Calciopoli: depositate le motivazioni della Corte di Cassazione – Cass. Pen. 36350/2015
Cassazione Penale, Sez. III, 9 settembre 2015 (ud. 23 marzo 2015), n. 36350
Presidente Fiale, Relatore Grillo
Segnaliamo il deposito delle oltre 150 pagine di motivazioni della sentenza resa dalla Corte di Cassazione nel processo noto come Calciopoli.
La Terza Sezione – si legge nell’informazione provvisoria resa nota dalla Corte di Cassazione – ha definitivamente accertato la esistenza di una associazione per delinquere, strutturata sull’intero territorio nazionale, composta da dirigenti di un’importante società di calcio, da soggetti (di vertice e non) del settore arbitrale e della Federazione Italiana Giuoco Calcio, e finalizzata alla commissione sistematica di frodi sportive consistite nel condizionamento delle gare del campionato di calcio 2004 – 2005 e, più in generale, nell’alterazione dei risultati sportivi attraverso il controllo dei vertici della FIGC e degli arbitri.
«Un vero e proprio mondo sommerso – si legge nella sentenza – la cui carica intrinseca di offensività degli interessi ‘ultra individuali’ è stata particolarmente intensa e tale da sconvolgere l’assetto del sistema calcio, fino a screditarlo in modo inimmaginabile e minarlo nelle sue fondamenta, con ovvie pesantissime ricadute economiche».
Richiamando l’attenzione sulle questioni di diritto affrontate dalla Corte, si segnalano interessanti spunti in tema di reato associativo e frode in competizioni sportive.
Con riferimento alla configurabilità del reato associativo, i giudici hanno ritenuto non meritevoli di accoglimento i motivi di ricorso fondati sulla durata del vincolo (alcune difese aveva sollevato l’estrema limitatezza nel tempo della associazione in quanto – per come emerge dal capo di imputazione – destinata ad operare solo con riferimento alla stagione 2004-2005): ad avviso della Corte, tuttavia, «ai fini della configurabilità del reato associativo, non è necessario che il vincolo si instauri nella prospettiva di una permanenza a tempo indeterminato, ben potendo, al contrario, assumere rilievo forme di partecipazione destinate ab origine ad una durata limitata nel tempo»; così come – prosegue la Corte – «è risaputo che è irrilevante che i delitti programmati non vengano poi, in tutto o in parte, realizzati o vengano commessi solo da alcuni associati».
«Sono certamente presenti nel caso di specie – affermano i giudici – gli elementi sintomatici della stabilità del gruppo di persone e del numero non inferiore a tre e delle finalità illecite perseguite e dell’esistenza di una ben strutturata ed articolata organizzazione idonea al perseguimento degli obbiettivi prefissati».
Altra interessante questione attiene alla configurabilità del reato di frode in competizioni sportive di cui all’art. 1 L. 401/1989 («Chiunque offre o promette denaro o altra utilità o vantaggio a taluno dei partecipanti ad una competizione sportiva organizzata dalle federazioni riconosciute dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), dall’Unione italiana per l’incremento delle razze equine (UNIRE) o da altri enti sportivi riconosciuti dallo Stato e dalle associazioni ad essi aderenti, al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione, ovvero compie altri atti fraudolenti volti al medesimo scopo, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 1.000 a euro 4.000»)
La Corte d’Appello aveva aderito alla tesi del reato di pericolo astratto, giustificando l’esigenza avvertita dal Legislatore di tutelare il bene giuridico della lealtà e correttezza nella attività agonistica (tesi non condivisa dalla difesa Moggi). Trattandosi di delitto di attentato a consumazione anticipata, a forma libera e inscuscettibile di tentativo, la condotta si intende realizzata con il compimento di atti che devono risultare idonei ed univocamente diretti alla alterazione della gara; l’inidoneità di questi atti e la non univocità osterebbero irrimediabilmente ad attribuire rilevanza penale alle condotte.
Due le condotte tipiche delineate dalla norma: «una di tipo specifico rappresentata dall’offerta o promessa di denaro o altra utilità; l’altra, più generica, costituita dal compimento di altri atti fraudolenti (la frode generica). Quanto all’elemento psicologico, l’indicazione di una finalità specifica (raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione) consente di affermare la necessità del dolo specifico».
La Corte si è soffermata sulla seconda ipotesi di frode (generica) prendendo posizione, in particolare, sulla nozione «altri atti fraudolenti volti al medesimo scopo»: si tratta – hanno affermato i giudici – «di un concetto nel quale rientra qualsivoglia condotta diretta ad alterare il contesto del gioco che si manifesta, necessariamente, prima della gara, per influire in qualche modo su di essa. E’ fraudolento l’atto – scrive la Corte – quando tenda ad influire sui meccanismi stessi attraverso i quali la gara si organizza e si disciplina, attentando ad essa con l’inserimento di fattori che, anche solo potenzialmente, possono incidere sul risultato».