Alle Sezioni Unite la questione in merito a confisca, domanda di ammissione del credito e obbligatorietà o meno dell’avviso al creditore sul termine decadenziale
in Giurisprudenza Penale Web, 2017, 12 – ISSN 2499-846X
Cassazione Penale, Sez. I, 6 dicembre 2017 (ud. 16 novembre 2017), n. 54794
Presidente Mazzei, Relatore Vannucci
Con l’ordinanza in commento, la Prima Sezione ha rimesso alle Sezioni Unite una questione di estrema importanza per la tutela dei diritti di credito di terzi titolari di garanzie su beni confiscati all’esito di procedimenti di prevenzione.
È richiesto alle Sezioni Unite di decidere “se il termine di centottanta giorni dall’entrata in vigore, il 1 gennaio 2013, della L. n. 228 del 2012, previsto dall’art. 1, comma 199, della stessa legge a pena di decadenza dal diritto di proporre domanda di ammissione del credito, da parte dei titolari di cui al precedente comma 198 (creditori titolari di ipoteca iscritta sui beni confiscati in esito a procedimento di prevenzione, ai quali non è applicabile la disciplina contenuta nel libro 1^ del D.Lgs. n. 159 del 2011), operi, o meno, anche nel caso di omessa comunicazione agli stessi creditori, a cura dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei ben sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, delle informazioni indicate nel comma 206, lett. a), b) e c), dello stesso art. 1, entro dieci giorni dal 1 gennaio 2013, ovvero dal momento successivo in cui la confisca (non soggetta alla disciplina contenuta nel libro 1 del D.Lgs. n. 159 del 2011) è divenuta definitiva”.
Come è noto, infatti, la domanda di ammissione del credito ai sensi della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) è oggi l’unico strumento di tutela riconosciuto a creditori titolari di diritti reali di garanzia su un bene che sia stato confiscato in via definitiva nell’ambito di un procedimento di prevenzione (avviatosi prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 159/2011: per tutti gli altri, vige tale decreto legislativo). Esclusa la possibilità per il terzo di costituirsi nel procedimento di prevenzione, è oggi previsto l’onere di presentare entro 180 giorni dal passaggio in giudicato della confisca una domanda di ammissione del proprio credito al piano di pagamento stilato dal giudice dell’esecuzione della confisca (art. 1, comma 205 della legge 228/2012).
La stessa normativa, al fine di garantire a tutti i creditori una conoscibilità effettiva del termine ultimo di scadenza, prevede (art. 1, comma 206) che l’Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati e Sequestrati debba formulare un avviso ai creditori, entro dieci giorni dalla definitività del provvedimento di confisca, riguardante il decorso del termine e la data ultima entro la quale devono essere presentate le domande di ammissione del credito. Il predetto comma 206 prescrive che tale avviso venga perfezionato ove possibile a mezzo PEC a ciascun creditore o, quantomeno, a mezzo avviso pubblico ai creditori sull’albo pretorio online dell’ANBSC, fornendo indicazione della pendenza del termine decadenziale per proporre la domanda, della sua data di scadenza, e di ogni utile informazione per agevolare la presentazione della domanda.
Questi anni di prassi applicativa della legge di stabilità sono stati peraltro ben distanti dalla teoria. È accaduto regolarmente – come nel caso qui oggetto di esame da parte della Prima Sezione – che all’esito dei procedimenti di prevenzione i creditori non ricevessero alcuna comunicazione circa l’intervenuta definitività di un provvedimento di confisca, e quindi della necessità che si attivassero entro 180 giorni per ottenere tutela giudiziale senza incorrere in decadenza.
Con la conseguenza, inevitabile, di incorrere effettivamente in decadenza e dover ricorrere per cassazione contro i provvedimenti di inammissibilità in primo grado delle loro domande di ammissione del credito.
Con sentenza n. 20479 del 12 febbraio 2016, Banco Popolare Soc. Coop. (con nota critica di Lugaro-Lucev, Confisca di prevenzione, terzi di buona fede e domanda di ammissione del credito ex legge n. 228 del 2012 (c.d. Legge di Stabilità 2013): le problematiche aperte, e qualche risposta, in questa Rivista, 2017, 4), la medesima Prima Sezione si era già espressa su questa problematica, assumendo una posizione assai discutibile. Era stato infatti affermato che nessuna rilevanza, a fronte del termine di 180 giorni, avrebbe potuto assumere l’omissione da parte dell’Agenzia del relativo avviso ai creditori, o comunque l’assenza di prova di una conoscenza effettiva della decorrenza di tale termine da parte dei medesimi creditori.
Dopo avere fornito un chiarimento processuale, ossia che l’onere della prova di avere adempiuto all’obbligo di avviso ai creditori incombe proprio sull’Agenzia, l’ordinanza in commento afferma di ritenere “non pienamente convincenti” le argomentazioni sviluppate dal citato precedente della stessa Prima Sezione. Infatti, “nell’interpretare la disciplina della decadenza dal diritto all’accertamento del credito recata dal comma 199 (…), ha omesso di prendere in considerazione le disposizioni contenute nel successivo comma 206 e la relativa incidenza su quelle contenute nei commi 199 e 205”.
Invece, sempre secondo l’ordinanza, non potrebbe prescindersi dall’adempimento da parte dell’Agenzia dell’obbligazione, “di fonte legale” (inciso non superfluo della Corte), di dare l’avviso ai creditori, “pena l’elisione del diritto del creditore all’accertamento giudiziale del proprio credito”. La necessità di tale comunicazione deve desumersi, ad avviso della Corte, anche dalle “quanto mai numerose sentenze della Corte costituzionale secondo cui, nel caso in cui un termine sia prescritto per l’esercizio di un’azione a tutela di diritti soggettivi (…), deve essere assicurata all’interessato la conoscibilità del momento di iniziale decorrenza del termine stesso, onde poter utilizzare, nella sua interezza, il tempo assegnatogli, pena la violazione dell’art. 24 Cost.” (cfr. la giurisprudenza costituzionale ivi richiamata).
Anche del resto nella giurisprudenza della Corte EDU – si annota a margine – si è consolidato il principio secondo cui deve sempre essere garantita la conoscenza effettiva del limite predisposto all’accesso giurisdizionale, da ritenersi esclusa anche in caso di meri impedimenti di fatto, dal momento che, diversamente, simili barriere si tradurrebbero in un diniego di giustizia (cfr. le sentenze Szwagrun-Baurycza c. Polonia, 24 ottobre 2006; T.P.-K.M. c. Regno Unito, 10 maggio 2001; Khalfaoui c. Francia, 14 dicembre 1999; Fayed c. Regno Unito, 21 settembre 1994).
Tutto ciò considerato, e tenuto presente che un’interpretazione della legge di stabilità secondo i criteri di Cass. Pen., n. 20479 del 12 febbraio 2016 porterebbe la disciplina all’incostituzionalità, l’ordinanza in commento apre il conflitto e afferma essere evidente che il principio affermato in tale sentenza è “incompatibile con l’interpretazione sostenuta da questo collegio”, in quanto “collega l’effetto decadenziale per i terzi creditori immediatamente e soltanto all’inutile decorso del termine di centoottanta giorni (…), prescindendo dall’eventuale inadempimento dell’Agenzia all’obbligo di comunicazione sancito dalla L. n. 228, art. 1, comma 206”.
Su questo conflitto non resta che attendere il pronunciamento delle Sezioni Unite che, ci si augura, sarà nel senso di prediligere l’orientamento espresso dall’ordinanza qui in commento, avvalorando la necessità che l’obbligo di legge di cui all’art. 1, comma 206 sia rispettato dall’ANBSC, e che in ogni caso la conoscibilità per il terzo dell’esistenza e della scadenza del termine decadenziale sia garantita.
Come citare il contributo in una bibliografia:
R. Lucev, Alle Sezioni Unite la questione in merito a confisca, domanda di ammissione del credito e obbligatorietà o meno dell’avviso al creditore sul termine decadenziale, in Giurisprudenza Penale Web, 2017, 12