Reiterazione di violenze sessuali ai danni di più soggetti minori e minor gravità del fatto ex art. 609-bis co. 3 c.p.
in Giurisprudenza Penale Web, 2016, 9 – ISSN 2499-846X
Cassazione penale, Sez. III, 20 giugno 2016 (ud. 22 settembre 2015), n. 25434
Presidente Squassoni, Relatore Gentili
Con la sentenza qui oggetto di annotazione, i Giudici di legittimità si pronunciano su una questione particolarmente delicata, che attiene alla riconoscibilità dell’attenuante della minor gravità di cui all’art. 609-bis co. 3 c.p. al caso in cui il soggetto agente abbia realizzato una continuazione di violenze sessuali ai danni di soggetti passivi sempre diversi, di età compresa tra i 13 ed i 14 anni, e lo abbia fatto con abuso di autorità (nella specie, si tratta di un insegnante) nel contesto spaziale dell’edificio scolastico.
Sul punto, i giudici di merito avevano escluso l’operatività dell’attenuante in questione, proprio alla luce dei tre elementi poc’anzi segnalati: a) la reiterazione delle condotte; b) l’età delle vittime; c) il luogo in cui le suddette condotte avevano trovato sbocco.
Invero, l’enucleazione degli spazi operativi dell’attenuante ex art. 609 bis co. 3 c.p. costituisce un’attività ermeneutica che, per la particolare natura del bene giuridico protetto dalla norma, spesso divide la giurisprudenza di merito e quella di legittimità, caratterizzandosi, la prima, per un approccio tendenzialmente restrittivo e pertanto maggiormente in linea con le istanze sociali, la seconda per una interpretazione di maggior rigore tecnico e scevra da commistioni a connotazione moraleggiante.
Sussistono ipotesi fattuali il cui solo accostamento alla locuzione “fatto meno grave” ripugna alla coscienza sociale: si rammenti la pronuncia n. 39445/2014 [1], con la quale veniva risolta in senso affermativo la compatibilità tra lo stupro mediante rapporto sessuale completo e l’attenuante della minor gravità. Il caso di cui alla sentenza n. 25434/2016, oggetto di annotazione in questa sede, si colloca sulla medesima scia tematica, attesa l’idoneità di fatti di violenza sessuale reiterati – nonché compiuti da un insegnante sulle proprie studentesse – a provocare il più intenso sentimento di biasimo in una persona di ordinaria moralità, difficilmente conciliabile con qualsivoglia trattamento di favore nei confronti del reo.
E tuttavia quelle stesse istanze sociali, solidamente appigliate alla sensibilità etica dominante, si trovano con una certa regolarità a dover fare i conti col diritto positivo, con l’astrattezza e la vis espansiva della norma giuridica, nonché con la lotta agli automatismi interpretativi e alle esclusioni aprioristiche (che, si badi bene, non deve assolutamente essere fraintesa come se costituisse un avallo dell’automatismo opposto). Così come nel caso in cui veniva dichiarata la compatibilità tra rapporto sessuale completo e attenuante della minor gravità, con la pronuncia in analisi la Corte di cassazione ragionevolmente demolisce l’assunto espresso dai giudici di merito, secondo il quale va automaticamente esclusa l’attenuante in parola a causa della reiterazione di condotte sessualmente rilevanti, del rapporto tra agente e vittime e della peculiarità del luogo di consumazione degli illeciti.
A sostegno del proprio percorso argomentativo, i Giudici di legittimità richiamano i principi consolidati sull’operatività dell’attenuante della minor gravità nell’ambito del delitto di violenza sessuale, la quale può essere riconosciuta «solo all’esito di una valutazione globale del fatto che tenga conto del grado di coartazione esercitato sulla vittima, delle sue condizioni fisiche e mentali, dell’entità della compressione della libertà sessuale e del danno arrecato, anche in termini psichici, al soggetto passivo»[2].
Ciò premesso, viene superato ogni ostacolo giuridico posto dalla pronuncia del giudice d’appello, mediante le riflessioni che seguono:
a) una violenza sessuale reiterata può essere esclusa dal novero degli accadimenti di minore gravità laddove la ripetizione degli episodi delittuosi concerna sempre il medesimo soggetto passivo, in quanto in tal caso l’accanimento nei confronti di una stessa vittima che venga continuamente lesa nella propria libertà sessuale costituisce esso stesso il mezzo in grado di realizzare una profonda compromissione del bene giuridico, come tale immeritevole di minor biasimo da parte dell’ordinamento. Nel caso opposto, in cui l’agente ponga in essere diverse violenze sessuali ai danni di vittime diverse, ogni fatto guadagna singolarità e merita di essere valutato atomisticamente, potendo risultare allora suscettibile di qualificazione in termini di minor gravità;
b) con riferimento alla giovane età delle vittime, che eliderebbe in radice ogni possibilità di riconoscimento dell’attenuante in parola, si replica che l’età di chi subisce il delitto in questione è già stata considerata dal legislatore ai fini dell’applicazione delle aggravanti [3] di cui all’art. 609-ter co. 1, nn. 1 e 5, cod. pen., sicché appare indebito – in quanto costituisce surrettiziamente un ulteriore aggravio sanzionatorio – valutarla una seconda volta onde escludere l’applicazione dell’attenuante di cui all’art. 609-bis co. 3 c.p.;
c) relativamente alla asserita opportunità di paralizzare l’operatività di quest’ultima sulla base del contesto spaziale in cui ha avuto luogo la perpetuazione degli illeciti, la Cassazione dà effettivamente atto di precedenti giurisprudenziali a supporto della tesi negazionista [4], fondati sulla considerazione per cui non può definirsi di lieve entità una violenza sessuale che abbia attinto la vittima all’interno di un luogo – quale è l’edificio scolastico – in cui particolarmente pulsanti appaiono l’esigenza e l’aspettativa di cura e protezione. L’orientamento citato stigmatizza, in altri termini, il “tradimento” patito da chi subisce un delitto, già di per sé frustrante e degradante atteso il bene giuridico violato, in confini geografici che dovrebbero teoricamente rappresentare il fulcro spaziale orientato alla crescita e alla corretta formazione della personalità dell’individuo. Basterebbe allora una siffatta collocazione dell’episodio criminoso a distogliere l’interprete dall’attenuazione della pena per minor gravità. Ciò nonostante, la Terza Sezione ritiene di dover prendere le distanze dall’orientamento precedentemente patrocinato, e ciò fa con la sentenza in commento, ancora una volta sulla base dell’effetto che una tale ricostruzione ermeneutica avrebbe in termini sanzionatori: si statuisce che la perpetrazione dell’illecito all’interno di un edificio scolastico può costituire elemento strutturale del reato ex art. 609 bis cod. pen., sotto il profilo dell’abuso della posizione di autorità. Anche in questo caso, allora, l’esclusione dell’attenuante potrebbe costituire un indebito aggravio della pena, rilevando la relazione insegnante-alunno la prima volta quale componente ontologico dell’incriminazione, e la seconda volta ai fini della esclusione dell’attenuante ex art. 609-bis co. 3 cit.
[1] In questa Rivista, con nota dello scrivente dal titolo Violenza sessuale: rapporto completo e attenuante della minore gravità.
[2] Cfr. Cass. pen., sez. III, 25 settembre 2014, n. 39445, cit.
[3] In tal senso, Cass., pen., sez. IV, 23 gennaio 2015, n. 3284.
[4] Cass. pen., sez. III, 27 luglio 2014, n. 14437.
Come citare il contributo in una bibliografia:
F. Lombardi, Reiterazione di violenze sessuali ai danni di più soggetti minori e minor gravità del fatto ex art. 609-bis co. 3 c.p., in Giurisprudenza Penale Web, 2016, 9