Market abuse e reati tributari: le conclusioni dell’Avvocato generale UE sul doppio binario sanzionatorio
In tema di doppio binario sanzionatorio, penale-amministrativo, nel contrasto al market abuse e ai reati tributari, segnaliamo ai lettori le conclusioni dell’Avvocato generale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, depositate lo scorso 12 settembre, su alcuni casi che riguardano il nostro paese.
Si tratta, in particolare, della causa C-524/15 (Luca Menci) e della causa C-537/16 (Stefano Ricucci).
1. Nel primo caso, la questione pregiudiziale proviene dal Tribunale di Bergamo che, nell’ambito di un procedimento penale instaurato per il reato di omesso versamento IVA (art. 10-ter D.lgs. 74/2000) a carico di un imputato che era già stato sanzionato dalla Agenzia delle Entrate, ha sottoposto alla Corte di Giustizia la seguente questione: «se la previsione dell’art. 50 [della Carta], interpretato alla luce dell’art. 4 [del] protocollo n. 7 della [CEDU] e della relativa giurisprudenza della Corte [EDU], osti alla possibilità di celebrare un procedimento penale avente ad oggetto un fatto (omesso versamento IVA) per cui il soggetto imputato abbia riportato sanzione amministrativa irrevocabile».
Ad avviso dell’Avvocato generale, il doppio binario di procedimenti avviati nei confronti del sig. Menci per un’unica condotta (l’omesso versamento dell’IVA) potrebbe comportare una violazione del suo diritto a non essere giudicato e condannato due volte per gli stessi fatti.
Questa la proposta di risposta suggerita dall’Avvocato generale alla Corte: «L’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea: – richiede per la sua applicazione la sussistenza dell’identità dei fatti materiali che, a prescindere dalla loro qualificazione giuridica, costituiscono la base per l’adozione delle sanzioni tributarie e di quelle penali; – risulta violato qualora venga promosso un procedimento penale o inflitta una pena di tale natura a una persona già punita, in via definitiva, per lo stesso fatto con una sanzione tributaria quando quest’ultima, nonostante la sua denominazione, in realtà abbia carattere penale. Il giudice nazionale verificherà tale circostanza applicando i seguenti criteri: la qualificazione giuridica dell’illecito secondo il diritto interno; la sua natura, che deve essere valutata tenendo conto dell’obiettivo della norma, dei suoi destinatari e del bene giuridico da essa tutelato, nonché la natura e il grado di severità della sanzione».
2. Quanto alla seconda causa, il 9 settembre 2007 la Consob aveva irrogato una sanzione amministrativa di oltre 10 milioni di euro nei confronti di Stefano Ricucci e di altre due società da lui amministrate per la fattispecie di manipolazione del mercato, ai sensi degli articoli 187 ter, terzo comma, lettera c), e 187 quinquies, primo comma, lettera a), del TUF. Tale sanzione veniva poi ridotta dalla Corte di Appello a 5 milioni di euro. Per gli stessi fatti, Stefano Ricucci veniva sottoposto a procedimento penale ed era destinatario di una sentenza di patteggiamento.
Giunti davanti alla Cassazione, veniva dapprima sollevata questione di legittimità costituzionale (ritenuta inammissibile) e, successivamente, veniva disposto un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE sulle seguenti questioni: «1) Se la previsione dell’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, interpretato alla luce dell’articolo 4 del protocollo n. 7 alla CEDU, della relativa giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e della normativa nazionale, osti alla possibilità di celebrare un procedimento amministrativo avente ad oggetto un fatto (condotta illecita di manipolazione del mercato) per cui il medesimo soggetto abbia riportato condanna penale irrevocabile; 2) Se il giudice nazionale possa applicare direttamente i principi unionali in relazione al principio del “ne bis in idem”, in base all’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, interpretato alla luce dell’articolo 4 del protocollo n. 7 alla CEDU, della relativa giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e della normativa nazionale».
Nelle sue conclusioni, l’Avvocato generale ha osservato che se il Legislatore nazionale è libero di stabilire per gli stessi fatti illeciti un doppio binario di procedimenti paralleli (amministrativi e penali), questo, però, non implica che la legge nazionale possa introdurre delle limitazioni al principio del ne bis in idem, nemmeno per tutelare gli interessi finanziari dell’Unione ed evitare che le frodi gravi restino impunite.
Pertanto, ha proposto alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dalla Corte di Cassazione nei seguenti termini: «L’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea: 1) non consente la doppia repressione, amministrativa e penale, della medesima condotta illecita di abuso di mercato, quando la sanzione amministrativa che, ai sensi della normativa nazionale, ne consegue presenti sostanzialmente natura penale ed è prevista la ripetizione dei procedimenti contro la medesima persona e per fatti identici, senza elaborare un meccanismo processuale che eviti tale duplicità; 2) Può essere fatto valere direttamente da un singolo dinanzi a un organo giurisdizionale nazionale, che è tenuto a garantire la piena efficacia del diritto al ne bis in idem, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale».
3. Sempre in tema di abusi di mercato (traffico di informazioni privilegiate), l’Avvocato generale ha concluso, nelle cause riunite Di Puma (C-596/16) e Consob (C-597/16), nel senso che è contrario al principio del ne bis in idem consentire la celebrazione di un procedimento amministrativo finalizzato a sanzionare gli autori di condotte illecite di traffico di informazioni privilegiate, quando una sentenza penale definitiva ha già dichiarato l’insussistenza di dette condotte.