Reati edilizi e buona fede – Cass. Pen. 36852/2014
Cassazione Penale, Sez. III, 4 settembre 2014 (ud. 10 giugno 2014), n. 36852
Presidente Fiale, Relatore Scarcella, P.G. Delehaye
Depositate il 4 settembre 2014 le motivazioni della pronuncia numero 36852 della terza sezione penale in ordine al reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. b).
L’imputato, condannato in appello per aver realizzato opere abusive in assenza del permesso di costruire, proponeva ricorso in Cassazione deducendo la propria buona fede – e dunque la assenza della coscienza e volontà di commettere il reato – desumibile dal fatto che il Comune aveva consentito al ricorrente la recinzione di una superficie relativa alla pavimentazione: dal momento che il Comune aveva comunicato al ricorrente che, per la realizzazione del muro di recinzione, non era necessario il permesso di costruire, questi sarebbe stato indotto a ritenere priva di rilievo penale la realizzazione della pavimentazione di un’esigua porzione del fondo agricolo, obiettivamente meno incisiva rispetto alla realizzazione di un muro di recinzione, sicchè la volontà del ricorrente sarebbe stata inficiata da una difettosa percezione della realtà e, quindi, da un errore sul fatto determinato da una situazione non ricollegabile alla sua volontà.
I giudici della terza sezione hanno ritenuto il motivo non fondato escludendo la ravvisabilità di un errore sul fatto che costituisce reato, in quanto il convincimento soggettivo del ricorrente non dipendeva da erronea comunicazione del Comune (che aveva rilasciato l’autorizzazione ad eseguire la sola recinzione).
E’ stato già in precedenza affermato – si legge nelle motivazioni – che, per trovare applicazione il principio enunciato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 364 del 24 marzo 1988 (con la quale detta Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 cod. pen. nella parte in cui non esclude dalla inescusabilità dell’ignoranza della legge penale l’ignoranza inevitabile) è necessario che dagli atti del processo risulti che l’agente abbia fatto tutto il possibile per uniformarsi alla legge, sicchè nessun rimprovero, neppure di semplice leggerezza, gli possa essere mosso, e che, pertanto, la violazione della norma sia avvenuta per cause del tutto indipendenti dalla sua volontà.
Ne consegue – conclude la Corte – che nell’ipotesi di esecuzione di un intervento edilizio in assenza di permesso di costruire non ricorrono gli estremi dell’esimente della buona fede con efficacia esimente ex art. 5 c.p. allorquando l’imputato abbia male interpretato una pur chiara disposizione di legge e non si sia premurato di consultare il competente ufficio per conoscere quali adempimenti egli avrebbe dovuto compiere, erroneamente formandosi il convincimento soggettivo, sulla base di un provvedimento della pubblica amministrazione riguardante opera edilizia diversa da quella abusivamente realizzata, che non fosse necessario alcun titolo abiiitativo per la realizzazione di quest’ultima.