ARTICOLICONTRIBUTIDIRITTO PENALEParte speciale

Sulla natura sessuale del bacio sulla guancia

in Giurisprudenza Penale Web, 2016, 6 – ISSN 2499-846X

20160327_122922

Cassazione penale, sez. III, 5 maggio 2016 (ud. 19 novembre 2015), n. 18679
Presidente Amoresano, Relatore Aceto, P.G. Gaeta

Massima

Il semplice bacio sulla guancia non assume ex se una fisionomia ed un significato sociale idonei a sussumerlo nella nozione di “atto sessuale” rilevante ai fini della configurazione del delitto di violenza sessuale, p. e p. dall’art. 609 bis cod. pen., in quanto non aggressivo della libertà di autodeterminazione della vittima in ordine ai comportamenti da tenere ad esplicazione della propria corporeità sessuale e con riguardo al soggetto col quale compierli. La condotta descritta può tuttavia essere qualificata nei termini di un atto sessuale stigmatizzato dall’art. 609 bis cit., nel caso in cui costituisca un tentativo di raggiungere la bocca, così come nell’ipotesi in cui risulti qualificata da ulteriori fattori coartanti in concreto aggressivi della sfera sessuale della vittima. In disparte le ipotesi citate, il bacio sulla guancia dato alla vittima in assenza di un suo consenso – e tale è pure il caso del bacio sulla guancia c.d. “repentino” – va punito applicando la norma sulla violenza privata, art. 610 c.p. [Massima redazionale]

Il Commento

Con la sentenza che qui si annota, il Giudice della nomofilachia si esprime sulla valenza sessuale del bacio sulla guancia (nel caso di specie, realizzato con modalità repentine), calando la tematica in un più ampio compendio di principi di diritto attinenti all’analisi del bene giuridico tutelato dall’art. 609 bis c.p., alla morfologia dell’atto sessuale quale elemento costitutivo del reato de quo (transitando per una esemplificazione degli atti dagli inequivoci risvolti sessuali), alla rilevanza del contesto sociale e culturale in cui la condotta del reo va ad inserirsi.

Nel caso di specie, l’imputato veniva condannato alla pena ritenuta di giustizia per il delitto di violenza sessuale, per aver reiteratamente tentato di baciare sulla guancia una ragazza quindicenne all’uscita da scuola, alcune volte riuscendovi (molteplici violazioni unificate dal vincolo della continuazione).

Sul piano dogmatico, dapprima la terza Sezione individua nella norma incriminatrice, art. 609 bis c.p., lo strumento giuridico mediante il quale il sistema penale tutela la libertà sessuale, i.e. la facoltà di ciascuno di porre in essere atti sessuali «in autonomia e libertà, contro ogni possibile condizionamento, fisico o morale, e contro ogni non consentita e non voluta intrusione nella propria sfera intima, anche se attuata con l’inganno», inquadrando costituzionalmente la sacralità di tale interesse, assoluto ed incondizionato, negli artt. 2 e 3 Cost.

Individuato l’oggetto giuridico della tutela legislativa, la Corte analizza la nozione di “atto sessuale”, enucleandone una ontologia prettamente oggettiva e prendendo le distanze da quegli orientamenti giurisprudenziali inclini ad inserire surrettiziamente, tra gli elementi strutturali della condotta sessuale, un (non richiesto) dolo specifico dell’agente, il quale miri a soddisfare la propria concupiscenza erotica. Infatti, si legge in sentenza, è necessario che l’interprete si confronti con l’analisi obbiettiva della nozione di atto sessuale, atteso che il vaglio di uno specifico movente quale parte del coefficiente psichico dell’autore «sposterebbe il disvalore della condotta incriminata dalla persona che subisce la limitazione della libertà sessuale a chi la viola». Pertanto, nello studio dell’elemento soggettivo innestatosi sull’esecuzione delittuosa, andrà attribuita esclusiva pregnanza alla consapevolezza, in capo all’agente, della valenza obbiettivamente sessuale dell’atto che la vittima sia stata costretta/indotta a subire/compiere, vale a dire della sua idoneità «a incarnare il piacere sessuale o a suscitarne lo stimolo».

Specificano i supremi Giudici che la sessualità dell’atto va analizzata col ricorso alla scienza medica, altresì invididuando il comune sentire della collettività di riferimento in un certo momento storico ed infine calando la specifica condotta nel «particolare contesto in cui si inserisce», tenendo in debito conto le trame interrelazionali sussistenti tra i soggetti coinvolti nell’azione.

L’attuazione combinata dei suddetti criteri restituisce una connotazione certamente sessuale di atti quali «la masturbazione, il petting, i rapporti orali, vaginali, anali», nonché di ogni condotta coinvolgente «i genitali, i glutei ed il seno», il cui «volontario toccamento esprime […] la natura sessuale del gesto, sicché, indipendentemente dalle intenzioni del suo autore […], quando ciò avvenga senza il consenso di chi lo subisce o con l’inganno, viola il diritto dell’individuo di scegliere liberamente la persona con cui condividere questa parte di sé ed integra il delitto di cui all’art. 609-bis cod. pen.».

E tuttavia, argomenta la Cassazione, il criterio del significato sociale della condotta deve all’occorrenza essere integrato dalla valorizzazione del contesto in cui l’azione si svolge e dei rapporti che legano i soggetti coinvolti, onde evitare «improprie dilatazioni dell’ambito di operatività della fattispecie penale contrarie alle condizioni di sviluppo sociale e culturale nel quale l’atto si colloca».

Può in definitiva argomentarsi nel senso che il percorso ermeneutico del giudicante debba snodarsi dapprima mediante una lettura oggettiva dell’atto alla stregua dei canoni scientifici e sociologici, e in seguito, in via subordinata ed integrativa laddove la prima fase esegetica riveli zone d’ombra a causa di una persistente ambiguità, per il tramite di una congrua analisi del contesto di riferimento e degli eventuali rapporti tra agente e soggetto passivo.

Applicando i suddetti canoni ermeneutici, i Giudici di legittimità puntano la lente di ingrandimento sulla condotta consistita nel semplice bacio sulla guancia, valutata dal Giudice di prime cure e dalla Corte Territoriale come integrante l’azione vietata dall’art. 609 bis del codice penale. Il Collegio premette che il bacio sulla guancia non ha una valenza sessuale immediatamente percepibile, proprio alla luce del significato sociale ad esso attribuibile, peraltro plurivoco: tale tipologia di bacio è utilizzato a livello sociale come gesto d’affetto o come forma di saluto.

Giova dunque applicare, secondo i supremi Giudici, il criterio “contestuale” come precedentemente identificato, in base al quale la sessualità dell’atto va evinta dalla sapiente lettura in filigrana delle circostanze fattuali e del tipo di relazione intersoggettiva sussistente tra le persone coinvolte nell’azione (eventualmente) delittuosa. Non v’è dubbio allora che il bacio sulla guancia può assumere una connotazione sessuale che funga da presupposto per l’esplicazione della pretesa punitiva, in casi “complessi” quali, a titolo puramente esemplificativo: a) il tentativo di bacio sulla bocca che culmini fortuitamente sul viso; b) il bacio sulla guancia cui vengano abbinate lusinghe, apprezzamenti, richieste sessuali e/o ulteriori condotte dal contenuto latamente coartante, come ad esempio il trattenere la vittima prendendola per i fianchi.

Al di fuori di ipotesi di tal fatta, il semplice bacio sulla guancia assume un significato sociale non sessualmente rilevante, non interferendo in alcun modo con l’intimità della vittima e con la libertà di autodeterminazione attinente al diritto fondamentale de quo. Quanto appena detto, pur non contribuendo a qualificare il bacio sulla guancia – cui la vittima non abbia acconsentito – come reato sessuale, non elide la penale rilevanza della condotta, la quale ha ad ogni buon conto assunto i tratti della “violenza”, meritando la sussunzione in una norma incriminatrice difforme, quale è l’art. 610 c.p. (violenza privata). Si badi, la terza Sezione ha fatto uso, nel caso di specie, della teoria, particolarmente accreditata (e tuttavia osteggiata da una parte della dottrina), secondo cui la repentinità dell’ingerenza nell’altrui sfera corporale va valutata come violenta, in quanto tale carattere è posseduto  da ogni condotta materiale rivolta verso il soggetto passivo e che non sia oggetto di implicita o espressa autorizzazione. L’atto repentino infatti, pur non superando le altrui resistenze, si svolge secondo tempistiche che non consentono, a chi subisce la condotta, di rendersi conto del fatto incombente e di autodeterminarsi rispetto ad esso. Pertanto, secondo l’impostazione suffragata dalla pronunzia in questione, trattasi di atto “violento” in quanto compiuto in assenza di un valido consenso.

Come citare il contributo in una bibliografia:
F. Lombardi, Sulla natura sessuale del bacio sulla guancia, in Giurisprudenza Penale Web, 2016, 6