p. ai sensi del quale “I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza“.

La Corte, in particolare, ha ritenuto utilizzabili, ai fini cautelari, i risultati delle intercettazioni telefoniche disposte a seguito di captazione eseguita in un diverso procedimento, di cui non sia stato acquisito l’originario provvedimento autorizzativo, né sia stato effettuato alcun deposito ex art. 270 c.p.p., in quanto le risultanze dell’intercettazione del procedimento a quo influiscono sulle autorizzazioni relative al procedimento ad quem come mero presupposto di fatto, incidente sulla motivazione dei successivi, autonomi provvedimenti autorizzativi solo sotto il profilo della loro rilevanza ai fini della verifica dei gravi indizi di reato richiesta dall’art. 267, comma primo, c.p.p., mentre il deposito di cui all’art. 270, comma 2, c.p.p., non rileva, a pena di inutilizzabilità, nel corso delle indagini preliminari, trattandosi di adempimento che può essere legittimamente procrastinato per esigenze investigative, non oltre il termine delle indagini stesse, ex art. 268, comma 5, c.p.p.

La nozione di identico procedimento, che esclude l’operatività del divieto di utilizzazione previsto dall’art. 270 cod. proc. pen., può prescindere da elementi formali come il numero di iscrizione nel registro delle notizie di reato ed impone una valutazione sostanziale, con la conseguenza che il procedimento è considerato identico quando tra il contenuto dell’originaria notizia di reato, alla base dell’autorizzazione, e quello dei reati per cui si procede vi sia una stretta connessione sotto il profilo oggettivo, probatorio o finalistico (v. anche Sez. 6, 15/11/2012, n. 46244 del, P.G., Filippi e altri, CED 254285).

In sostanza, ai fini del divieto di utilizzazione previsto dall’art. 270 c.p.p. c. 1, la nozione di procedimento diverso va collegata al dato della alterità o non uguaglianza del procedimento, in quanto instaurato in relazione ad una notizia di reato che deriva da un fatto storicamente diverso da quello oggetto di indagine nell’ambito di altro, differente, anche se connesso, procedimento (Sez. 2, n. 49930 del 11/12/2012 – dep. 28/12/2012, Perri e altro, Rv. 253916), e non quindi dal medesimo filone investigativo, da cui traggono origine procedimenti connessi, relativi alla medesima fattispecie criminosa, come è avvenuto nel caso in esame.

Redazione Giurisprudenza Penale

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