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In tema di molestie: Facebook va considerato “luogo aperto al pubblico”

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Cassazione Penale, Sez. I, 12 settembre 2014 (ud. 11 luglio 2014), n. 37596
Presidente Chieffi, Relatore Di Tommasi

Con la pronuncia che si segnala, depositata il 12 settembre 2014, i giudici della Prima Sezione della Corte di Cassazione hanno affermato che, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 660 c.p. (molestie o disturbo alle persone), va considerato luogo aperto al pubblico la piattaforma sociale Facebook, quale luogo “virtuale” aperto all’accesso di chiunque utilizzi la rete.

Con riferimento alla fattispecie di reato in questione (secondo cui «chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a euro 516») la Corte ha ritenuto «innegabile che la piattaforma sociale Facebook (disponibile in oltre 70 lingue, che già nel 2008 contava più di 100 milioni di utenti) rappresenti una sorta di piazza immateriale che consente un numero indeterminato di accessi e visioni, rese possibili da una evoluzione scientifica che il Legislatore non era arrivato ad immaginare».

Secondo i giudici della Cassazione si tratterebbe di un’interpretazione estensiva «che la lettera della legge non impedisce di escludere dalla nozione di luogo e che, a fronte della rivoluzione portata alle forme di aggregazione e alle tradizionali nozioni di comunità sociale, la sua ratio impone, anzi, di considerare».

In conclusione, a prescindere dalla assimilabilità della comunicazione telematica alla comunicazione telefonica (l’altra modalità di realizzazione delle molestie) integra la contravvenzione di cui all’art. 660 c.p. l’invio di messaggi molesti, “postati” sulla pagina pubblica di Facebook della persona offesa.

Redazione Giurisprudenza Penale

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