Sull’ordine di sospensione nel caso di pena non superiore a quattro anni di reclusione
Cassazione Penale, Sez. Fer., 24 agosto 2017, n. 39889
Presidente Settembre, Relatore Boni
In merito al tema, già affrontato su questa rivista, dell’ordine di sospensione delle pene non superiori a quattro anni di reclusione, segnaliamo una recente sentenza della Corte di Cassazione, Sez. Feriale, N. 39889 del 24 agosto 2017, con la quale sembra rafforzarsi, ancora di più, l’orientamento che vede plausibile un coordinamento sistematico tra l’art. 656 co. 5 c.p.p. e l’art. 47 co. 3 bis dell’O.P. (anche se sul punto, si evidenzia che con la L. 103/2017, all’Art. 1 co. 85 L. c], il problema sembra essere stato definitivamente risolto dal Legislatore).
La Corte, in particolare, ha affermato che «sussiste effettivamente una difformità ed un difetto di coordinamento tra la disposizione citata dell’Art. 656 e quella dell’Art. Ord. Pen. Comma 3 Bis in ordine all’individuazione del limite massimo di pena per accedere all’affidamento in prova al servizio sociale, previsto in anni quattro soltanto dalla seconda norma, mentre la prima, ai fini della sospensione dell’ordine di esecuzione, ha mantenuto inalterata la soglia di tre anni».
Ha ritenuto il Collegio di doversi uniformare alla interpretazione già offerta dalla Corte Suprema, secondo cui «l’entità della sanzione prevista in astratto per la sospensione dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 656 c.p.p. co. 5, deve essere quella della pena, anche residua, non superiore ad anni quattro, quando la sospensione sia richiesta ai sensi dell’art. 47 comma 3 bis Ord. Pen., ossia in dipendenza di una istanza di affidamento in prova. Tale soluzione resta avvalorata dal richiamo operato dall’art. 656 c.p.p. co. 5, secondo periodo, all’art. 47 Ord. Pen., nella sua interezza, il che offre sul piano sistematico e teleologico argomenti per superare l’assenza di una espressa previsione normativa che allinei la regolamentazione della sospensione dell’esecuzione alla disposizione che disciplina i requisiti di accesso alla predetta misura alternativa. In altri termini, il perseguimento da parte delle due norme della stessa finalità di ridurre in forme controllate la popolazione carceraria e di evitare l’ingresso negli istituti penitenziari di soggetti che possano usufruire di misure alternative, autorizza una interpretazione adeguatrice dell’art. 656 e consente di mantenere il parallelismo con i più ampi limiti di pena previsti dal richiamato Art. 47 co. 3 Bis».