Il concorso esterno in associazione mafiosa e lo scambio elettorale politico-mafioso alla luce della recente giurisprudenza di legittimità
Cassazione Penale, Sez. I, 1 luglio 2014 (ud. 9 maggio 2014), n. 28225
Presidente Siotto, Relatore Cassano, P.G. Galasso, Ricorrente Dell’Utri
L’Autrice commenta la pronuncia numero 28225 della prima sezione penale della Corte di Cassazione nel caso Dell’Utri (clicca qui per scaricare il testo della sentenza) soffermandosi sull’evoluzione giurisprudenziale in tema di concorso esterno in associazione mafiosa, sui suoi rapporti con il reato di scambio elettorale politico-mafioso e sulla recente riforma dell’art. 416 ter c.p.
In punto di diritto, la pronuncia ha ribadito come assuma le vesti di «concorrente esterno» il soggetto che, non inserito stabilmente nell’organigramma della associazione e privo dell’affectio societatis, fornisce un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo che esplichi un’effettiva rilevanza causale e, quindi, si configuri come condizione necessaria per la conservazione e il rafforzamento delle capacità operative dell’associazione o, quantomeno, di un suo particolare settore, ramo di attività o articolazione territoriale e sia diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso».
Occorre che il contributo atipico del concorrente esterno – diverso ma operante in sinergia con quello dei concorrenti interni – abbia avuto una reale efficienza causale per la concreta realizzazione del fatto criminoso collettivo e per la produzione dell’evento lesivo del bene giuridico protetto (costituito, nella specie, dall’integrità dell’ordine pubblico, violata dall’esistenza e dall’operatività del sodalizio e dal diffuso pericolo di attuazione dei delitti-scopo dell’associazione).
La particolare struttura della fattispecie comporta, infine, quale requisito essenziale, che il dolo del concorrente esterno investa, nei momenti della rappresentazione e delle volizione, sia tutti gli elementi essenziali della figura criminosa tipica, sia il contributo causale recato dal proprio comportamento alla realizzazione del fatto concreto, con la consapevolezza e la volontà di interagire sinergicamente con le condotte altrui alla realizzazione dell’evento lesivo del “medesimo reato”.
Il concorrente esterno – prosegue la Corte – deve essere, dunque, consapevole dei metodi e dei fini dell’associazione (a prescindere dalla condivisione, avversione, disinteresse o indifferenza per siffatti metodi e fini, che lo muovono nel foro interno) e deve rendersi compiutamente conto della efficienza causale della sua attività di sostegno, vantaggiosa per la conservazione o il rafforzamento della associazione.