L’insider trading e l’insider di se stesso nell’ordinamento del Regno Unito (Tesi di laurea)
Prof. relatore: Filippo Sgubbi
Prof. correlatore: Angelo Carmona
Ateneo: Università degli Studi Luiss
Anno accademico: 2013/2014
“Narra Tito Livio che nell’anno 304 a.C. Cneo Flavio, uno scriba liberto di Appio Claudio, compì un gesto che provocò l’indignazione dei nobili romani: Flavio, infatti, rese pubblici i formulari delle legis actiones, fino a quel momento gelosamente custoditi nei penetrali dei pontefici, ed espose nel foro l’elenco dei dies fasti, i giorni nei quali era consentito agire in giudizio. Nel raccontare l’episodio Livio ne mette in luce l’importanza nel quadro delle lotte fra patrizi e plebei. I detentori del potere ben sapevano che il loro privilegio era basato sulla segretezza e che nulla era più pericoloso, per loro, della pubblicità“.
Come in qualsiasi organizzazione, anche nelle società per azioni rivestire un ruolo strutturale comporta l’accesso privilegiato ad informazioni di natura riservata o non ancora rese pubbliche e la possibilità, al limite della tentazione, di utilizzarle a proprio vantaggio per operazioni speculative a breve termine sui titoli della società stessa, anticipando l’effetto che la sua successiva pubblicità avrà sul mercato.
La frequenza con cui questo fenomeno si verifica e la classificazione di questo privilegio informativo nell’ambito di una asimmetria non più fisiologica, bensì patologica, ha dato origine alla configurazione del reato di insider trading. Per limitare le pratiche di abuso di informazioni privilegiate, la dottrina italiana si è ispirata alle soluzioni già raggiunte in primis dagli Stati Uniti e successivamente dai principali paesi europei, soprattutto la Gran Bretagna, adottando così un approccio comparatistico. Un simile metodo sembra oggi necessario a definire i contorni di una nuova fattispecie criminosa a cui la dottrina ha già dato un nome, ma dai contorni ancora troppo incerti per un’applicazione giurisprudenziale o meglio per una definizione legislativa.
Il c.d. “insider di se stesso” è ancora oggi una figura dai contorni molto incerti e di dubbia legittimazione, sarà il diritto inglese a gettare luce sulla questione. L’attuale modello punitivo italiano si basa sulla violazione di un fiduciary duty intercorrente tra insider e azionisti dell’emittente e sull’illecita modalità di apprendimento dell’informazione (misappropriation theory), prima che sulla sua utilizzazione. Ciò che si cerca di tutelare è il market egalitarianism, ovvero l’uguaglianza della posizione di partenza di tutti gli investitori, un bacino di informazioni determinanti ai fini decisori che sia equivalente.
Reprimere la c.d. criminalità economica è compito difficile soprattutto a causa della scarsa rigorosità di definizione della fattispecie delittuosa, caratteristica fisiologicamente legata alla dinamicità del mercato dei capitali.