ARTICOLICONTRIBUTIDelitti contro il patrimonioDIRITTO PENALEParte speciale

Sulla applicabilità dell’attenuante ex art. 62 n. 4 c.p. al delitto di cessione di sostanze stupefacenti

in Giurisprudenza Penale Web, 2017, 2 – ISSN 2499-846X

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Cassazione Penale, Sez. VI, 8 febbraio 2017 (ud. 24 novembre 2016), n. 5812
Presidente Rotundo, Relatore Mogini

La Massima

La circostanza attenuante del conseguimento di un lucro di speciale tenuità di cui all’art. 62, n. 4, c.p. è applicabile al reato di cessione di sostanze stupefacenti in presenza di un evento dannoso o pericoloso connotato da un ridotto grado di offensività o disvalore sociale, ed è compatibile con la fattispecie del fatto di lieve entità, prevista dall’art. 73, comma quinto, d.P.R. n. 309/1990.

Il Commento

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di legittimità si esprime, in linea con l’orientamento pretorio minoritario, sulla compatibilità del delitto di cessione di stupefacenti con l’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen.: «l’avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale tenuità, ovvero, nei delitti determinati da motivi di lucro, l’avere agito per conseguire o l’avere comunque conseguito un lucro di speciale tenuità, quando anche l’evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità».

Nel proprio ricorso per cassazione, il Procuratore Generale aderiva infatti alla tesi più accreditata e, richiamando cospicua giurisprudenza, prospettava insanabili punti di attrito tra il delitto di cessione di sostanza drogante e l’attenuante innanzi richiamata considerata sotto il profilo dei reati motivati dalla finalità di lucro (i delitti in tema di stupefacenti offendono, com’è noto, beni giuridici diversi dal patrimonio).

2. Tale orientamento negazionista si fonda principalmente su due argomenti.

In primo luogo, si asserisce che, sebbene un delitto in materia di stupefacenti retto da un motivo economicamente rilevante possa in concreto accompagnarsi ad un lucro, perseguito o conseguito, di “speciale tenuità”, non potrebbe comunque ritenersi integrata la seconda condizione avente per oggetto la produzione di un’offesa del medesimo tenore, non solo poiché risultano suo terreno di approdo interessi costituzionalmente rilevanti quali la salute pubblica, l’ordine pubblico e la sicurezza pubblica, ma «dovendosi tra l’altro tener conto non dei soli danni immediati alla salute delle persone, ma anche di quelli non immediati, pur sempre ricollegabili alla diffusione e all’uso di quelle sostanze». Ad una lettura in filigrana, il Collegio pare qui accordare ai delitti di cui al Testo Unico Stupefacenti una offensività “a cascata”, avuto riguardo non solo al bene giuridico della salute pubblica e agli altri beni strumentali precedentemente citati, ma anche agli interessi che potrebbero essere lesi dalle azioni di soggetti che fanno uso di droga, nonché all’esigenza di educare le nuove generazioni alla cultura del benessere psicofisico. Tale offensività “a cascata”, o, se si preferisce, “a raggiera” si esprimerebbe, in altri termini, in una messa a repentaglio di beni giuridici di fatto incontrollabile, la quale non può che assumere una intensità superiore a quella idonea ad integrare la circostanza in parola.

In secondo luogo, si osserva che la ratio dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. si sostanzia nella tenue offensività del fatto (sotto il profilo del ritorno economico e sotto quello dell’offesa proiettata sul bene giuridico di riferimento, di natura non patrimoniale), e ciò rende la norma pienamente sovrapponibile all’art. 73 comma 5 d.P.R. 309/1990, che pure risulta ancorato al medesimo fondamento, “attenuando” la pena nel caso in cui i fatti stigmatizzati dai commi che lo precedono risultino di “lieve entità”.  Pertanto, se la diminuente di cui all’art. 62 n. 4 c.p. potesse trovare applicazione nei riguardi degli illeciti in tema di stupefacenti, si assisterebbe potenzialmente ad una irrazionale duplicazione di benefici, essendo infatti suscettibili di applicazione congiunta l’attenuante codicistica e quella di cui all’art. 73 comma 5 T.u. Stup.

3. La sesta Sezione, con la pronuncia qui annotata, destituisce di fondamento entrambi gli argomenti succitati, mediante le osservazioni che seguono.

Avverso il primo, i Giudici di legittimità osservano che la rilevanza costituzionale di beni giuridici offesi da un reato non può essere invocata per escludere che l’offesa derivante da un illecito possa assumere i connotati della particolare o speciale tenuità, o della lieve entità (peraltro, per consolidata opinione, essendo tutti i reati previsti dal sistema penale offensivi di beni giuridici di rilievo costituzionale, l’esistenza stessa dell’attenuante in parola risulterebbe a questo punto illogica, ndr).

A suffragare queste precisazioni, soccorre non solo l’art. 323 bis c.p., che attenua la pena nel caso in cui specifici delitti ai danni della p.a. siano di “particolare tenuità”, ma altresì lo stesso art. 73 comma 5 cit.: in entrambi i casi, si assiste ad una previsione normativa che accorda una diminuzione del trattamento sanzionatorio laddove un illecito offensivo di un bene giuridico diverso dal patrimonio, e in ogni caso costituzionalmente protetto, presenti una lieve o tenue capacità offensiva.

Dunque, avallare il primo argomento negazionista significherebbe non solo abrogare di fatto l’art. 73 co. 5 c.p., ma altresì contrastare indebitamente la vis espansiva che lo stesso art. 62 n. 4 c.p. conserva in nuce, in quanto la disposizione in parola è astrattamente idonea ad applicarsi, in assenza di limitazioni espresse, a tutti i reati che soddisfino le condizioni richieste.

Al fine di consolidare la tesi positiva, viene richiamato l’istituto, introdotto recentemente con decreto legislativo n. 28/2015, della non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.), il quale, con riferimento a reati per i quali è previsto un certo trattamento sanzionatorio tassativamente indicato, prevede l’esclusione della punibilità «quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo […], l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale». La norma è certamente in grado di operare, data l’assenza espressa di preclusioni, anche nei confronti degli illeciti in tema di stupefacenti, a conferma del fatto che anche tali delitti possono in concreto presentare una offensività scarsamente apprezzabile.

Con riferimento al secondo argomento, relativo alla paventata indebita duplicazione del trattamento premiale mediante l’operatività contestuale degli artt. 62 n. 4 c.p. e 73 co. 5 T.u. Stup., la Corte della Nomofilachia osserva che tale rischio è fugato se si pone mente, in primo luogo, alla conversione dell’art. 73 co. 5 cit. da circostanza attenuante in reato autonomo, avvenuta con legge 10/2014; in secondo luogo, alla struttura dell’attenuante codicistica, più ampia ed articolata rispetto al contenuto del “fatto di lieve entità” di cui all’art. 73 co. 5 cit., essendo richiesti, in aggiunta alla lieve offensività, che il reato sia stato motivato da un fine di lucro e che tale lucro, perseguito o conseguito, sia di speciale tenuità.

4. Volendo sintetizzare in conclusione, il delitto di cessione di sostanza stupefacente può assumere connotati di lieve offensività, che potrà, a seconda dei casi, consentire l’applicazione al reo:

  1. dell’attenuante di cui all’art 62 n. 4 c.p., nel caso in cui sussistano tutti i requisiti citati dalla norma, e cioè: a) che il reato sia assistito da motivi di lucro; b) che il lucro perseguito o conseguito sia di speciale tenuità; c) che di speciale tenuità risulti altresì il danno o il pericolo cagionato. Va da sé che il vaglio sulla caratura dell’offesa dovrà transitare per una complessiva valutazione che tenga in conto, in particolare, le caratteristiche soggettive dell’acquirente, il quantitativo ceduto, la probabilità di ulteriore diffusione dello stesso, il numero delle dosi medie singole in concreto ricavabili, il numero potenziale di assuntori o acquirenti raggiungibili, etc.;
  2. dell’art. 73 co. 5 d.P.R. 309/1990, reato autonomo che si configura quando i delitti in tema di stupefacenti si palesino di “lieve entità”;
  3. della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p., sussistendo, in particolare, il presupposto dell’offesa di “particolare tenuità”.

Last but not least, la fattispecie autonoma di cui all’art. 73 comma 5 cit. è ritenuta compatibile con l’attenuante codicistica, attesa la struttura più ampia vantata da quest’ultima rispetto alla prima.

Come citare il contributo in una bibliografia:
F. Lombardi, Sulla applicabilità dell’attenuante ex art. 62 n. 4 c.p. al delitto di cessione di sostanze stupefacenti, in Giurisprudenza Penale Web, 2017, 2