ARTICOLIDIRITTO PROCESSUALE PENALEIN PRIMO PIANOIndagini e processo

La testimonianza del prossimo congiunto persona offesa del reato

in Giurisprudenza Penale Web, 2017, 7-8 – ISSN 2499-846X

Cassazione Penale, Sezione V, 20 marzo 2017 (ud. 8 febbraio 2017), n. 13529
Presidente Fumo, Relatore Settembre

La Cassazione torna nuovamente sul delicato tema della deposizione testimoniale del prossimo congiunto dell’imputato, concentrandosi, questa volta, sul peculiare caso del parente che rivesta, nel processo, il ruolo di persona offesa del reato.

Com’è noto, secondo quanto previsto dall’art. 199 c.p.p., i prossimi congiunti dell’imputato non sono obbligati a deporre, ma assumono invece tale dovere quando hanno presentato denuncia, querela, o istanza, oppure quando essi stessi o un loro prossimo congiunto sono offesi dal reato.

La pronuncia in esame trae origine da un caso connotato da un’ulteriore peculiarità: il reato – nel caso di specie, una minaccia aggravata dall’uso di arma – era stato commesso nei confronti di due diversi soggetti, di cui uno solo con rapporto di parentela nei confronti dell’imputato, di cui era il fratello.

Nonostante tale particolarità del caso di specie il Tribunale non aveva avvertito il fratello dell’imputato della facoltà di astenersi dal deporre. La Corte d’Appello aveva pienamente confermato la pronuncia di primo grado. Nel ricorrere in Cassazione la difesa dell’imputato lamentava, tra le altre doglianze, la violazione dell’art. 199 c.p.p., a causa dell’omissione dell’avvertimento ivi previsto.

Confermando pienamente quanto già statuito in primo grado la Cassazione, tuttavia, rigettava il ricorso. Sul punto che qui interessa, in particolare, notava la Corte che l’unitarietà della condotta ascritta all’imputato – di fatto integrante un unico reato con più persone offese – rendeva inscindibili le dichiarazioni del congiunto, obbligato a deporre perchè offeso dal reato. Ciò al pari dell’ipotesi in cui il parente sia autore di denuncia, querela o istanza, ipotesi queste tutte espressamente escluse dalla facoltà di astensione.

La Suprema Corte coglie l’occasione per ribadire che la ratio della facoltà di astensione dal deporre è rappresentata dalla finalità di prevenire l’eventualità di false testimonianze. Pertanto, così come non riguarda i coimputati del prossimo congiunto del testimone, non riguarda neppure l’imputato di un’unica condotta plurioffensiva, nei casi in cui la legge esclude la facoltà di astensione del parente.

In tali casi, infatti, è evidente che l’obbligo di deporre implica necessariamente una rappresentazione completa ed esaustiva dei fatti di cui il teste è a conoscenza.  Né può ipotizzarsi una “inutilizzabilità paziale” della deposizione, poiché l’obbligo di deporre del congiunto esclude qualsivoglia violazione che comporti l’illegittima acquisizione della prova.

La pronuncia in esame si pone evidentemente nel solco di quella giurisprudenza di legittimità che, ormai in modo consolidato, interpreta restrittivamente l’art. 199 c.p.p., in modo da assicurare che la sua applicazione venga garantita solo in quei casi che, in concreto, ne giustificano la stessa esistenza, e cioè nella finalità di prevenire false testimonianze.

La stessa tendenza emerge infatti anche nelle occasioni in cui la giurisprudenza di legittimità si esprime sull’ulteriore ipotesi di obbligo di deporre prevista dall’art. 199 c.p.p., e cioè quella in cui è il prossimo congiunto del testimone ad essere persona offesa dal reato.

Va infatti rilevato che, solo pochi mesi prima della sentenza in esame, la Suprema Corte si era pronunciata sul medesimo principio ribadendo, come già più volte stabilito, che “è legittima l’assunzione della testimonianza resa, senza l’avviso della facoltà di astenersi dal deporre, dal prossimo congiunto della persona offesa dal reato, anche nel caso in cui quest’ultima assuma, nel medesimo procedimento, anche la veste di indagato o imputato di reato connesso” (Sez. 5, n. 1711 del 06/10/2016), ipotesi, questa, che peraltro si verifica con una certa frequenza, come ad esempio  nel caso di “querele reciproche” derivanti da un medesimo episodio.

Anche in tal caso, dunque, la Cassazione conferma che l’art. 199 c.p.p. deve applicarsi secondo il dato strettamente testuale, che limita la facoltà di astensione alla categoria dei prossimi congiunti del solo imputato, da intendersi come il soggetto nei confronti del quale è in corso di svolgimento il processo, e a carico dei quali la norma espressamente pone invece l’obbligo di rendere testimonianza qualora il prossimo congiunto sia anche persona offesa del reato per cui si procede, “a nulla rilevando che egli possa aliunde cumulare la veste di indagato o imputato di reato connesso” (Sez. 6, n. 46247 del 22/05/2012).

Come citare il contributo in una bibliografia:
C. Bosacchi, La testimonianza del prossimo congiunto persona offesa del reato, in Giurisprudenza Penale Web, 2017, 7-8