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Verso un’efficace amministrazione della giustizia nell’Unione europea. L’ordinamento italiano recepisce sette Decisioni Quadro per il rafforzamento della cooperazione giudiziaria in materia penale.

consiglio dei ministri

A cura di Maria Francesca Cucchiara e Lorenzo Roccatagliata

I drammatici attacchi terroristici che hanno recentemente sconvolto l’Europa e che rischiano di minare alla base l’ideale di uno Spazio di Libertà, Sicurezza e Giustizia, ci inducono a riflettere sulla necessità di sviluppare nuovi e più efficaci meccanismi di cooperazione processuale in materia penale. Un primo passo in questo senso potrebbe consistere nel fare un effettivo impiego degli strumenti già esistenti che, pur con alcuni limiti, agevolano la collaborazione tra le autorità giudiziarie e di polizia degli Stati membri.

In questa direzione sembrano porsi alcuni recenti provvedimenti normativi adottati dal legislatore italiano. Nel marzo scorso sono infatti entrati in vigore, a seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ben 7 decreti legislativi con i quali l’Italia ha recepito, pur con grande ritardo, alcune importanti Decisioni Quadro nel settore della cooperazione giudiziaria in materia penale. Si tratta di atti adottati prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, nell’ambito dell’ex Terzo Pilastro dell’Unione europea, e che avrebbero dovuto essere recepiti da diversi anni (da più di un decennio, in alcuni casi). Il recepimento, imposto dalla Legge di delegazione europea 2014 (L. 9.07.2015, n. 114, art. 18), è dunque quanto mai opportuno, non solo perché mette il nostro ordinamento al passo con gli altri Stati UE che già avevano provveduto alla trasposizione delle Decisioni Quadro, ma anche perché pone l’Italia al riparo dal rischio di incorrere nella procedura di infrazione.

Senz’altro, dal punto di vista contenutistico, le citate Decisioni Quadro risentono del meccanismo legislativo che caratterizzava l’ex Terzo Pilastro. Infatti, si tratta di atti del Consiglio UE, organo rappresentativo degli interessi nazionali, che in questa materia godeva di un potere decisionale esclusivo, deliberando all’unanimità. Tale regola di voto ha inevitabilmente condotto a soluzioni di compromesso, necessarie per mettere d’accordo tutti gli Stati membri, mentre il coinvolgimento del Parlamento europeo, spesso portatore di istanze garantiste, era in questo settore estremamente circoscritto.

Nonostante questi limiti, le misure recepite con i provvedimenti di seguito commentati costituiscono indubbiamente un passo avanti nella direzione di una più efficiente amministrazione della giustizia nell’Unione, facilitando la cooperazione tra le autorità giudiziarie e di polizia nel corso della fase investigativa, la circolazione e lo scambio di prove tra Stati membri, nonché l’esecuzione dei provvedimenti cautelari e delle decisioni giudiziarie.

Come noto, la competenza della Corte di Giustizia con riferimento agli atti dell’ex Terzo Pilastro è stata, fin dal Trattato di Maastricht, soggetta a diversi limiti e a regole specifiche. In particolare, non era prevista la possibilità per la Commissione europea di intraprendere la procedura di infrazione in caso di mancato o erroneo recepimento di tali atti da parte degli Stati membri. Con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona (nel 2009) le materie in passato collocate all’interno del Terzo Pilastro sono state sottoposte a una disciplina transitoria che ha prorogato per 5 anni tali limiti alle attribuzioni della Corte di Giustizia e della Commissione europea (Protocollo n. 36). Venuto meno, il 1 dicembre 2014, il regime transitorio previsto dal Trattato di Lisbona, si è quindi aperta la possibilità per la Commissione di esperire una procedura di infrazione nei confronti degli Stati membri inadempienti anche con riferimento a tali atti.