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La Cassazione sul requisito della proporzionalità delle sanzioni imposte dal doppio binario sanzionatorio per illeciti finanziari, alla luce della più recente giurisprudenza convenzionale ed eurounitaria

Corte di Cassazione, Sezione V penale, Sentenza 10 ottobre 2018 (ud. 21 giugno 2018), n. 45829
Presidente Miccoli, Relatore De Gregorio, P.G. Mignolo, Ricorrenti Franconi e a.

Pubblichiamo, riservandoci da subito un commento più approfondito, una recente sentenza della Sezione V penale della Cassazione, che torna ad affrontare il tema della conformità del doppio binario sanzionatorio per illeciti finanziari al diritto nazionale, convenzionale ed eurounitario.

Anzitutto, la pronuncia è di indubbia utilità, perché lucidamente ricostruisce tutti i più recenti approdi raggiunti sul tema dai giudici ad ogni livello.

La Suprema Corte ricorda l’orientamento ormai consolidato in seno alla Corte EDU, efficacemente espresso dalla nota sentenza A e B c/ Norvegia (su cui questa Rivista, ivi, con successivo più ampio commento di Caterina Fatta, ivi), secondo cui una risposta sanzionatoria integrata, amministrativa e penale, non viola il principio sancito dall’art. 4 Prot. 7 alla Convenzione EDU a patto che sussista in concreto il requisito della sufficiently close connection in substance and time.

Tale requisito deve essere desunto dal Giudice del merito, caso per caso, sulla base dei seguenti sub-criteri. (a.) il perseguimento, da parte dei due procedimenti sanzionatori, di scopi differenti ed il loro tenere conto di profili diversi della medesima condotta antisociale; (b.) la prevedibilità del doppio giudizio; (c.) la conduzione dei procedimenti in modo da evitare, per quanto possibile, la duplicazione nella raccolta e nella valutazione della prova; (d.) la proporzione complessiva della pena; (e.) l’appartenenza delle fattispecie in oggetto al “nucleo duro” del diritto penale e, dunque, caratterizzate da forme accentuate di stigma sociale; (f.) della presenza di un collegamento di natura cronologica fra i procedimenti, che devono essere sufficientemente vicini nel senso di non protrarsi eccessivamente nel tempo, affinché la persona sottoposta alla giustizia non lo sia per un periodo irragionevolmente prolungato.

In seconda battuta, la Corte rammenta i recentissimi approdi da parte della Corte GUE, racchiusi nelle tre sentenze Di Puma – Zecca, Garlsson Real Estate e a., Menci (su cui questa Rivista, ivi, con successivo più ampio commento di Federico Consulich e Carolina Genoni, ivi), che hanno dato risalto al requisito della proporzionalità della sanzione complessivamente e concretamente irrogata rispetto alla gravità del fatto commesso.

Da ultimo, la Corte da atto della recente giurisprudenza costituzionale, in particolare la sentenza della Consulta n. 43/2018 (su cui questa Rivista, ivi), e della propria giurisprudenza, in particolare la sentenza della Sezione III n. 6993/2018 (su cui questa Rivista, ivi), le quali si inseriscono nel solco tracciato dalle pronunce europee, dando concreta applicazione ai principi appena visti.

Orbene, questa nuova pronuncia, del tutto conforme alle precedenti, è d’interesse quantomeno sotto due profili.

In primo luogo, la Corte valuta nel caso di specie la sussistenza del citato principio proporzionalità tra cumulo di sanzioni e gravità del fatto, dando applicazione agli articoli 187 terdecies T.U.F. (compensazione tra sanzione amministrativa pecuniaria e multa) e 133 c.p. (valutazione della gravità del fatto).

Per quanto riguarda la risposta sanzionatoria complessiva, la Corte rileva che il Giudice penale aveva inflitto sanzioni penali corrispondenti al minimo edittale e la Consob aveva irrogato sanzioni amministrative molto lontane dalla fascia sanzionatoria più elevata prevista dalla legge.

Quanto invece alla gravità del fatto, i Giudici di legittimità nota che esso era caratterizzato da una significativa incidenza delle attività degli imputati sul prezzo del titolo, anche a causa della sua protrazione per un lungo periodo.

Il bilanciamento fra le due analisi conduce la Corte a ritenere che il requisito della proporzionalità sia stato in questo caso rispettato.

In secondo luogo, uno spunto interessante è offerto sul tema se il giudizio di proporzionalità delle sanzioni costituisca una valutazione di esclusiva competenza del giudice di merito, ovvero possa essere effettuata anche in sede di legittimità, anche alla luce delle modifiche all’art. 620 c.p.p. ad opera della Riforma Orlando (L. n. 103/2017). Infatti, in virtù della nuova formulazione normativa, i poteri decisori del giudice di legittimità in sede di annullamento senza rinvio risultano notevolmente ampliati, risultando essi preclusi unicamente dalla necessità di ulteriori accertamenti in fatto.

La conclusione offerta dalla Corte è nel senso che rientra fra i propri poteri il sindacato sul giudizio di proporzionalità, a patto, evidentemente, che esso sia possibile sulla base dei soli fatti accertati nella sede del merito, e non sia necessario accertarne di nuovi.

Redazione Giurisprudenza Penale

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