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Ammissibilità della liberazione anticipata ex art. 54 o.p. per il detenuto ergastolano (già ammesso alla liberazione condizionale) in regime di libertà vigilata

Cassazione Penale, Sezione I, 22 marzo 2017 (ud. 29 novembre 2016), n. 13934
Presidente Di Tomassi, Relatore Boni

Con sentenza del 29 novembre 2016 (dep. 22 marzo 2017), la prima sezione della  Corte di Cassazione  ha affermato il principio di diritto per cui “la liberazione anticipata può essere concessa ai condannati alla pena dell’ergastolo con riferimento ai periodi trascorsi in liberazione condizionale con sottoposizione alla liberta vigilata, al fine di conseguire l’anticipazione della cessazione della misura di sicurezza e dell’estinzione della pena, ai sensi dell’art. 177 c.p.”, allineandosi così agli orientamenti della giurisprudenza di merito, di cui, peraltro, si è dato conto, su questa Rivista con riferimento all’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Potenza del 6 aprile 2016.

La sentenza in commento offre degli importanti spunti di riflessione sull’istituto della liberazione anticipata ex art. 54 o. p. e della sua compatibilità rispetto al regime della liberazione condizionale, i sensi degli artt. 176 e 177 c.p. e della loro applicabilità al condannato alla pena dell’ergastolo.

(1) Sull’interpretazione dell’inciso “condannato a pena detentiva” dell’art. 54 o.p.

Il primo nodo da sciogliere ruota intorno alla corretta esegesi dell’espressione “condannato a pena detentiva”, con cui si indica il soggetto legittimato alla proposizione della domanda per l’accesso alla liberazione anticipata ex art. 54 o.p. (ai sensi del quale, infatti, si stabilisce la detrazione di quarantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena scontata “al condannato a pena detentiva” che abbia dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione).

A fronte di un orientamento interpretativo più restrittivo della giurisprudenza di legittimità avallato dalle Sezioni Unite, con due pronunce (cfr. Cass. pen., SS. UU., 18 giugno 1991, n. 15 e n. 16), per cui l’istituto presuppone che lo “status detentionis” sia in atto e che sia in corso l’osservazione della personalità ed un programma di trattamento all’interno del carcere, al fine di poter valutare la partecipazione del soggetto alla finalità rieducativa sottesa alla stessa concessione della misura premiale, il Collegio si richiama ad un successivo orientamento espresso proprio dalla Prima Sezione, con cui, superando l’indirizzo precedente, si ribadisce il principio generale secondo il quale solo “l’intervenuto esaurimento del rapporto esecutivo per effetto di espiazione dell’intera pena inflitta, oppure per estinzione della stessa perché condonata, esclude i presupposti di ammissibilità della domanda di liberazione anticipata”, essendo invece ammessa, in tutti gli altri casi, la proposizione della richiesta di ammissione alla misura con riguardo a periodi di detenzione pregressa, sempre che “il rapporto esecutivo sia tuttora pendente e sia concretamente praticabile la valutazione della partecipazione all’opera di rieducazione, condotta nel corso dei semestri già scontati”.

Sulla scorta di tali premesse, il Collegio ha riconosciuto l’accesso al beneficio della liberazione anticipata rispetto (a) al condannato all’ergastolo che nel corso dell’esecuzione ammesso all’affidamento in prova al servizio sociale o alla detenzione domiciliare, quando la richiesta fosse riferita a un periodo detentivo già scontato e la concessione della misura fosse finalizzata a scomputare la riduzione ottenibile dalla durata della pena ancora da eseguire, secondo le modalità proprie della misura alternativa che di per sé non fa venir meno il rapporto esecutivo (cfr. Cass. pen., Sez. I, 6 luglio 2001, n. 30302; Cass. pen., Sez. I, 22 dicembre 1999, n. 7318)[1]; (b) al soggetto, il quale, avendo trascorso un apprezzabile periodo in stato di custodia cautelare, si trovi in attesa di essere sottoposto all’esecuzione della pena residua ed intenda avvalersi della liberazione anticipata per evitare la carcerazione definitiva (cfr. Cass. pen., Sez. I, 24 novembre 2011, n. 5831; Cass. pen., Sez. I, 28 aprile 1997, n. 3005). Con riguardo a quest’ultima ipotesi, è significativo come il legislatore, introducendo con il d.l. 1° luglio 2013, n. 78 (conv. con modifiche con l. 9 agosto 2013, n. 94, il comma 4-bis all’art. 656 c.p.p., abbia valorizzato la concedibilità della liberazione anticipata al soggetto in stato di libertà, ritenendola applicabile ai pregressi periodi di custodia preventiva o di espiazione di pena dichiarata fungibile rispetto a quella da eseguire, con il fine di utile di impedire il materiale reingresso in carcere del condannato.

Sulla base di tale orientamento, è possibile affermare come “per poter beneficiare della libertà anticipata, non è richiesto che la detenzione sia in atto e comporti la segregazione all’interno di un istituto penitenziario, essendo piuttosto preteso il mancato esaurimento del rapporto di esecuzione penale in corso, sulla cui protrazione temporale l’istituto vada ad incidere in senso favorevole al condannato, anticipandone la cessazione”.

(2) Sull’ammissibilità della liberazione anticipata a favore di chi abbia già ottenuto la liberazione condizionale e non versi in una situazione di detenzione (perché sottoposto alla misura della libertà vigilata).

Secondo costante giurisprudenza di legittimità, è pacifica l’ammissibilità della riduzione di pena per liberazione anticipata rispetto al condannato già ammesso alla liberazione condizionale: ciò si desume dalla stessa finalità pratica sottesa alla richiesta del condannato, in termini di concretezza ed attualità, essendo finalizzata ad ottenere la cessazione in via anticipata della misura della libertà vigilata, a cui il soggetto ammesso al regime di liberazione condizionale è sottoposto ai sensi dell’art. 230 c.p. Si è dunque riconosciuta l’applicabilità della liberazione anticipata tanto con riguardo ai periodi di carcerazione antecedenti all’applicazione del beneficio, sofferti in stato di custodia cautelare, quanto ai periodi di pena sofferti in esecuzione di pena detentiva definitiva, per abbreviare la durata della pena e la misura di sicurezza.

L’affermazione di tale principio ruota attorno ad un passaggio fondamentale, evidenziato anche dalla Corte costituzionale, con sent. n. 282 del 1989: per quanto, infatti, la liberazione condizionale sia un istituto strutturalmente differente rispetto alla misura della libertà anticipata, entrambe sono “comunque accomunate dall’effetto limitativo della libertà individuale che comportano e dalla funzione rieducativa che perseguono, da considerarsi prevalente sulle esigenze punitive e socialpreventive”. In altri termini, secondo la giurisprudenza di legittimità, è possibile ricondurre anche la libertà vigilata nel novero delle misure alternative alla detenzione e considerare il relativo periodo come “esecuzione della pena a tutti gli effetti”.

(3) L’applicazione del principio al detenuto ergastolano.

Un tanto deve ritenersi applicabile anche nei confronti del condannato alla pena dell’ergastolo, nella misura in cui – argomenta la Corte – “nella perdurante esecuzione della pena con le modalità meno afflittive della sottoposizione congiunta a misura alternativa ed a misura di sicurezza, e nell’astensione del condannato dalla commissione di ulteriori delitti o contravvenzioni della stessa indole o dalla trasgressione delle prescrizioni inerenti la libertà vigilata, il decorso del tempo per una frazione cronologica delimitata dal legislatore e diversamente parametrata in corrispondenza della durata della pena inflitta per quelle temporanee ed in anni cinque per quella perpetua, fa sì che la liberazione condizionale estingua la sanzione e revochi le misura di sicurezza personali”.

L’effetto estintivo ex art. 177 c.p. si produce “in modo assolutamente identico per qualsiasi pena, a prescindere dalla sua entità, se limitata o illimitata”, sicchè, aderendo ad un’interpretazione costituzionalmente orientata del combinato disposto 54 o.p., 177 c.p. si deve concludere – secondo il Collegio – per un’estensione applicativa della liberazione anticipata anche al condannato alla pena dell’ergastolo già ammesso al regime della liberazione condizionale, nella misura in cui la concessione della misura premiale consente di conseguire la cessazione della libertà vigilata in tempi più brevi rispetto a quelli previsti in via ordinaria dalla legge, con la riduzione della sua durata e l’estinzione della pena.


[1] Ipotesi giurisprudenziale poi trasfusa dal legislatore con l’introduzione nel testo dell’art. 47 ord. penit. del comma 12-bis (ex art. 3 l. 19 dicembre 2002, n. 277).

Redazione Giurisprudenza Penale

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