La funzione della pena nei reati culturalmente orientati (Tesi di laurea)
Relatore: Prof.Sergio Moccia
Ateneo: Università degli studi di Napoli Federico II
Anno accademico: 2012/2013
Il presente lavoro si propone di analizzare i profili problematici dei reati culturalmente orientati e delle correlate ipotesi di soluzione, nella consapevolezza di affrontare una delle sfide più recenti per il sistema penale, a causa dello storico ritardo dell’ordinamento italiano in relazione a questo fenomeno e quelli connessi, come la ricezione dei flussi migratori, i problemi di integrazione, il rispetto dei diritti umani dei migranti. Negli ultimi decenni globalizzazione e glocalizzazione, tendenze solo apparentemente antitetiche, hanno contribuito a creare l’humus ideale per conflitti culturali sempre più frequenti, a causa delle massive migrazioni, e sempre più esacerbati da contesti di ricezione stranianti, di fronte ai quali ogni meccanismo di riconoscimento individuale e di gruppo è perseguito anche a costo di violare le leggi dello Stato ospitante.
Dinanzi a comportamenti penalmente illeciti ma sospinti dai dettami culturali del gruppo etnico di appartenenza, il diritto penale nel suo impianto costituzionale si viene a trovare in situazioni dilemmatiche, dovute in buona parte alla sua natura ancipite, da un lato strumento di tutela delle istanze sociali, dall’altro quadro di garanzie dei diritti fondamentali, in primis del delinquente. Le ingenti questioni circa l’an della punizione di fatti culturalmente orientati e, in subordine, circa il quantum della eventuale pena rappresentano un classico «hard case» : da qui scaturisce l’imprescindibile partenza dal quadro dei principi costituzionali, da cui desumere le linee guida per una soluzione razionale e cogente, sebbene potenzialmente in contrasto con l’attuale panorama legislativo e giurisprudenziale italiano, improntato alla generale indifferenza verso il fattore culturale, se non ad una maggiore severità della risposta sanzionatoria. Questa prospettiva potrà, forse, dimostrare che non è necessario abdicare ai principi del diritto penale liberale per perseguire soluzioni efficientiste o postmoderne ma che una soluzione al problema dei reati culturalmente orientati si può costruire proprio partendo dall’eredità più feconda dell’Illuminismo giuridico.
Sarà necessario, nel prosieguo del lavoro, un confronto con ordinamenti più avvezzi ai frutti velenosi del multiculturalismo e alla flessibilizzazione dei doveri tipica di una società pluralista, proprio partendo dalla problematica definizione di reato culturalmente orientato: lungi da una visione stereotipizzante della diversità, una certa dose di discrezionalità nella scelta metodologica di riferirsi ad un concetto di cultura in senso etnico è inevitabile ma, si ritiene, pienamente razionale: la crescente rilevanza di problemi concreti connessi al multiculturalismo, la natura societale e pervasiva delle culture dei gruppi etnici rispetto ad altre, la presenza di un diritto fondamentale delle minoranze ad esercitare la propria cultura sono tutti fattori che spingono a depurare il vago concetto di cultura dal riferimento a fenomeni come le sette religiose, i codici d’onore mafiosi o terroristici, o semplicemente gli stili di vita individuali. In breve, non tutto ciò che è antropologicamente definibile come cultura può essere rilevante ai fini dell’ordinamento giuridico penale o, almeno, non può esserlo negli stessi termini. Gli atteggiamenti molteplici, spesso contraddittori, nei confronti della diversità culturale testimoniano la decisa commistione tra diritto penale, cultura (o meglio culture) e politica: le svariate soluzioni proposte, soprattutto di matrice anglosassone, forniscono spunti interessanti per elaborare un’ipotesi più aderente alle categorie giuridiche e agli istituti del nostro sistema, come si cerca di ricostruire negli ultimi due capitoli del lavoro. In una società in cui l’identità è sempre meno radicata in un territorio e sempre più connessa all’idea di appartenenza, il diritto penale si trova dunque ad affrontare una prova emblematica: vincolarsi al principio dei diritti umani, avanzando la pretesa di una propria validità interculturale, oppure precipitare negli anni bui della sua storia, quando era espressione solo di un vendicativo e irrazionale bisogno di punire.