Gli elementi costitutivi del reato di dichiarazione infedele (art. 4 del D.Lgs. n. 74 del 2000) a seguito del D. Lgs. n. 158 del 2015
Cassazione Penale, Sez. III, 20 giugno 2017 (ud. 22 marzo 2017), n. 30686
Presidente Amoresano, Relatore Di Nicola
Si segnala la pronuncia n. 30686, depositata il 20 giugno 2017, in tema di dichiarazione infedele ex art. 4 del D.Lgs. n. 74 del 2000.
La Corte si è soffermata, in particolare, sulle modifiche apportate dal D. Lgs. n. 158 del 2015 (Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell’articolo 8, comma 1, della legge 11 marzo 2014, n. 23) al fine di «verificare se la nuova incriminazione, incidendo o meno sul fatto tipico, abbia eventualmente ritagliato una porzione di fatto eliminandone la rilevanza penale, in termini di tipicità della condotta astrattamente punibile, o se abbia invece modificato aspetti accidentali dell’incriminazione, restando il fatto tipico all’interno del perimetro disegnato tanto dalla vecchia quanto dalla nuova fattispecie incriminatrice».
Nel rispondere a tale domanda – si legge in sentenza – si deve tener conto del fatto che le modifiche apportate dal D. Lgs. n. 158 del 2015, come osservato in dottrina e nella stessa relazione illustrativa al d.lgs. del 2015, «costituiscono oggetto di una scelta legislativa volta a ridisegnare il sistema sanzionatorio tributario in termini di minore rigore e di maggiori certezze per il contribuente, circoscrivendo l’area di intervento penale ai soli fatti connotati da un particolare disvalore in maniera da scongiurare la creazione di “aree di rischio penale” per il contribuente correlate ad aspetti valutativi e comunque non connotati da frode anche al fine di evitare che una tale area di rischio si possa tradurre in un disincentivo ad investimenti imprenditoriali in Italia».
Ne deriva – prosegue la Corte – come «sia stata ridisegnata la fattispecie tipica del delitto ex articolo 4 d.lgs. n. 74 del 2000, giacché la condotta punibile, risolvendosi in falsità ideologiche prive di qualsiasi connotato fraudolento, si materializza: (1) nell’annotazione di componenti positivi del reddito per ammontare inferiore a quello reale (in sostanza, l’omessa annotazione di ricavi), (2) nell’indebita riduzione dell’imponibile tramite l’indicazione nella dichiarazione di costi inesistenti (e non più fittizi), ossia di componenti negativi del reddito mai venuti ad esistenza in rerum natura e (3) nelle sottofatturazioni, ovvero all’indicazione in fattura di un importo inferiore a quello reale, in maniera da consentire all’emittente il conseguimento di ricavi non dichiarati, atteso che il delitto di infedele dichiarazione aveva ed ha natura residuale rispetto ai delitti di cui agli articoli 2 e 3 d.lgs. n. 74 del 2000 ed ora il comma 3 dell’articolo 3 (reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici) chiarisce che “ai fini dell’applicazione della disposizione del comma 1, non costituiscono mezzi fraudolenti la mera violazione degli obblighi di fatturazione e di annotazione degli elementi attivi nelle scritture contabili o la sola indicazione nelle fatture o nelle annotazioni di elementi attivi inferiori a quelli reali».
Dalla tipicità del fatto di reato è invece «eccettuata (“… non si tiene conto…”), essendone stata ritagliata una porzione, la divergenza tra gli importi indicati in dichiarazione e quelli effettivamente percepiti (elementi attivi per un importo inferiore a quello effettivo), quando la discrasia sia frutto della violazione della regola cronologica relativa all’esercizio di competenza o della non inerenza ma l’elemento attivo, seppur impropriamente collocato nel tempo, sia reale e ontologicamente esistente, ossia riconoscibile in rerum natura, il che vale, come anticipato, per gli elementi attivi perché, quanto a quelli passivi, è sufficiente la loro esistenza per escludere la tipicità».
Questo, in conclusione, il principio di diritto affermato dalla Corte nella sentenza n. 30686/2017: «il fatto tipico, precisato nel modello legale del reato di infedele dichiarazione dei redditi (articolo 4 d.lgs. n. 74 del 2000), deve perciò ritenersi integrato dalla presenza di elementi positivi della condotta punibile, ossia dalla indicazione nella dichiarazione di ricavi per un ammontare inferiore a quello effettivo, anche con il ricorso alla tecnica della sottofatturazione, o dalla indicazione di costi inesistenti (non più fittizi), con conseguente superamento della soglia di punibilità, e dalla contemporanea mancanza di elementi negativi della condotta delittuosa, in quanto rientranti anche essi (sia pure in negativo) nella dimensione della tipicità (nel senso cioè che i ricavi omessi non devono essere stati anticipati o posticipati rispetto all’esercizio di competenza, risolvendosi in ciò, anche alla stregua di elementi negativi del fatto di reato, l’intera condotta punibile)».