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La sentenza della Cassazione sul sequestro dei conti della Lega Nord

Cassazione Penale, Sez. II, 3 luglio 2018 (ud. 12 aprile 2018), n. 29923
Presidente Cammino, Relatore Verga

Pubblichiamo, in considerazione dell’interesse mediatico della vicenda (relativa al sequestro disposto sui conti della Lega Nord), le motivazioni della sentenza con cui la seconda sezione della Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza emessa dal Tribunale del riesame di Genova rinviando, per un nuovo esame, al medesimo Tribunale – Sezione per il riesame e gli appelli relativi alle misure cautelari reali.

1. Con sentenza in data 24.7.2017 – si legge nella decisione – il Tribunale di Genova condannava gli imputati e disponeva la confisca diretta a carico della “Lega Nord” della somma di € 48.696.617. Conseguentemente, il P.M. chiedeva ed otteneva dal Tribunale l’emissione di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta nei confronti della Lega Nord di detta somma di denaro. Il Tribunale di Genova, in data 19 settembre 2017, precisava tuttavia che le somme da sottoporre a sequestro erano quelle depositate sui conti correnti bancari e/o libretti di risparmio e/o depositi bancari intestati o comunque riferibili alla Lega Nord, nonché altri beni fungibili nella disponibilità della stessa non oltre l’importo oggetto di confisca e non quelle depositande che sarebbero affluite in un momento successivo alla notifica ed esecuzione del provvedimento.

Il P.M. chiedeva allora al Tribunale di Genova di estendere l’esecuzione del sequestro preventivo anche alle somme depositate sui conti correnti bancari e/o libretti di risparmio e/o depositi bancari intestati o comunque riferibili alla Lega Nord dopo la notifica del decreto di sequestro ma, in data 20 ottobre 2017, il Tribunale respingeva tale richiesta sostenendo che ai fini della confisca diretta, anche quando il profitto è costituito da denaro, è comunque necessario stabilire un nesso di pertinenzialità tra i reati e le somme da apprendere e che tale nesso è interrotto dalla intervenuta esecuzione del sequestro.

Il P.M. appellava detta pronuncia avanti il Tribunale del Riesame che respingeva il gravame ritenendo non condivisibile la scelta di proseguire nella richiesta di sequestro in forma diretta nonostante l’esito infruttuoso dell’esecuzione sia perché ciò avrebbe comportato una estensione del sequestro cautelare a tempo indeterminato, sia in quanto era la stessa legge a consentire il sequestro di valore, una volta tentata infruttuosamente la via del sequestro diretto. Avverso tale decisione ricorreva per Cassazione il Procuratore della Repubblica di Genova.

2. La Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato ricordando, anzitutto, che secondo le Sezioni Unite ove il prezzo o il profitto c.d. accrescitivo derivante dal reato sia costituito da denaro, la confisca delle somme depositate su conto corrente bancario, di cui il soggetto abbia la disponibilità, deve essere qualificata come confisca diretta e, in considerazione della natura del bene, non necessita della prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della ablazione e il reato (Sez. Un., n. 10561 del 30/01/2014, dep.05/03/2014, Gubert, Rv. 258647 nonché Sez. Un., n. 31617 del 26/06/2015, dep. 21/07/2015, Lucci, Rv. 264437). D’altronde, sempre le Sezioni Unite hanno affermato che «proprio la natura fungibile del bene – che si confonde automaticamente con le altre disponibilità economiche del percipiente ed è tale da perdere, per il fatto stesso di essere ormai divenuta una appartenenza, qualsiasi connotato di autonomia quanto alla relativa identificabilità fisica – rende superfluo accertare se la massa monetaria percepita quale profitto o prezzo dell’illecito sia stata spesa, occultata o investita; ciò che rileva è che le disponibilità monetarie in questo caso dell’ente si siano accresciute di quella somma, legittimando, dunque, la confisca in forma diretta del relativo importo».

Soltanto nella ipotesi in cui sia impossibile la confisca di denaro – si legge nella pronuncia – «sorge la eventualità di far luogo ad una confisca per equivalente degli altri beni di cui disponga l’imputato e per un valore corrispondente a quello del prezzo o profitto del reato, perché , in tal caso, si avrebbe quella necessaria novazione oggettiva che costituisce il naturale presupposto per poter procedere alla confisca di valore (l’oggetto della confisca diretta non può essere appreso e si legittima, così, l’ablazione di altro bene dell’imputato di pari valore)».

I giudici proseguono osservando che «limpossibilità di reperimento e sequestro dei profitti illeciti, che condiziona l’adozione di un provvedimento di sequestro preventivo in funzione della confisca per equivalente, non deve necessariamente essere assoluta e definitiva, ma può riguardare anche un’impossibilità transitoria o reversibile, purché esistente nel momento in cui viene richiesta e disposta la misura cautelare reale finalizzata alla confisca per valore».

«Se è indubbio che la misura ablativa finalizzata a privare l’autore del reato dei vantaggi derivati dalla sua attività criminosa è destinata ad operare in tutti quei casi in cui la confisca diretta non sia possibile per i più svariati motivi anche temporanei – prosegue la Corte – è pur vero che l’avere azionato detta misura, a fronte della sussistenza di tutti i presupposti di legge, non impedisce di sottoporre a provvedimento cautelare ulteriori beni costituenti l’utilità economica tratta dall’attività illecita».

I giudici di legittimità concludono osservando che «la richiesta avanzata in corso di esecuzione dal Pubblico Ministero di estendere l’originario provvedimento cautelare anche alle somme affluite in un momento successivo alla data di esecuzione del decreto di sequestro, nei limiti del quantum del provvedimento ablatorio originario, non comporta novazione, stante l’irrilevanza della fonte del sequestro perché l’oggetto della misura cautelare è sempre quella del decreto originario, che tra l’altro non è stata oggetto di contestazione, e cioè l’esistenza di disponibilità monetarie della percipiente Lega Nord che si sono accresciute del profitto del reato, legittimando così la confisca diretta del relativo importo, ovunque e presso chiunque custodito e quindi anche di quello pervenuto sui conti e/o depositi in data successiva all’esecuzione del provvedimento genetico».

Redazione Giurisprudenza Penale

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