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Alle Sezioni Unite una questione sulla motivazione del decreto di sequestro probatorio delle cose che costituiscono corpo del reato

Cassazione Penale, Sez. III, Ordinanza, 25 gennaio 2018 (ud. 1 dicembre 2017), n. 3677
Presidente Cavallo, Relatore Scarcella

Segnaliamo ai lettori l’ordinanza con cui la terza sezione penale della Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite una questione di diritto relativa alla latitudine della motivazione del decreto di convalida del sequestro probatorio del corpo di reato da parte del PM.

Sul punto – si legge nell’ordinanza – possono essere ravvisati due orientamenti giurisprudenziali:

  • un primo indirizzo secondo cui il decreto di sequestro probatorio delle cose che costituiscono corpo del reato deve essere sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione in ordine alla sussistenza della relazione di immediatezza tra la “res” sequestrata ed il reato oggetto di indagine, non anche in ordine alla necessità di esso in funzione dell’accertamento dei fatti, poiché l’esigenza probatoria del corpo del reato è in “re ipsa”, a differenza del sequestro delle cose pertinenti al reato che necessita di specifica motivazione su quest’ultimo specifico aspetto;
  • un secondo indirizzo secondo cui il decreto di sequestro probatorio delle cose che costituiscono corpo del reato deve essere sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione in ordine al presupposto della finalità perseguita, in concreto, per l’accertamento dei fatti, potendosi tuttavia fare ricorso ad una formula sintetica nel solo caso in cui la funzione probatoria del corpo del reato sia connotato ontologico ed immanente del compendio sequestrato, di immediata evidenza, desumibile dalla peculiare natura delle cose che lo compongono.

Ulteriore motivo di interesse è dato dai riferimenti normativi alla luce dei quali la questione è stata rimessa alle Sezioni Unite.

Sebbene, infatti, il contrasto giurisprudenziale sul punto fosse tale da giustificare, ai sensi dell’art. 618 comma 1 c.p.p., il rinvio alle Sezioni Unite, il collegio ha ritenuto di fare doverosa applicazione (e, a quanto consta, si tratta della prima volta) del nuovo istituto di cui all’art. 618 comma 1-bis c.p.p. – introdotto dalla recente Legge di riforma del processo penale, cd. riforma Orlando – secondo cui «se una sezione della corte ritiene di non condividere il principio di diritto enunciato dalle sezioni unite, rimette a queste ultime, con ordinanza, la decisione del ricorso».

Art. 618 c.p.p – Decisioni delle sezioni unite.
1. Se una sezione della corte rileva che la questione di diritto sottoposta al suo esame ha dato luogo, o può dar luogo, a un contrasto giurisprudenziale, su richiesta delle parti o di ufficio, può con ordinanza rimettere il ricorso alle sezioni unite.
1-bis. Se una sezione della corte ritiene di non condividere il principio di diritto enunciato dalle sezioni unite, rimette a queste ultime, con ordinanza, la decisione del ricorso.
1-ter. Il principio di diritto può essere enunciato dalle sezioni unite, anche d’ufficio, quando il ricorso è dichiarato inammissibile per una causa sopravvenuta.

Sulla questione, infatti, si è già pronunciata in passato la Cassazione a Sezioni Unite, da ultimo, aderendo al secondo orientamento, con sentenza n. 5876/2004 secondo cui «anche per le cose che costituiscono corpo di reato il decreto di sequestro a fini di prova deve essere sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione in ordine al presupposto della finalità perseguita, in concreto, per l’accertamento dei fatti».

Dal momento che la tesi qui sostenuta dalla Corte si sarebbe posta in conflitto con tale principio, il collegio ha dovuto rimettere (e lo avrebbe dovuto fare anche se non vi fosse stato il contrasto giurisprudenziale sul punto) la questione alle Sezioni Unite; l’uso del verbo al tempo indicativo presente (“rimette” e non “può rimettere”) nel nuovo comma 1-bis dell’art. 618 c.p.p. testimonia, infatti, la natura obbligatoria di tale rinvio, senza alcuna discrezionalità in capo alle singole sezioni.

In conclusione, è stata rimessa alle Sezioni Unite la seguente questione: «se, per le cose che costituiscono corpo di reato, il decreto di sequestro probatorio possa essere motivato con formula sintetica ove la funzione probatoria del medesimo costituisca connotato ontologico ed immanente del compendio sequestrato, di immediata evidenza, desumibile dalla peculiare natura delle cose che lo compongono o debba, invece, a pena di nullità, essere comunque sorretto da idonea motivazione in ordine al presupposto della finalità perseguita, in concreto, per l’accertamento dei fatti».

Redazione Giurisprudenza Penale

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