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Non esecuzione obbligatoria del MAE quando il soggetto è minore: l’interpretazione restrittiva della Corte di Giustizia

in Giurisprudenza Penale Web, 2018, 3 – ISSN 2499-846X

Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Grande Sezione,
Sentenza 23 gennaio 2018, Causa C-367/16

La Corte di Giustizia dell’UE è stata nuovamente chiamata dagli organi giudiziari di uno stato membro a pronunciarsi in via pregiudiziale sull’interpretazione delle norme della  decisione quadro  2002/584/GAI sul mandato d’arresto europeo (MAE).

Nello specifico, la Corte d’appello di Bruxelles ha interpellato la CGUE sulla portata dell’art. 3 punto 3 della decisione quadro summenzionata ed i giudici europei della Grande Sezione hanno provveduto a risolvere le questioni sollevate con sentenza del 23 gennaio 2018[1].

La disposizione oggetto di pronuncia pregiudiziale, rubricata “Motivi di non esecuzione obbligatoria del mandato di arresto europeo” prevede che:

L’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione (in prosieguo: «autorità giudiziaria dell’esecuzione») rifiuta di eseguire il mandato d’arresto europeo nei casi seguenti:

[omissis]

3. se la persona oggetto del mandato d’arresto europeo non può ancora essere considerata, a causa dell’età, penalmente responsabile dei fatti all’origine del mandato d’arresto europeo in base alla legge dello Stato membro di esecuzione

Nell’eseguire il mandato d’arresto europeo nei confronti di un cittadino polacco, l’autorità giudiziaria del Belgio (Stato membro d’esecuzione), dovendo applicare la propria “Legge sulla tutela dei minori[2][3]” ha posto alla Corte tre questioni, la terza delle quali non è stato oggetto di esame  perché ritenuta assorbita.

Sulla prima questione

Ai sensi della legislazione nazionale belga (art. 57 bis della legge sulla tutela dei minori) anche un soggetto minorenne, ma con età superiore ai 16 anni, può essere considerato penalmente responsabile, qualora sussistano determinate condizioni.

Alla luce dell’art. 3 punto 3 della decisione quadro sul MAE, il giudice belga ha chiesto ai colleghi di Lussemburgo se tale disposizione debba essere interpretata  nel senso che (para. 27 della sentenza):

  • l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve rifiutare la consegna di chiunque sia oggetto di un mandato d’arresto europeo e sia considerato minore ai sensi del diritto dello Stato membro di esecuzione, oppure
  • che essa deve rifiutare solo la consegna dei minori che, secondo tale diritto, non hanno raggiunto l’età richiesta per essere considerati penalmente responsabili dei fatti all’origine del mandato emesso nei loro confronti

La Grande Sezione, considerate le conclusioni dell’avvocato generale, i lavori preparatori della decisione quadro e la direttiva 2016/8000 che tutela appunto i diritti procedurali dei minori oggetto di MAE, si è pronunciata in favore della seconda soluzione interpretativa. Essa ha chiarito inoltre che è lasciata allo Stato membro stesso, in assenza di armonizzazione in materia, la competenza a determinare l’età minima a partire dalla quale una persona soddisfa le condizioni per essere considerata penalmente responsabile di tali fatti (para. 30 della sentenza).

Sulla seconda questione

Come sopra accennato, la legge belga prevede che un minore ultrasedicenne possa essere perseguito penalmente. Tuttavia, affinché sia esercitata l’azione penale nei suoi confronti, devono sussistere una serie di condizioni  (ad es. in casi di recidiva, reati di particolare gravità, a seguito di indagine sociale e medico-psicologica…) specificatamente indicate dalla legge stessa.

Da questa disposizione nasce la seconda questione: l’articolo 3, punto 3, della decisione quadro 2002/584 deve essere interpretato nel senso che (para. 39 della sentenza):

  • per decidere sulla consegna di un minore oggetto di un mandato d’arresto europeo, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve soltanto verificare se l’interessato abbia raggiunto l’età minima per essere considerato penalmente responsabile, nello Stato membro di esecuzione, dei fatti all’origine di tale mandato, oppure
  • nel senso che tale autorità può anche esaminare se nel caso di specie siano soddisfatte le condizioni supplementari, relative a una valutazione personalizzata, alle quali il diritto di tale Stato membro subordina in concreto l’esercizio dell’azione penale o la condanna nei confronti di un minore.

Per rispondere a tale questione la Corte europea ha osservato che la disposizione oggetto di interpretazione deve essere esaminata alla luce del contesto e dell’economia generale in cui si colloca, nonché degli scopi che essa persegue.

Nella fattispecie, emergono due principi fondamentali: il principio del riconoscimento reciproco ex art. 1 par. 2 della decisione quadro 2002/584, ai sensi del quale gli Stati membri sono generalmente tenuti a dar corso ad un MAE e la tutela dei diritti fondamentali del minori, sanciti dall’art. 24 della Carta di Nizza, che in determinati casi può limitare tale obbligo.

Tuttavia, chiarisce la Grande Sezione, spetta allo stato membro emittente (nel caso di specie, la Polonia) applicare le norme specifiche relative alla repressione penale dei reati commessi da minori e, nel farlo, garantire il rispetto dei diritti fondamentali riconosciuti a questi ultimi dal diritto dell’UE.

Invero, l’esame delle condizioni supplementari, effettuato dallo Stato dell’esecuzione, rappresenterebbe secondo i giudici europei “un vero e proprio riesame nel merito dell’analisi già svolta nell’ambito della decisione giudiziaria adottata dallo Stato membro emittente, che è alla base del mandato d’arresto europeo” (para 53 della sentenza). Inoltre, per condurre tale riesame lo Stato dell’esecuzione avrebbe la facoltà di richiedere allo Stato di emissione informazioni complementari sulle circostanze dell’emissione del mandato, come previsto dall’art. 15 para. 2 della decisione quadro sul MAE. E’ evidente che tali procedure si porrebbero in contrasto con le esigenze di speditezza, semplificazione ed efficacia proprie cooperazione giudiziaria in materia penale.

Di conseguenza, nell’esaminare la seconda questione la CGUE ha avallato la prima interpretazione prospettata (sub a), affermando  cioè che per decidere sulla consegna di un minore oggetto di un mandato d’arresto europeo, l’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione deve soltanto verificare se l’interessato abbia raggiunto l’età minima per essere considerato penalmente responsabile, nello Stato membro di esecuzione, dei fatti all’origine di tale mandato, senza dover tenere conto di eventuali condizioni supplementari, relative a una valutazione personalizzata, alle quali il diritto di tale Stato membro subordina in concreto l’esercizio dell’azione penale o la condanna nei confronti di un minore per tali fatti.


[1] SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione) 23 gennaio 2018, causa C-367/16.

[2] Per esteso: “ Legge relativa alla tutela dei minori, alla presa in carico dei minori che hanno commesso un fatto qualificato come reato e al risarcimento dei danni causati da tale fatto”, dell’8 Aprile 1965.

Come citare il contributo in una bibliografia:

S. Carrer, Non esecuzione obbligatoria del MAE quando il soggetto è minore: l’interpretazione restrittiva della Corte di Giustizia, in Giurisprudenza Penale Web, 2018, 3