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Assoluzione in primo grado: il giudice non può riformare la sentenza senza rinnovare l’esame dei testimoni decisivi

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Cassazione Penale, Sezioni Unite, 6 luglio 2016 (ud. 28 aprile 2016), n. 27620
Presidente Canzio, Relatore Conti

Con la sentenza in oggetto, le Sezioni Unite si sono pronunciate sulla questione relativa alla possibilità per il giudice di appello di “ribaltare” la pronuncia assolutoria di primo grado esclusivamente sulla base di una diversa valutazione di attendibilità delle dichiarazioni dei testimoni (e dunque senza aver proceduto ad una nuova escussione degli stessi).

Questo il quesito che era stato rimesso alle Sezioni Unite: «se sia rilevabile d’ufficio in sede di giudizio di cassazione la questione relativa alla violazione dell’art. 6 CEDU per avere il giudice d’appello riformato la sentenza assolutoria di primo grado affermando la responsabilità penale dell’imputato esclusivamente sulla base di una diversa valutazione di attendibilità delle dichiarazioni di testimoni senza procedere a nuova escussione degli stessi».

Risolvendo il contrasto giurisprudenziale insorto sul punto, le Sezioni Unite hanno affermato i seguenti principi di diritto:

– «la previsione contenuta nell’art. 6, par. 3, lett. d), della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, relativa al diritto dell’imputato di esaminare o fare esaminare i testimoni a carico e ottenere la convocazione e l’esame dei testimoni a discarico, come definito dalla giurisprudenza consolidata della Corte EDU, la quale costituisce parametro interpretativo delle norme processuali interne, implica che, nel caso di appello del pubblico ministero avverso una sentenza assolutoria, fondata sulla valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, il giudice di appello non può riformare la sentenza impugnata nel senso dell’affermazione della responsabilità penale dell’imputato, senza avere proceduto, anche d’ufficio, a norma dell’art. 603, comma 3, cod. proc. pen., a rinnovare l’istruzione dibattimentale attraverso l’esame dei soggetti che abbiano reso dichiarazioni sui fatti del processo ritenute decisive ai fini del giudizio assolutorio di primo grado»;

– «l’affermazione di responsabilità dell’imputato pronunciata dal giudice di appello su impugnazione del pubblico ministero, in riforma di una sentenza assolutoria fondata sulla valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, delle quali non sia stata disposta la rinnovazione a norma dell’art. 603, comma 3, cod. proc. pen., integra di per sé un vizio di motivazione della sentenza di appello, ex art. 606, comma 1, lett. e), per mancato rispetto del canone di giudizio ‘al di là di ogni ragionevole dubbio’ di cui all’art. 533, comma 1. In tal caso, al di fuori dei casi di inammissibilità del ricorso, qualora il ricorrente abbia impugnato la sentenza di appello censurando la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, pur senza fare specifico riferimento al principio contenuto nell’art. 6, par. 3, lett. d), della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, la Corte di cassazione deve annullare con rinvio la sentenza impugnata».

Redazione Giurisprudenza Penale

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