Al via il processo a carico di Ahmad Al Faqi Al Mahdi per la distruzione dei mausolei di Timbuctu
Ha preso il via all’Aja, davanti alla Corte Penale Internazionale, il processo a carico di Ahmad Al Faqi Al Mahdi per la distruzione di monumenti di carattere storico e religioso avvenuti nella città di Timbuctu, in Mali, nel 2012 (la vicenda è stata già oggetto di approfondimento su questa Rivista: v. l’articolo di V. Rainò, La distruzione del patrimonio culturale e religioso come crimine di guerra. La Corte Penale Internazionale conferma l’imputazione a carico di Ahmad Al Faqi Al Mahdi, nel fascicolo 2016/4, cui si rinvia per approfondimenti).
Si tratta del primo storico processo nel quale la distruzione del patrimonio artistico e culturale viene qualificato come crimine di guerra: i mausolei distrutti erano considerati una significativa parte del patrimonio culturale di Timbuctu – si legge nell’informazione resa nota dalla Corte Penale Internazionale – e non costituivano obiettivi militari. Sono stati specificamente individuati proprio in considerazione del loro carattere religioso e storico e, come conseguenza dell’attacco, sono stati completamente distrutti o gravemente danneggiati.
«Dirigere intenzionalmente un attacco contro monumenti storici ed edifici dedicati al culto costituisce un crimine di guerra», ha affermato il Procuratore che sostiene l’accusa. «Come sappiamo, questa è la prima volta che la Corte penale internazionale giudica una persona accusata per tali atti e per tali crimini: il processo di oggi è un processo storico»
«Ed è tanto più storico – ha proseguito il Procuratore della Corte Penale Internazionale – in considerazione della rabbia distruttiva che segna il nostro tempo, nel quale il patrimonio comune dell’umanità è soggetto a ripetute e programmate devastazioni da parte di individui e gruppi il cui unico obiettivo è quello di sradicare ogni rappresentazione di un mondo che è diverso da loro, attraverso la distruzione delle manifestazioni fisiche che rappresentano il cuore delle comunità».
«Ciò che rende questo crimine così grave è il fatto che si tratta di un profondo attacco all’identità, alla memoria e, quindi, al futuro di intere popolazioni. Si tratta di un crimine contro ciò che costituisce la ricchezza di intere comunità, ed è dunque un crimine che ci impoverisce tutti e danneggia i valori universali che siamo tenuti a tutelare»
Nel corso della prima udienza l’imputato si è dichiarato colpevole (clicca qui per accedere al video dell’udienza) dichiarando di provare grande dolore per i fatti commessi e chiedendo perdono alla popolazione del Mali e alla comunità internazionale.