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Calcioscommesse: la sentenza di assoluzione nei confronti di Antonio Conte

tribunale cremona

Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale di Cremona, 16 maggio 2016
Dott. Pierpaolo Beluzzi

Segnaliamo le motivazioni della sentenza con cui il GUP del Tribunale di Cremona, all’esito del giudizio abbreviato, ha pronunciato sentenza di assoluzione, con la formula «per non aver commesso il fatto», nei confronti dell’allenatore della Nazionale Antonio Conte per il reato di frode sportiva.

In punto di diritto, secondo la ricostruzione del pubblico ministero, il reato contestato agli imputati si sarebbe consumato nel momento dell’offerta dell’accordo-combine accettato dalla controparte, o comunque non rifiutato. Secondo lo schema tipico dei reati a “formazione progressiva”, da un primo accordo concluso in occasione della partita di andata tra le due squadre (che rappresenterebbe il momento di consumazione del reato), si sarebbe passati a successivi momenti di “integrazione della condotta criminosa” rappresentati, nel caso concreto, da una riunione tecnica pre-partita a da un successivo incontro avvenuto nel parcheggio dell’albergo che ospitava la squadra toscana.

A fronte della ricostruzione accusatoria, non sono tuttavia emersi – si legge in sentenza – «elementi per ritenere che sia Conte che Alessio fossero a conoscenza di operazioni di “scommesse” collegate al risultato concordato della partita Albinoleffe-Siena, né tanto meno di “corruzioni” (promesse e/o dazioni di denaro) a qualche giocatore coinvolto».

Da quanto emerso, «non è possibile ritenere che Conte e Alessio avessero “aderito” all’accordo criminoso, apportandovi un proprio concreto contributo causale: è unicamente, stando alle dichiarazioni di Carobbio e Coppola, un atteggiamento “connivente”, ovvero di sostanziale indifferenza (“laissez-faire”) sull’esito sportivo del singolo evento». Ne consegue – prosegue il giudice –  che «il “benestare” ipotizzato dal Pm non può che tradursi, in questa sede, in un atteggiamento di mera “connivenza” o al più in un’azione “omissiva”, individuabile in quel mancato intervento di richiamo ai “doveri” relativi al corretto comportamento sportivo».

Passando ad un’eventuale responsabilità omissiva, per ciò che riguarda le posizioni di garanzia dei due imputati, il Pubblico Ministero aveva individuato le condotte che l’allenatore Conte e il suo vice Alessio avrebbero dovuto porre in essere: i) denunciare l’ipotesi di “combine” alla Procura Federale e alla Autorità Giudiziaria (in quanto reato già “consumato”); ii) estromettere dalla formazione i giocatori che intendevano alterare l’esito della partita.

Quanto alla prima – osserva il Giudice –  «è facile osservare trattarsi di una condotta per “omessa denuncia” che “esula” dal contesto di cui all’art. 40 cpv c.p. Se l’illecito di omessa denuncia è certamente sanzionato da una espressa previsione in sede di Giustizia Sportiva (entrambi gli imputati hanno definito la propria posizione in quella sede) non può dirsi che sia possibile ravvisare una analoga specifica condotta sanzionata – anche – in sede penale».

E’ pacifico – si legge in sentenza – «che l’omessa denuncia presupponga un mancato concorso nel reato del quale si è venuti a conoscenza, e che il principio di tipicità imponga di limitare le condotte sanzionate penalmente per “omessa denuncia” esclusivamente ai casi previsti dalla legge – che per quanto qui interessa, non possono che essere quelli di cui all’art. 361, 362 e 364 cp. Ebbene non ricoprendo l’allenatore di una squadra di calcio professionista il ruolo di pubblico ufficiale né quello di incaricato di pubblico servizio rimarrebbero i soli casi di cui all’art. 364 cp, che certamente come tipologia di reato non contemplano quelli di cui all’art. 1 legge 401/89. Ne consegue, in maniera evidente, che l’allenatore e tanto meno il vice allenatore di una squadra di calcio, che non ricoprono anche un ruolo di “organo” di disciplina, non sono “obbligati” alla comunicazione dell’eventuale notizia di reato di una “frode sportiva” all’Autorità Giudiziaria».

Quanto alla seconda, se da un lato «si concorda effettivamente con il Pubblico Ministero che l’allenatore, in relazione allo specifico ruolo assunto, e alla tutela contrattuale e ordinamentale sportiva dedicata, avesse certamente l’effettivo potere di escludere quei giocatori che avessero palesato il raggiunto accordo di “combine” », dall’altro, occorrerebbe dimostrare «a) che Conte sapesse effettivamente dell’accordo; b) che Conte sapesse quali giocatori partecipassero a tale accordo;  c) che Conte fosse nella materiale possibilità di sostituire tali giocatori con altri non coinvolti»; aspetti, questi, in relazione ai quali il Giudice non ha ritenuto raggiunta la prova.

Infine, in relazione ai tre passaggi progressivi descritti dal pm – afferma il Giudice – «vi è prova certa solo dell’incontro presso il Park Hotel tra alcuni giocatori del Siena e dell’Albinoleffe; non vi è invece prova che dopo questo incontro, utilizzato per definire le modalità della sconfitta, Conte e Alessio avessero avuto aggiornamenti, nè quali giocatori avessero deciso di aderire effettivamente all’ipotesi di combine».

Alla luce di quanto detto, il Giudice ha assolto i due imputati per non aver commesso il fatto.

Redazione Giurisprudenza Penale

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