ARTICOLIDiritto PenitenziarioTesi di laurea

Detenzione e tutela della salute (Tesi di laurea)

Prof. Relatore: Pasquale Bronzo

Prof. Correlatore: Luisa Avitabile

Ateneo: Università degli Studi La Sapienza di Roma

Anno accademico: 2016-2017

Lo studio pone in esame l’evoluzione normativa ed organizzativa dell’assetto relativo alla tutela del bene “ salute “ nei luoghi di detenzione, in specie negli Istituti penitenziari e nelle nuove Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS). Queste ultime, articolazioni del D.S.M ad esclusiva gestione sanitaria cui dovrebbero essere destinati, quanto meno secondo il progetto originario, in via residuale e temporanea i soggetti prosciolti per infermità di mente socialmente pericolosi, c.d folli rei.

La materia è stata interessata da profonde innovazioni. Il riferimento è alla riforma della sanità penitenziaria, conclusasi con l’adozione dell’Accordo in seno alla Conferenza Unificata del 22.1.2015, che definisce l’articolazione dei servizi conseguente al trasferimento degli stessi al SSN. Nonché alla recente chiusura degli OPG per effetto della legge 81/2014 ed all’avvio delle nuove “Residenze” di cui sopra.

È alla luce di tali interventi che si è inteso verificare gli obiettivi perseguiti e le criticità riscontrate. Un’indagine tra dover essere ed essere attuativo. Un’analisi che interessa, cioè, il modello normativo e l’effettività della sua realizzazione nella poliedrica realtà penitenziaria.

A questo fine ho realizzato questionari diversificati ed interviste rivolte a figure che a vario titolo operano a quotidiano a contatto con i problemi di salute dei soggetti ristretti e, per il tramite delle direzioni degli istituti interpellati, ad un campione significativo di detenuti. In particolare, le figure interessate  sono state : Garanti regionali e Magistrati di sorveglianza;  Dirigenti degli Uffici Detenuti e Trattamento presso i Provveditorati Regionali dell’Amministrazione Penitenziaria; Direttori, Comandanti di reparto e Funzionari giuridico pedagogici; Dirigenti sanitari e psichiatri operanti negli istituti.

Si tratta di profili, quelli che ci si propone di esaminare, di particolare complessità. La popolazione di detenuti ed internati si trova ad affrontare “ ostacoli” e “ svantaggi situazionali” la cui compresenza alimenta il rischio che, ove non si tenga dovutamente conto delle difficoltà oggettive e delle specificità soggettive, sia svuotato di contenuti il dettato normativo. Secondo cui la salute costituisce un diritto fondamentale a carattere universale che, in quanto tale, deve essere preservato nel suo nucleo essenziale indipendentemente dallo status poiché connaturato alla dignità umana.

Invero, una lettura congiunta delle fonti in materia, in particolare gli articoli 2, 3, 13 c 4, 27 c 3 e 32 Cost impone alle Istituzioni il compito di porre in essere uno sforzo maggiore a favore dei soggetti privati della libertà personale con il fine di superare,  in una prospettiva di eguaglianza sostanziale, gli svantaggi situazionali prima evocati. Tanto è necessario per evitare che la salute sia considerata quanto alla sua sola accezione organicistica, quale mera assenza di malattia.

Il fattore di maggiore condizionamento del diritto in esame è dettato dalla necessità di contemperare, in un complesso e mutevole equilibrio, esigenze di tutela dei diritti fondamentali e profili di sicurezza, con le conseguenze che ne scaturiscono.

Fra le altre criticità lo stile di vita tenuto prima e durante la detenzione e la realtà che la condizione detentiva costituisce di per se’ un esperienza di forte impatto emotivo per gli intuibili effetti in termini di disagio, frustrazione, rischio di perdita di senso e dell’identità personale in un contesto omologante.

In un quadro tanto complesso si acuiscono condizioni drammatiche e difficile da affrontare. Fra le tante il suicidio, lo sciopero della fame ed il disagio mentale. Particolare attenzione è rivolta a quest’ultimo profilo che, in un quadro irto di difficoltà, costituisce quello più problematico per la posizione peculiare di soggetti “ troppo malati per il carcere e troppo abili al crimine per i manicomi civili “ come si leggeva nella letteratura psichiatrica del secondo 800. Si tratta, in effetti, di individui che necessitano di cure specifiche che difficilmente si conciliano con la condizione detentiva.

Il tema viene analizzato ponendosi in una duplice prospettiva. Da una parte la tutela del disagio mentale di soggetti prosciolti per infermità di mente/ socialmente pericolosi, destinati alle REMS; dall’altra, la tutela all’interno degli istituti, ove è prevista ma non ancora attuata in modo omogeneo la presenza di articolazioni specializzate per la cura e l’assistenza di detenuti la cui patologia sia sopravvenuta, c.d rei folli, in contrapposizione con i già citati soggetti folli rei. Emerge a questo proposito dai contributi acquisiti il rischio di una iniqua discriminazione fra soggetti il cui status giuridico è diverso ma che dal punto di vista sanitario necessitano parimenti di cure.