Legge Balduzzi: il sanitario non risponde penalmente (questa volta) in mancanza di colpa grave – Cass. Pen. 9923/2015
Cassazione Penale, Sez. IV, 6 marzo 2015 (ud. 19 gennaio 2015), n. 9923
Presidente Zecca, Relatore Piccialli
La massima
Ai fini dell’applicazione della legge Balduzzi la lievità della colpa deve riguardare sia il mancato riconoscimento del mutamento della situazione di pericolo, sia la violazione della regola cautelare diversa dalle linee guide destinata a fronteggiare la nuova situazione di pericolo. Se solo uno di questi due viene meno, allora si deve concludere per la colpa grave e la mancata applicazione della legge Balduzzi.
Il commento
Con la sentenza n. 9923/15, depositata il 6 marzo u.s., la Quarta Sezione Penale ha applicato le norme contenute nella Legge Balduzzi così come interpretate dalla giurisprudenza di legittimità, per confermare la sentenza questa volta assolutoria ed emessa nei confronti dei sanitari imputati tutti per il reato p. e p. dagli artt. 113 e 589 c.p.
Secondo l’ipotesi accusatoria, invero, il decesso del paziente sarebbe stato l’effetto della condotta dei medici consistita nell’aver omesso per negligenza ed imperizia di effettuare specifici accertamenti diagnostici cardiologici e, conseguentemente, di non aver prescritto adeguata terapia farmacologica per curare lo scompenso cardiaco del quale il paziente era affetto.
Il Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Taranto, invece, aveva ritenuto di prosciogliere alcuni sanitari per non aver commesso il fatto, sul presupposto che gli stessi avessero eseguito solo esami strumentali non rilevanti ai fini dell’apprezzamento della patologia che si assumeva sottovalutata e, ancora, gli altri due perché il fatto non costituisce reato.
E proprio con riferimento a questi ultimi che nel giudizio de quo si è posta la questione sull’applicabilità della Legge Balduzzi che, come è noto, ha dato luogo ad una abolitio criminis parziale degli artt. 589 e 590 c.p. nei confronti dei medici, restringendo l’area del penalmente rilevante – caratterizzata dalla colpa grave – e, in uno, facendo residuare una fattispecie questa volta penalmente irrilevante, caratterizzata dalla colpa lieve.
Il punto centrale della “nuova” colpa medica desumibile dal tenore dell’art. 3 della legge 189 del 2012 (secondo il quale “l’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve”) è rappresentato dalle linee guida e dalle best practices, il cui rispetto da parte del sanitario appare precludere al giudice di addivenire ad un giudizio di responsabilità penale di questi.
Rileva la Corte, infatti, ricordando i principi della nota sentenza Pagano del 24.01.2013, che “potrebbe pur sempre essere riconosciuta la responsabilità penale del medico per omicidio e lesioni personali che si sia attenuto ad esse, ma ciò solo allorché invece avrebbe dovuto discostarsene in ragione della peculiare situazione clinica del malato e questo non abbia fatto per “colpa grave”, quando cioè la necessità di discostarsi dalle linee guida era macroscopica, immediatamente riconoscibile da qualunque altro sanitario al posto dell’imputato. E’ noto che per aversi colpa grave occorre che il medico si sia altamente discostato dallo standard di agire dell’ “agente modello”, avendo attenzione alle peculiarità oggettive e soggettive del caso concreto. Così, sotto il primo profilo, non si potrà mancare di valutare la complessità, l’oscurità del quadro patologico, la difficoltà di cogliere e legare le informazioni cliniche, il grado di atipicità o novità della situazione data […]. Così, sotto il profilo “soggettivo”, per determinare la misura del rimprovero, bisognerà considerare le specifiche condizioni dell’agente, cosicché, sulla base del principio secondo cui tanto più è adeguato il soggetto all’osservanza della regola tanto maggiore deve ritenersi il grado della colpa[…]”.
In definitiva, conclude il Giudice di legittimità, si può “configurare la “colpa grave” nel caso dell’errore inescusabile, che trova origine o nella mancata applicazione delle cognizioni generali e fondamentali attinenti alla professione o nel difetto di quel minimo di abilità e perizia tecnica nell’uso dei mezzi manuali o strumentali adoperati nell’atto operatorio e che il medico deve essere sicuro di poter gestire correttamente o, infine, nella mancanza di prudenza o di diligenza, che non devono mai difettare in chi esercita la professione sanitaria”.
Nel solco della giurisprudenza formatasi sulla Legge Balduzzi, dunque, e ritenendo congruamente motivata la sentenza impugnata in merito all’esclusione della colpa grave dei sanitari, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso delle parti civili con conseguente loro condanna al pagamento delle spese.