ARTICOLIDIRITTO PENALELegilsazione speciale

In tema di impianti di videosorveglianza non autorizzati sul luogo di lavoro

Cassazione Penale, Sez. III, 17 aprile 2014 (ud. 27 marzo 2014), n. 17027
Presidente Fiale, Relatore Gazzara, P.G. Baldi

Depositata il 17 aprile 2014 la pronuncia numero 17027 relativa al reato di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 4 (Impianti audiovisivi) in relazione al D.Lgs. n. 196 del 2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali) art. 114; fattispecie di reato contestata, nel caso di specie, all’imputato cui veniva contestato di avere installato impianti di videosorveglianza senza avere richiesto l’autorizzazione all’Ispettorato del Lavoro.

Questi i fatti: in seguito ad un sopralluogo presso l’attività commerciale in questione veniva riscontrato il posizionamento nei locali di quattro telecamere a circuito interno collocate al piano terra nella sala ove si trovavano i tavoli: una in direzione della porta d’ingresso, l’altra guardava i tavoli; una terza era posta a controllare il corridoio, conducente alla cucina; una ulteriore all’interno della sala ristorazione, posta al primo piano.

L’allocazione del sistema di video sorveglianza in tali termini – ad avviso del giudice di merito – consentiva di ritenere che il fine della installazione dell’impianto de quo non fosse esclusivamente quello di tutelare il patrimonio aziendale contro atti penalmente illegittimi messi in atto da terzi, bensì anche quello – esplicitamente vietato dall’art. 4 c. 1 legge 300/70 – del controllo a distanza dell’attività dei lavoratori  a meno che, come prescritto dal comma 2, non vi sia un accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o con la commissione interna.

L’art. 4 della legge 300 del 1970, come detto, prescrive che gli impianti e le apparecchiature di controllo, la cui installazione sia dovuta ad esigenze organizzative e produttive, ovvero alla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza della attività dei lavoratori, possono essere montati e posizionati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o, in subordine, con la commissione interna. Non è, quindi, richiesto – affermano i giudici – che si tratti di controllo occulto, destinato a verificare la produttività dei lavoratori dipendenti, in quanto l’essenza della sanzione sta nell’uso degli impianti audiovisivi, in difetto di preventivo accordo con le parti sociali.

Tra i precedenti conformi la Corte richiama una recente pronuncia della stessa sezione (Cass. pen. Sez. III, 30 gennaio 2014, n. 4331) secondo cui l’idoneità degli impianti a ledere il bene giuridico protetto – cioè il diritto alla riservatezza dei lavoratori – sussiste anche se l’impianto non è messo in funzione, poichè, configurandosi come un reato di pericolo, la norma sanziona a priori l’installazione, prescindendo dal suo utilizzo o meno.

Redazione Giurisprudenza Penale

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