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Omicidio stradale e dolo eventuale: la Cassazione fissa i parametri – Cass. Pen. 37606/2015

Cassazione Penale, Sez. I, 16 settembre 2015 (ud. 26 marzo 2015) n. 37606
Presidente Giordano, Relatore Bonito

In materia di sinistri stradali con esito mortale la Corte di Cassazione, prima Sezione Penale, con sentenza n. 37606 depositata il 16 settembre 2015 ha operato un cambio di rotta, stabilendo che il dolo eventuale può essere applicato anche in caso di incidente stradale.

Questa in sintesi la vicenda: un uomo alla guida sotto effetto di alcol e droga stava fuggendo per sottrarsi ad un controllo della polizia. Durante la fuga ha provocato un incidente investendo un pedone che stava attraversando la strada cagionandone la morte. Il conducente del veicolo, pur essendosi accorto che, proseguendo in quella determinata traiettoria avrebbe investito un pedone che stava passando di lì, non aveva non cambiato direzione rispetto a quella necessaria per la fuga.L’imputato veniva condannato per omicidio volontario sorretto da dolo eventuale.

Come è noto, il confine tra dolo eventuale e colpa cosciente è stato individuato nell’atteggiamento psicologico dell’agente che, nel primo caso, accetta il rischio che si realizzi un evento diverso non voluto, nel secondo respinge il rischio, confidando nella propria capacità di controllare l’azione. Il dolo eventuale ricorre quando l’agente si sia chiaramente rappresentato la significativa possibilità di verificazione dell’evento concreto e ciononostante, dopo aver considerato il fine perseguito e l’eventuale prezzo da pagare, si sia determinato ad agire comunque anche a costo di causare l’evento lesivo, aderendo ad esso, per il caso in cui si verifichi” (Cass. pen., Sez. Un., 18 settembre 2014, n. 33343).

Nella sentenza in commento, la Suprema Corte ha statuito che “nel caso degli incidenti stradali mortali, il punto sta nel dimostrare che il conducente che li ha causati abbia consapevolmente accettato il rischio di uccidere qualcuno in conseguenza della sua guida sconsiderata”.

Ed infatti, secondo la Suprema Corte, la condotta dell’imputato non poteva che ritenersi notevolmente difforme da quella imposta dal Codice della strada per i veicoli marcianti in centro abitato, in quanto la velocità del mezzo era notevolmente superiore a quella consentita e vi era una replica delle violazioni alle regole stradali. Senza considerare che il conducente, una volta investito il pedone, avesse tentato nuovamente la fuga senza preoccuparsi delle sorti della vittima.

Per esserci dolo eventuale – sottolinea la Corte – occorre la rigorosa dimostrazione che il responsabile dell’incidente si sia confrontato con la possibilità di causare la morte di qualcuno, accettandone il rischio.

Questa dimostrazione si raggiunge anche indirettamente, valutando la personalità e la storia dell’imputato, la durata e la ripetizione dell’azione, la sua finalità, il comportamento successivo, la probabilità che l’evento si verifichi in base alla condotta tenuta, le conseguenze dell’evento anche sull’imputato e il contesto dell’azione.