Il delitto di autoriciclaggio (Tesi di laurea)
Prof. relatore: Vincenzo Maiello
Ateneo: Università degli Studi di Napoli Federico II
Anno accademico: 2015-2016
La presente trattazione si propone esaminare la figura di reato prevista nell’articolo 648-ter.1, rubricata “autoriciclaggio” ed introdotta con legge 186 del 15 dicembre 2014, fattispecie con cui il legislatore ha inteso superare il criticato beneficio di autoriciclaggio, contenuto nella norma recante la fattispecie di “riciclaggio”, primo strumento di lotta contro questo complesso fenomeno.
Spunto dell’indagine è l’analisi della complessa fenomenologia del riciclaggio (e di come essa sia mutata nel tempo), oggetto di attenzione del nostro legislatore sin dal 1978, anno del primo intervento legislativo in materia, con il quale si introduce nell’ordinamento italiano, in anticipo rispetto al panorama europeo ed internazionale, la fattispecie di “Sostituzione di denaro o di valori provenienti da rapina aggravata, estorsione aggravata o sequestro di persona a scopo di estorsione”, germinata dai traumatici eventi degli “anni di piombo”, e, non a caso, connotata da alcuni tratti che permettono di ricondurla alla legislazione emergenziale.
Tale intervento sarà seguito da una prima modifica nel 1990, di cui si tenta di mettere in luce le principali caratteristiche, fino all’attuale formulazione contenuta nell’articolo 648-bis, risalente al 1993, ultimo restyling della norma e punto di arrivo di una tendenza espansiva della fattispecie, manifestata dal legislatore.
La trentennale vigenza della norma, tuttavia, non ha prodotto risultati proficui sul piano applicativo e ha generato un intenso dibattito in merito alla clausola contenuta nell’incipit della disposizione, secondo la quale si esclude la punibilità di chi abbia commesso o concorso a commettere il delitto presupposto, generatore di beni, denaro o altre utilità sottoposte alla successiva condotta riciclatoria.
Tale clausola, dunque, vero e proprio punctum dolens della disciplina del riciclaggio, ha innescato una discussione, tradottasi in molteplici progetti di legge, talvolta generati dall’intenso lavoro di Commissioni a tal fine costituite, fino all’introduzione della legge 186/2014, disciplinante la nuova fattispecie di autoriciclaggio, nonché una procedura di voluntary disclosure per la riemersione di capitali illeciti dall’estero; abbinamento, quest’ultimo, apparso ai commentatori non casuale.
Dopo aver dato spazio a ragioni ed obiezioni utilizzate in ordine al superamento del menzionato “privilegio”, nonché il contesto in cui la riforma, alla fine di questo lungo iter, ha avuto luce, la trattazione, attraverso un’attenta lettura della norma, proseguirà analizzando gli elementi costitutivi del reato, cercando di realizzare una comparazione con la paradigmatica fattispecie di riciclaggio.
Così sarà oggetto di attenzione il bene giuridico protetto, tradizionale cartina al tornasole del percorso evolutivo compiuto dalla norma; le condotte tipiche, frutto di una fusione delle condotte sanzionate dalle fattispecie di riciclaggio e “ impiego di denaro, beni o altre utilità”; le questioni, peraltro già sollevate in relazione alla precedente fattispecie di riciclaggio, inerenti il concetto di provenienza delittuosa; il nuovo sistema circostanziale, non esente da critiche e dubbi ermeneutici; il limite all’applicazione dell’autoriciclaggio, come definito nel quarto comma dell’articolo 648-ter.1, che, a dimostrazione dell’attaccamento del legislatore al vetusto inquadramento dei fatti di riciclaggio nel concetto di post factum non punibile, esclude la punibilità in tutti quei casi sussumibili nel concetto di “mera utilizzazione e godimento personale”; infine, la spinosa questione del concorso di persone, generatore di problemi applicativi, soprattutto alla luce della difficile convivenza con la precedente fattispecie di riciclaggio.
Trascendendo i confini normativi dettati dall’articolo in esame, è risultato necessario prestare attenzione ai rapporti intercorrenti tra autoriciclaggio e delitti tributari, a causa della difficoltà tecnica di inquadrare questi ultimi quali delitti presupposto dell’autoriciclaggio (nonché, precedentemente, del riciclaggio) fondata su un concetto di provenienza, sottoposto a due opposte opzioni ermeneutiche; ancora, ai rapporti tra il delitto di autoriciclaggio, associazione a delinquere mafiosa, nonchè l’aggravante speciale di riciclaggio contenuta nell’articolo 416-bis, tentando di districare intrecci e sovrapposizioni generate dalle analogie fra le due norme; infine, le relazioni tra l’autoriciclaggio e il delitto di trasferimento fraudolento di valori ( articolo 12-quinquies, legge 356/1992), reso complicato dalla parziale sovrapponibilità oggettiva delle due fattispecie.
La spiccata pertinenza della fattispecie al campo del diritto penale dell’economia obbliga ad approfondire gli effetti prodotti dal legislatore con l’introduzione dell’autoriciclaggio nell’elenco dei delitti generatori di responsabilità amministrativa degli enti, prevista nel decreto 231/2001.
Infine, uno spazio rilevante deve essere riservato ai profili processuali: la potenziale lesione del diritto al silenzio, derivante da “dimenticanze” del legislatore nella redazione della norma, il delicato problema della prova dei beni di provenienza delittuosa, la prospettata violazione del principio costituzionale del giudice precostituito, nonché, infine, le osservazioni concernenti l’applicazione degli istituti di sequestro e confisca sui beni oggetto del delitto.