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In tema di rimessione del processo ex art. 45 c.p.p. – Cass. Pen. 17170/2016

Cassazione

Cassazione Penale, Sez. VI, 26 aprile 2016 (ud. 1 marzo 2016), n. 17170
Presidente Ippolito, Relatore De Amicis

Pubblicate le motivazioni della sentenza con cui la Corte di Cassazione, lo scorso marzo, si è pronunciata sulla richiesta di rimessione del processo presentata dall’ex questore di Genova durante il G8 del 2001, attualmente imputato dinanzi alla Corte d’appello di Genova per il delitto di cui all’art. 372 cod. pen. (falsa testimonianza) in sede di rinvio a seguito dell’annullamento disposto dalla Suprema Corte di Cassazione nel novembre 2014.

L’imputato ha infatti presentato, ex art. 46 c.p.p., istanza di rimessione del processo per la sussistenza di «una situazione locale condizionata da un’attenzione mediatica che ha determinato la mancanza di imparzialità dell’organo giudicante».

La Cassazione ha ritenuto la richiesta di rimessione inammissibile per manifesta infondatezza.

«La Corte costituzionale – si legge nella sentenza – ha posto in luce il carattere “eccezionale” dell’istituto rimessorio, quale presidio di garanzia della serenità e imparzialità del giudizio e, in ultima analisi, dello stesso valore del “giusto processo”, sottolineando che i “turbamenti” nel luogo in cui esso si celebra, sia che attengano all’ordine pubblico processuale che alla serenità del giudice, possono essere ricondotti unicamente ad “elementi esterni” al processoElementi che, secondo la giurisprudenza di legittimità, più che incidere direttamente sui valori di imparzialità e terzietà del giudice investito della cognizione della regiudicanda, debbono radicare un “sospetto di condizionamento riguardante non il singolo giudice, ma l’intero ufficio giudiziario”».

L’art. 45 c.p.p. – prosegue la Corte – «richiede la presenza di uno stretto e diretto collegamento causale tra le su indicate situazioni territoriali, estranee alla dinamica del procedimento, e il pregiudizio lamentato quale fonte di inquinamento processuale, la cui oggettiva riconoscibilità, in quanto tale, si colloca nella fattispecie rimessoria come un necessario post factum rispetto all’emergere di una “grave” situazione locale. E’ solo la presenza – nel caso in esame non dimostrata – di una grave situazione inquinante, radicata nel territorio al di fuori del quadro processuale, a proiettare gli effetti della propria influenza perturbatrice all’interno del processo».

La Corte si è anche pronunciata su una richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia U.E. circa l’interpretazione dell’art. 47, parr. 1 e 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea in merito ai requisiti di effettività del ricorso e di imparzialità del giudizio.

L’art. 47 (Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale) prevede, nel suo primo paragrafo, che «ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo».

Nel secondo paragrafo si afferma che «ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare».

Dalle spiegazioni relative all’art. 47 – si legge nella pronuncia – «si evince che il comma 1 di tale disposizione si basa sull’art. 13 CEDU e che il secondo comma corrisponde all’art. 6, par. 1, CEDU, così garantendo, anche nell’ordinamento dell’Unione, il medesimo contenuto della tutela prevista a livello convenzionale, con il logico corollario che unicamente a tali disposizioni normative occorre fare riferimento, alla luce dei su criteri interpretativi delineati nella giurisprudenza della Corte EDU».

E’ agevole rilevare – conclude la sentenza – «come, all’interno della stessa prospettiva ermeneutica tracciata da questa Suprema Corte, ben si collochi il portato dell’elaborazione giurisprudenziale della Corte Europea dei diritti dell’uomo, che in tema di garanzie di imparzialità del giudice ha enunciato, in termini del tutto analoghi, il principio secondo cui i timori sulla mancanza di indipendenza e di imparzialità dei giudici nazionali che si basano unicamente sul contenuto delle decisioni giudiziarie pronunciate contro un ricorrente o sulle semplici circostanze che un giudice interno abbia commesso errori di fatto o di diritto e che la sua decisione sia stata annullata da una istanza superiore non possono essere considerati obiettivamente giustificati» (Corte EDU, 08/12/2009, Previti c. Italia, 258).

Redazione Giurisprudenza Penale

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