Riforma del falso in bilancio e punibilità dei falsi valutativi
Segnaliamo l’informazione provvisoria resa nota dalla Corte di Cassazione il 13 novembre 2015 in tema di false comunicazioni sociali e cd. falsi valutativi.
La questione esaminata è la seguente: se, a seguito della modifica dell’art. 2621 c.c., introdotta dall’art. 9 della legge 69/2015, anche mediante la soppressione dell’inciso “ancorchè oggetto di valutazioni”, il falso cd. valutativo sia tuttora punibile.
Ricorderanno i lettori che la questione è già stata recentemente affrontata dalla nota sentenza Crespi (vedi l’articolo Falso in bilancio e rilevanza delle valutazioni: depositate le motivazioni della sentenza Crespi 33774/2015) nella quale si è affermato che, a seguito dell’eliminazione dell’inciso «ancorché oggetto di valutazioni» dagli artt. 2621 e 2622 c.c., i segmenti di bancarotta riconducibili ai falsi in bilancio derivanti da valutazioni non devono essere più ricompresi nella fattispecie.
Con la decisione che si segnala, invece, la Corte è giunta ad una diversa conclusione.
Nell’art. 2621 c.c. – si legge nell’informazione provvisoria – «il riferimento ai “fatti materiali” quali possibili oggetti di una falsa rappresentazione della realtà non vale ad escludere la rilevanza penale degli enunciati valutativi, che sono anch’essi predicabili di falsità quando violino criteri di valutazione predeterminati o esibiti in una comunicazione sociale».
«Infatti, quando intervengano in contesti che implicano la accettazione di parametri di valutazione normativamente determinati o, comunque, tecnicamente indiscussi, gli enunciati valutativi sono idonei ad assolvere una funzione informativa e possono dirsi veri o falsi».