ARTICOLICONTRIBUTIDIRITTO PENALETesi di laurea

La incriminazione dell’associazione di tipo mafioso: profili storici e problematiche interpretative (Tesi di laurea)

Prof. relatore: Salvatore Prosdocimi

Prof. correlatore: Luca Mario Masera

Ateneo: Università degli studi di Brescia

Anno accademico: 2015-2016

Il lavoro si caratterizza per una spiccata multidisciplinarietà in quanto, nel primo capitolo, è presente un approccio di tipo storico volto ad analizzare il fenomeno mafioso nella Sicilia della seconda metà dell’Ottocento; mentre nel secondo e nel terzo capitolo, si analizzano rispettivamente, da un punto di vista prettamente tecnico – giuridico, il reato di associazione di tipo mafioso ex art. 416 bis c.p. ed il concorso eventuale nella medesima fattispecie criminale. Inoltre, non di rado, vengono richiamate teorie di natura sociologica a supporto dei processi argomentativi utilizzati dagli interpreti delle fattispecie in analisi.

Il presente lavoro si pone l’obiettivo di ricercare l’elemento caratterizzante di ogni associazione di tipo mafioso e, una volta trovato, di elevarlo ad una sorta di bussola per l’interprete affinché costui possa districarsi nelle problematiche interpretative della materia.

Un punto in cui dottrina e giurisprudenza hanno dato vita ad una acceso dibattito, ed in cui l’esaltazione dell’elemento organizzativo può dirimere la disputa, è quello relativo alla scelta del modello di partecipazione nel reato associativo mafioso.

I modelli contrapposti sono due. Il primo, il modello causale, secondo il quale è richiesto un contributo del partecipe alla vita del sodalizio; questo contributo consiste in un’attività materiale minima, tra l’altro non necessariamente esecutiva, purché obbiettivamente apprezzabile. Il secondo, il modello organizzatorio, secondo il quale è partecipe colui che, avendo un ruolo ed una funzione sociale, è stabilmente inserito nella struttura organizzativa dell’associazione; un tipo di partecipazione che si può definire organica.

Data la linea interpretativa sostenuta in questo lavoro, è da preferire il modello organizzatorio rispetto a quello causale. L’adozione di un modello partecipativo anziché di un altro, ha inciso sulle teorie che negavano o sostenevano la configurabilità del concorso esterno in associazione mafiosa. Quello del concorso esterno è argomento ove veramente l’elemento organizzativo può assurgere a ruolo di bussola per l’interprete.

Sovente, coloro che negavano l’ammissibilità del concorso esterno, hanno adottano un modello di partecipazione causale secondo cui è partecipe chiunque apporti un contributo rilevante al consolidamento o al rafforzamento del sodalizio mafioso. Una simile impostazione portava ad un dilatazione inverosimile dell’area della punibilità del partecipe, non lasciando alcuno spazio per la punibilità del concorrente esterno. La tesi della non distinguibilità delle condotte dell’intraneo da quelle dell’estraneo all’associazione era il cavallo di battaglia dei “negazionisti” del concorso eventuale.

In questo lavoro sono state affrontate le sentenze della Corte di Cassazione (Sez. Unite) che hanno delineato la configurabilità del concorso eventuale nell’associazione mafiosa. Inoltre, si è trattata anche la recentissima sentenza della Corte Edu sul caso Contrada che ha messo in “crisi” lo “stato dell’arte” raggiunto con la seconda sentenza Mannino 2005.

Ed infine, si è trattato un particolare “modello” di contiguità mafiosa: la contiguità imprenditoriale. La scelta è ricaduta su quest’ultima tipologia in quanto ricca di  molteplici sfaccettature interpretative. Infatti, la decisione del giudice su tali casi quasi sempre oscillerà tra due estremi: l’uno, condannare un imprenditore colluso, l’altro assolvere una vittima della mafia.