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Berlusconi: sul divieto di espatrio in caso di condanna a pena detentiva – Cass. Pen. 1610/2015

Cassazione Penale, Sez. I, 14 gennaio 2015 (ud. 2 dicembre 2014), n. 1610
Presidente Giordano, Relatore Novik, P.G. Galasso, Ric. Berlusconi

Depositata il 14 gennaio 2015 la pronuncia numero 1610/2015 con la quale i giudici della prima sezione penale della Corte di Cassazione hanno confermato il divieto di espatrio nei confronti di Silvio Berlusconi convalidando l’ordinanza del tribunale di Milano che aveva respinto il ricorso presentato dai suoi avvocati.

E’ incontroverso che nei confronti di Berlusconi – si legge nella pronuncia – sia stata emessa una condanna penale e che l’esecuzione della pena è stata sospesa per concessione di una misura alternativa alla detenzione, ovverosia l’affidamento in prova al servizio sociale, che costituisce “non una misura alternativa alla pena, ma una pena essa stessa, alternativa alla detenzione o, se si vuole, una modalità di esecuzione della pena, nel senso che viene sostituito a quello in istituto, il trattamento fuori dell’istituto, perché ritenuto più idoneo, sulla base dell’osservazione, al raggiungimento delle finalità, di prevenzione e di emenda, proprie della pena”, comportante restrizioni alla libertà personale e soggetto a essere revocato nei casi previsti dal comma 11 dell’art. 47 O.P ..

Trova quindi integrale applicazione l’art. 12 della L. 21/11/1967 n. 1185 che prevede il ritiro del passaporto quando sopravvengano circostanze ostative al rilascio, tra cui l’art. 3 prevede il caso di coloro che debbano espiare una pena restrittiva della libertà personale. Si tratta appunto del caso del ricorrente che si trova in espiazione di una pena detentiva, anche se con una modalità che prevede un trattamento extra carcerario. Non puo, dunque, che prendersi atto, come fatto dal giudice dell’esecuzione, che l’art. 10 della Legge 1185 contro il ritiro del passaporto prevede alternativamente il ricorso amministrativo al Ministro per gli affari esteri o al Tribunale amministrativo regionale competente per territorio, ma non al giudice dell’esecuzione. Con la conseguenza che è quella la sede in cui potranno essere proposte le questioni di compatibilità della normativa nazionale con quella Europea, nei termini dedotti nel secondo motivo di ricorso che, quindi, non può essere autonomamente valutato in questa sede.

Né – continua la Corte – l‘intervento del giudice dell’esecuzione può essere invocato sotto il profilo dell’art. 676 cod. proc. pen., comma 1, che prevede e disciplina, come è noto, le “altre competenze” del giudice dell’esecuzione, diverse da quelle specificamente indicate negli articoli precedenti.

La giurisprudenza, infatti, nell’affermare con le decisioni citate dal ricorrente l’applicabilità in via analogica di questa norma nel caso di “provvedimento di concessione o diniego del nulla osta al rilascio del passaporto o di altro documento valido per l’espatrio, previsto dalla L. 21 novembre 1967, n. 1185, art. 3, lett. d), nel caso di soggetti nei cui confronti debbasi eseguire una pronuncia di condanna”, ha espresso questo principio solo in casi in cui il nulla osta era stato richiesto da soggetti condannati alla pena pecuniaria, sotto il profilo che, diversamente opinando, sarebbe “priva di protezione giurisdizionale una posizione di diritto soggettivo da considerare, come tale, sempre tutelabile davanti al giudice”.

Nei casi di condannati, come nel caso in esame, a pena detentiva il divieto alla possibilità di ottenere il nulla osta al rilascio del passaporto è assoluto (del resto, anche la giurisprudenza della CEDU, n. 41119/2011 M. contro Svizzera, subordina il diritto al rilascio del passaporto all’interesse pubblico al perseguimento dei reati).

Redazione Giurisprudenza Penale

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