Adescamento di minorenni: l’art. 609-undecies c.p. non è in contrasto con i principi di offensività, determinatezza e funzione rieducativa della pena
Cassazione Penale, Sez. III, 13 luglio 2018 (ud. 15 marzo 2018), n. 32170
Presidente Di Nicola, Relatore Andronio
In tema di adescamento di minorenni, si segnala la pronuncia con cui la terza sezione penale della Corte di Cassazione ha ritenuto manifestamente infondata una questione di legittimità costituzionale del reato di cui all’art. 609-undecies c.p. per contrasto con i principi di offensività, determinatezza della fattispecie e funzione rieducativa della pena.
Art. 609-undecies c.p. – Adescamento di minorenni.
Chiunque, allo scopo di commettere i reati di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter e 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies, adesca un minore di anni sedici, è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con la reclusione da uno a tre anni. Per adescamento si intende qualsiasi atto volto a carpire la fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l’utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione.
Quanto al presunto contrasto con il principio di offensività – invocato in considerazione del fatto che si punirebbero comportamenti meramente prodromici rispetto al compimento dei reati-scopo previsti dalla medesima disposizione – la Corte ha ricordato che la fattispecie di cui all’art. 609-undecies c.p. rappresenta «un reato a pericolo concreto volto a neutralizzare il rischio di commissione dei più gravi reati a sfondo sessuale» che rispetta il principio di offensività, il quale «non richiede necessariamente il nocumento effettivo del bene giuridico, essendo sufficiente la messa in pericolo dello stesso».
Secondo i giudici di legittimità, infatti, «non può dubitarsi della potenziale minaccia subita dal bene giuridico, che si concretizza nella sussistenza del dolo specifico finalizzato al compimento dei reati-scopo previsti dalla disposizione. Le condotte artificiose, lusinghiere o minacciose volte a carpire la fiducia del minore, se pur moralmente discutibili, sono lecite dal punto di vista giuridico perchè inidonee a costituire un pericolo concreto per la libera autodeterminazione del minore; le stesse perdono il requisito della liceità e divengono sanzionabili a titolo di adescamento quando risultino finalizzate al compimento di reati di sfruttamento o abuso a danno del soggetto vulnerabile».
Quanto al principio di determinatezza – prosegue la Corte – «il Legislatore ha prevenuto i dubbi definendo il concetto di adescamento come “qualsiasi atto volto a carpire la fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l’utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione”; perciò, al di fuori delle condotte poste in essere tramite artifici, lusinghe e minacce, il comportamento del soggetto non sarà punibile a titolo di adescamento». Nel valutare la presenza dell’elemento soggettivo – precisano i giudici – «si dovrà esaminare il contenuto delle frasi rivolte al minore vittima delle attenzioni del soggetto agente rivolgendo la massima attenzione alla presenza di riferimenti espliciti o allusivi alla sfera sessuale».
Per quanto riguarda, infine, il principio di rieducazione della pena – conclude la Corte – «il reato punisce con una cornice edittale equa, misurata e proporzionalmente inferiore rispetto a quella prevista per i reati fine, comportamenti idonei a mettere in pericolo un bene giuridico primario, meritevole di tutela».