Custodia cautelare in carcere come extrema ratio (Tesi di laurea)
Prof. Relatore: Paola Spagnolo
Prof. Correlatore: Eduardo Gianfrancesco
Ateneo: Università Lumsa di Roma
Anno accademico: 2015-2016
L’intero sistema penale italiano è affetto da due gravi patologie strutturali: l’eccessiva durata dei processi e il fenomeno endemico del sovraffollamento carcerario.
Queste due problematiche sembrano differenziarsi, ma in realtà sono una l’antecedente logico dell’altra, in quanto accomunate da una consequenzialità causale. Nel nostro ordinamento i tempi naturali della macchina giudiziaria non sono fisiologici, poiché espressivi dell’esigenza di scongiurare processi sommari, ma sono la manifestazione di una criticità del sistema, inaccettabile per uno stato di diritto.
Ovviamente tutto ciò non può che sprigionare molteplici effetti negativi che pervadono l’intera giustizia penale; quest’ultimi minano seriamente la credibilità del sistema e sfumano sempre di più la monoliticità di alcuni diritti costituzionalmente garantiti, i quali talvolta rischiano di essere sacrificati sull’altare della protezione eccessiva delle finalità che il processo penale persegue. La loro stretta connessione si può facilmente evincere dal dato empirico della popolazione detentiva, infatti, il quaranta percento della popolazione carceraria totale, di fatto, vede applicarsi una misura cautelare in carcere, prima ancora che sia intervenuta una sentenza definitiva di condanna.
Tutto questo rischia di sbiadire sensibilmente la percezione del senso ultimo dell’esecuzione della pena, nel momento in cui quest’ultima viene applicata “tardivamente”, cioè dopo che è trascorso molto tempo dalla commissione del fatto. L’effetto collaterale appena enunciato non è senza conseguenza, poiché mette in serio pericolo il principio di effettività della sanzione penale che pone le sue fondamenta nel concetto di “retribuzione”.