Responsabilità medica: la scarsa chance di sopravvivenza del paziente non esclude il nesso causale
Cassazione Penale, Sez. IV, 20 febbraio 2014 (ud. 12 novembre 2013), n. 8073
Presidente Zecca, Relatore Esposito, P. G. Mura
Massima
In tema di responsabilità medica il giudizio controfattuale deve essere condotto valutando, in base alle effettive circostanze fattuali, se l’evento lesivo, in presenza della condotta alternativa d’elezione, si sarebbe ugualmente verificato con elevato grado di credibilità razionale o probabilità logica, a nulla rilevando la medio bassa probabilità di salvezza indicata dalle leggi statistiche.
Il commento
Condanna per omicidio colposo. Questa la sentenza pronunciata dal Tribunale di Catania nei confronti di due medici, imputati per aver omesso di sottoporre, tempestivamente, ad intervento chirurgico un paziente, già ricoverato per sottoporsi ad intervento di by pass femoro popliteo e, successivamente deceduto, a causa dell’insorgenza di una complicazione medica.
I due medici, tuttavia, già imputati del reato sopra richiamato, giustificavano siffatta scelta operativa, alla luce della scarsa probabilità di sopravvivenza del paziente, laddove fosse stato comunque sottoposto ad intervento chirurgico.
Cosicché, condannati in primo grado, venivano poi, assolti con sentenza della Corte d’Appello distrettuale, perché il fatto non sussiste. «Gli elementi di prova emersi non consentono di ritenere indiscutibilmente dimostrata la sussistenza del nesso di causalità tra la condotta dell’imputato e l’evento letale (…) la situazione clinica del paziente aveva assunto connotazioni di particolare gravità, in presenza di un germe aggressivo e difficilmente debellabile»; in una situazione siffatta era (…) comunque da ritenere che «anche il trattamento corretto della complicanza infettiva non avrebbe potuto garantire in maniera certa e assoluta la sopravvivenza, avendo il perito rilevato che, in ragione della comparsa di suddetta infezione e tenuto conto delle condizioni generali del soggetto, le possibilità di sopravvivenza del paziente non erano comunque superiori al 35-40% anche in ipotesi di trattamento adeguato; che, pertanto, tenuto conto dei coefficienti medio bassi di probabilità, anche sostituendo all’omissione il comportamento alternativo corretto, l’evento lesivo non si sarebbe realizzato con alto grado di credibilità razionale».
Avverso tale sentenza proponevano ricorso per cassazione le costituite parti civili, le quali, con unico e articolato motivo deducevano l’erronea applicazione della legge penale e il vizio di motivazione. In particolare, esse «sottolineavano la superficialità e l’imperizia del medico, atta a determinare un gravissimo errore diagnostico ed esecutivo. Rilevavano che era omesso un rigoroso percorso argomentativo che potesse far ritenere coerente la scelta dei giudici di secondo grado, a fronte delle ragioni giuridiche che avevano delineato le motivazioni della sentenza del primo giudice. Deducevano, sotto altro profilo, che le cause sopravvenute, – indicate come ipotetici fattori causali alternativi intervenuti sul nesso di causalità – non erano tali da escluderlo, difettando dei caratteri di idoneità e sufficienza a determinare l’evento, ex art. 41 c.p. Censuravano, inoltre, il ragionamento della Corte incentrato sulla mera probabilità statistica, evidenziando che ciò che rileva è la probabilità logica, dovendosi considerare se, ove si fosse tenuta l’azione doverosa omessa, l’evento lesivo non si sarebbe verificato o si sarebbe verificato in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva».
Di qui la pronuncia della Cassazione, secondo cui il ricorso è da ritenersi fondato con riferimento al dedotto vizio di motivazione.
Già il giudice del primo grado «aveva evidenziato che il giudizio controfattuale andava effettuato sulla base dell’evento lesivo come verificatosi hic et nunc, e che era necessario verificare in concreto, in relazione alle complicanze effettivamente ipotizzabili, se, ove in luogo dell’omissione fosse stato posto in essere un comportamento alternativo corretto, l’evento lesivo si sarebbe ugualmente realizzato con alto grado di credibilità razionale. Era giunta, quindi, ad affermare che la certezza processuale può derivare anche in caso di coefficienti medio-bassi di probabilità c.d. frequentistica, laddove si acquisisca positivamente la prova della non incidenza di rischi ipotizzati in via meramente congetturale o astratta, nel contempo avvertendo che la superficiale applicazione del criterio della percentuale di sopravvivenza avrebbe finito col legittimare qualunque colpevole inerzia o omissione».
Ciò detto, aggiunge la Corte, il giudice dell’Appello è pervenuto alla negazione del nesso di causalità valorizzando in modo superficiale le conclusioni peritali riguardo alla limitata incidenza salvifica del trattamento alternativo d’elezione, senza, però, affrontare con adeguato approfondimento la successione dei tempi del decorso della malattia e delle modalità dell’operato dei sanitari.
Quanto, infine, ai richiamati fattori causali alternativi ai quali la stessa ha dato risalto nella motivazione della sentenza, essi non appaiono [per nulla] risolutivi, ove si consideri la loro anteriorità alla condotta tenuta dal medico.
Queste le ragioni per affermare la evidente illogicità della sentenza impugnata e rimettere la questione al giudice di merito competente perché si ripronunci sul caso.